Anche Bashar al Assad ha stroncato la politica di Obama in Medio Oriente Il presidente Usa cambierà strategia ?
Testata: Il Foglio Data: 26 maggio 2010 Pagina: 3 Autore: La redazione del Foglio Titolo: «Gli schiaffi di Damasco»
Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 26/05/2010, a pag. 3, l'editoriale dal titolo " Gli schiaffi di Damasco".
Bashar al Assad
Dopo il palestinese Abu Mazen, dopo l’egiziano Hosni Mubarak, dopo il saudita Turki bin Faisal, anche il presidente siriano, Bashar el Assad, ha stroncato la politica mediorientale di Barack Obama: “L’America non ha influenza su una mediazione sul medio oriente perché non sta facendo niente. Tutti sanno che la trattativa condotta ora da George Mitchell non porterà a niente”. Il coro della disillusione araba verso la politica estera americana si ingrossa sempre di più ed è il naturale controcanto delle speranze che Obama aveva suscitato con il suo discorso di quasi un anno fa, il 4 giugno del 2009 al Cairo. Le speranze si sono impantanate in una lunga serie di rinvii, dialoghi mai portati sino in fondo ma mai troncati, scadenze (all’Iran), prima tassativamente fissate (a settembre, poi a dicembre, poi a febbraio, poi ora a giugno) e poi sempre rinviate. Diventa sempre più certezza il dubbio che, per ogni quadrante di crisi (Iraq, Afghanistan, Siria o Palestina), l’Amministrazione Obama non sia munita di un “piano B”, nel caso la strategia del dialogo enunciata al Cairo fallisca. Assad, nell’intervista a Repubblica di due giorni fa, ha demolito la dottrina Obama anche per quanto riguarda la volontà di appeasement da parte di Mosca. Il presidente siriano ha spiegato che la Russia arma la Siria e l’Iran perché ritiene che la “Guerra fredda non sia mai finita”, ma abbia soltanto “cambiato forma”. Per questo la Russia arma (e fornisce missili e tecnologia nucleare) a Damasco e a Teheran che, grazie ai nuovi rapporti con la Turchia di Erdogan e all’appoggio diplomatico del brasiliano Lula, hanno oggi la forza di contrapporsi con una eccellente massa d’urto “agli ordini dell’America”. Questa è dunque la Siria che i democratici (John Kerry è appena stato a Damasco) si illudevano fosse il perno su cui giocare “la svolta” in medio oriente. Un “rogue state” che scopre, assieme agli altri due stati canaglia, l’Iran e la Corea del nord, di avere, grazie alla contraddittorietà dell’azione politica di Obama, ampissimi spazi di manovra e di azione dentro la dinamica di una nuova “Guerra fredda”.
Per inviare la propria opinione al Foglio, cliccare sull'e-mail sottostante