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Il Foglio Rassegna Stampa
28.05.2010 ElBaradei fuori dalla corsa elettorale (forse)
e un film sui Fratelli Musulmani. Lo vedremo in Italia ?

Testata: Il Foglio
Data: 28 maggio 2010
Pagina: 1
Autore: La Redazione del Foglio
Titolo: «Perchè il ritorno dell'atomico ElBaradei in Egitto è un fiasco-Il Padrino dei Fratelli»

Sul FOGLIO di oggi, 28/05/2010, due interessanti articoli a tema l'Egitto. L'uscita di scena di ElBaradei (speriamo), l'ex presidente dell'Aiea, che ha coperto tutte le attività nucleari iraniane, e un serial Tv sui Fratelli Musulmani. Visto il radicamento della setta fondamentalista in Italia, chissà se qualche rete televisiva lo trasmetterà, suggeriamo il doppiaggio in italiano con i sottotitoli in arabo. Sempre che sia istruttivo, come leggiamo sul FOGLIO.

" Perchè il ritorno dell'atomico ElBaradei in Egitto è un fiasco "


Hamadinejad suggerisce, poi ringrazia ElBaradei per il lavoro svolto

Il Cairo. A febbraio, quando è tornato in patria dopo una decina d’anni spesi tra le scrivanie dell’Onu, migliaia di egiziani lo hanno accolto con la passione che si deve a ballerine e padri della patria. Tre mesi più tardi, il nome di Mohamed ElBaradei è sparito dalle cronache del Cairo, dai blog clandestini e dai discorsi dei leader riformisti, gli stessi che lo avrebbero voluto alla guida del paese. Per qualche settimana si è davvero pensato che l’ex direttore dell’Aiea avesse deciso di muovere la stagnantissima scena politica per le parlamentari del 1 giugno, per poi candidarsi alle presidenziali del 2011. Secondo molti analisti, sarebbe l’unico in grado di sconfiggere il vecchio presidente, Hosni Mubarak, che è al potere dall’inizio degli anni Ottanta. Peccato che la sua ascesa sia già un ricordo, come ammettono i leader dell’opposizione. Hisham Kassem del movimento Kifaya usa la parola “fiasco”, altri lo accusano di avere abbandonato la causa senza troppe spiegazioni. Per Mubarak è una notizia positiva: ora può terminare il mandato con maggiore tranquillità. ElBaradei ha scelto il Cairo dopo l’esperienza alla guida dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea), un’avventura lunga dodici anni che gli ha permesso di conquistare il Nobel per la Pace, ma gli è anche costata le critiche degli Stati Uniti e di molti paesi europei. Durante il periodo a Vienna ha firmato alcuni documenti controversi sul programma atomico iraniano, con i quali ha messo in discussione le prove raccolte dalle agenzie di intelligence più importanti del pianeta. Lui sosteneva che la Repubblica islamica dell’Iran non avesse intenzione di costruire armi atomiche, gli altri sospettavano il contrario. Il consenso sulle sanzioni contro gli ayatollah ottenuto la scorsa settimana dal presidente americano, Barack Obama, dimostra che i report dell’Aiea non sono stati sempre impeccabili. Ma il confronto con i leader dell’occidente ha esaltato la figura di ElBaradei al Cairo come nelle altre capitali arabe, e il suo ritorno ha coinciso con una data fondamentale per gli elettori egiziani: la grande campagna che porterà alle elezioni del 2011. ElBaradei non ha annunciato subito la propria candidatura, anche perché la Costituzione in vigore dice che non ha diritto di farlo – soltanto chi è stato alla guida di un gruppo parlamentare negli ultimi cinque anni ha la chance di correre. Tuttavia, ha fondato l’Associazione nazionale per il cambiamento, una sigla che ha raccolto in poco tempo il sostegno di molti partiti. Con lui si sono schierati persino i Fratelli musulmani, un gruppo islamista bandito dal Parlamento, il che ha sollevato forti polemiche a Londra, Washington e Gerusalemme. ElBaradei ha promesso riforme, libertà, sviluppo economico, tutto ciò che il paese avrebbe dovuto raggiungere negli ultimi anni. Secondo il New York Times, non si può dire che la cotta per l’ex direttore dell’Aiea sia durata a lungo, come dimostrano le dichiarazioni rilasciate in settimana da numerosi politici egiziani. “L’ultima volta che ha partecipato a una nostra riunione era febbraio – spiega Ayman Nour del movimento Domani, che ha raccolto il sette per cento alle ultime elezioni – Un partito non si può basare soltanto sulla personalità del proprio candidato”. Così la pensa anche il portavoce dei Fratelli musulmani, Ali Abdel Fattah: “ElBaradei non parla la lingua della gente, vuole amministrare le cose senza sporcarsi le mani: non ha alcuna possibilità di successo”. Chi incassa il tornaconto più alto del fiasco è il presidente Mubarak, che sta per terminare il ventottesimo anno al potere. Il ritorno di ElBaradei ha portato migliaia di egiziani nelle piazze del Cairo per manifestare contro il governo, la polizia ha arrestato un giornalista che ha scritto un libro in cui auspicava una “rivoluzione verde” sull’esempio di quella esplosa in Iran alla fine del 2009. Se la candidatura di ElBaradei cade, l’unico ostacolo all’ennesima vittoria di Mubarak è lo stato della sua salute. Gli oppositori accusano il presidente di avere costruito un regime, di essere un corrotto, di costringere il paese a sacrifici inutili. Anche la stabilità sarebbe un’illusione, dato che il 42 per cento della popolazione vive in povertà, la giustizia è male amministrata e la produzione industriale è interrotta da scioperi quasi quotidiani – quelli proclamati fra il 2004 e il 2008 sono quasi duemila. Mubarak ha 82 anni e le spalle coperte da una maggioranza solida: il suo Partito democratico (Ndp) controlla sia il Parlamento sia le grandi città del paese. La fedeltà incondizionata del suo esercito è l’altro elemento che gli ha permesso di restare al potere per tre decenni. Il presidente è tornato di fronte alle telecamere all’inizio di maggio, dopo una lunga assenza provocata da un intervento chirurgico all’intestino. “Sento di essere più forte che mai e sono determinato a impedire che i progressi raggiunti dal nostro paese vadano perduti”, ha detto, senza aggiungere una parola sulle presidenziali. Il segretario del suo partito, Safwat el-Sherif, ha spiegato che l’Ndp non farà alcun annuncio sul candidato prima di “giugno 2011”. Se il vecchio leader rinuncerà a un nuovo mandato di sei anni, un’ipotesi che molti giudicano attendibile alla luce dell’età di Mubarak e dei suoi recenti acciacchi, è possibile che gli succeda il figlio Gamal. Sarebbe una vera successione e la prospettiva solleva grandi polemiche nei circoli politici del Cairo: anche il fiasco di ElBaradei sarebbe meglio di Mubarak junior.

" Il Padrino dei Fratelli "


Hassan Al Banna

Roma. Un serial televisivo sul più grande rivoluzionario dell’islam moderno. In un Egitto avviato verso la successione a Mubarak e con i Fratelli musulmani in forte ascesa politica. Il Los Angeles Times anticipa i contenuti del serial, ancora in fase di realizzazione. “Al Gamaa”, in arabo “Il gruppo”, è il titolo di questa serie televisiva che andrà in onda in tutto il mondo arabo ad agosto, durante il mese sacro di Ramadan. E’ scritta dal celebre sceneggiatore egiziano Waheed Hamed. Due anni di produzione e già mille polemiche. Il figlio del fondatore del “gruppo”, dalla storia meno gloriosa ma con un nome più impegnativo, Seif al Islam, che significa “Spada dell’Islam”, citerà in giudizio il regista perché non ha reso onore alla saga del padre. Lo sceneggiatore egiziano non ha voluto realizzare un’agiografia, ha invece descritto il padrino della fratellanza come un fondamentalista che ha usato la religione a fini violenti. Il movimento islamista avanza persino sospetti che il film sia stato finanziato da Mubarak per motivi politici. Il Cairo avrebbe tutto l’interesse a presentare in una luce fosca, negativa, il guru dei suoi più acerrimi avversari. “Se i Fratelli musulmani hanno questa storia così pulita come dicono, perché hanno tanta paura della mia sceneggiatura senza aver visto il film?”, chiede Hamed. Al Banna rincasava per festeggiare la nascita della terza figlia quando gli agenti di re Faruk lo crivellarono di pallottole. Alla neonata fu dato il nome di Esteshaad, vuol dire “Martirio”. Hamed non ha presentato al mondo arabo un uomo pio ucciso da un regime malvagio. Banna fu un uomo d’azione con un forte carisma che rigettava il modello occidentale di un governo laico e democratico, perché contraddiceva la sua nozione di un universale dominio islamico. Al Banna proietta ancora una lunga ombra sugli eventi attuali. Per questo la pellicola sarà un evento politico in tutto il mondo arabo. Nel suo mese più febbricitante. E nella transizione politica più delicata della recente storia egiziana.

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