Su LIBERO di oggi, 23/05/2010, a pag. 21, con il titolo " Israeliani e palestinesi devono trattare da soli, l'inviato Usa si faccia da parte " Angelo Pezzana commenta lo stallo dei colloqui indiretti. Unica novità le dichiarazioni di Alan Dershowitz che riportiamo.
Ecco l'articolo:
Salam Fayyad Alan Dershowitz
George Mitchell, l’inviato di Obama in Medio Oriente, è tornato a benedire la ripresa dei colloqui indiretti, ma tante buone intenzioni non hanno ancora partorito l’inizio. Dopo essersi incontrato con Abu Mazen si è visto con Bibi Netanyahu, mentre il negoziatore palestinese Saeb Erekat dichiara di essere ottimista. Ma le sue previsioni che dai colloqui sponsorizzati dalla Casa Bianca esca qualcosa di concreto è ancora solo una speranza, ancheperché invecedi affrontare i temifondamentali del futuro accordo, la sicurezza e i confini, la parte palestinese continua a reclamare da Israele il blocco delle costruzioni a Gerusalemme est, una richiesta impossibile da esaudire, nemmeno inserita per altroda Obamafra quelle concordate con Netanyahu. Se Israele la accettasse, abdicherebbe di fatto alla sovranità sulla capitale. I palestinesi se ne rendono ovviamente conto, e proprio per questo continuano a presentarla, soddisfatti di poter così addossare a Israele l’eventuale fallimento della ripresa dei negoziati. «La verità è che i palestinesi non accetteranno mai l’ebraicità del nostro Stato», hanno dichiarato giorni fa Silvan Shalom, vice primo ministro e Benny Begin, ministro senza portafoglio ma dalnomeche conta molto di più di una poltrona prestigiosa. «Abu Mazen non può accettare oggi quello che Arafat ha sempre rifiutato», aggiunge Shalom, il che spiega le ragioni per cui Israeleconsidera comeunica soluzione al conflitto il dialogo a due. Solo così il mondo capirà da che parte staranno le responsabilità di un eventuale fallimento delle trattative. Malgrado ciò Erekat dimostra ottimismo, il che può far parte del suo incarico di negoziatore, ma anche Shalom, pur con cautela, lo è quasi altrettanto. Ma c’è di più; ottimista, e mica poco, è Alan Dershowitz, l’avvocato e attivista pro-Israele tra i più noti e attivi a livello internazionale, che la scorsa settimana ha incontrato a Ramallah il Primo Ministro Salam Fayyad, «il miglior partner per la pace che Israele abbia mai avuto », ha dichiarato. È vero che Fayyad ha sempre goduto della stima degli Stati Uniti, dove a lungo ha lavorato presso la Banca mondiale, ma è pur sempre il Primo Ministro di una entità che finora ha sempre posto ostacoli tali da mandare in aria ogni accordo. A Dershowitz è invece parso pragmatico per quanto riguarda la sicurezza, e, soprattutto, gliè sembrato«indisaccordoin modo ragionevole», perché si richiama alla ragione e alla disobbedienza civile piuttosto che al terrorismo come faceva Yasser Arafat. A Dershowitz è rimasto solo il dubbio se Fayyad rappresenta veramente il governo del quale è Primo Ministro, ovvero se la sua “moderazione”sia di facciata più che sostanziale. È però un fatto che l’attestato di stima arriva a Fayyad da una delle figure più credibili dell’attivi - smo mondiale pro-Israele. Non ha affrontato il problema che Hamas a Gaza rappresenta anche per l’Anp, sarebbe stato interessante conoscere la risposta del “moderato” Fayyad. Sarà per le stesse valutazioni di Dershowitz che anche la parte israeliana, pur non credendoci molto, mostra ottimismo, preoccupandosi di più delle minacce siriane, come ha dichiarato la scorsa settimana Shimon Peres a Mosca nei confronti della Siria. «Vogliamo la pace, ma non ripeteremo l’erro - re commesso a Gaza», ha detto. Seguito da Avigdor Lieberman, Ministro degli Esteri, che a Tokio ha ha accusato la Corea del Nord di essere entrata a far parte dell’asse del male con Siria e Iran, un pericolo non solo per Israelemaper la sicurezza del mondo intero. Con questi venti di guerra, i colloqui indiretti nei quali tanto ha investito Obama, paiono poca cosaagli israeliani. Nell’attesa che i palestinesi si decidano a riconoscere legittima la presenza di Israele in Medio Oriente, e la accettino per quello che è, lo Stato degli ebrei, pronto a vivere accanto ad uno Stato palestinese che non ne pregiudichi la sicurezza, sarà bene che le istituzioni occidentali si preoccupino dell’escalation degli Stati canaglia, il cui numero aumenta a vista d’occhio, nell’indifferenza, ci sembra, con cui ne ignorano l’imminente pericolo.