Custodi di Terra Santa ? In quali mani ! La propaganda contro Israele di chi organizza i pellegrinaggi diocesani
Testata: Informazione Corretta Data: 23 maggio 2010 Pagina: 1 Autore: La redazione di Informazione Corretta Titolo: «Custodi di Terra Santa ? In quali mani !»
Francescani a Gerusalemme
Ecco come si organizza la propaganda dei "pellegrinaggi francescani in Terra Santa". È quanto abbiamo constatato venerdì 21 e sabato 22 maggio 2010 nella sala conferenze della Galleria d’Arte Moderna di Torino durante la terza edizione del convegno “Il mistero di Gerusalemme”, organizzato da “Ponte per la Pace” e dal "Commissariato francescano di Terra Santa". I propositi del primo giorno – con interventi sui commenti rabbinici della “Genesi” esposti da fratel Frédéric Manns, dello Studium Biblicum Francescanum, e su alcuni quadri di Marc Chagall descritti e spiegati da Anna Peiretti, direttore del mensile per ragazzi "La giostra" – si sono il giorno dopo trasformati in un forte atto di accusa contro Israele, senza che vi fosse alcun contraddittorio. Il “parterre” comprendeva la giornalista Paola Caridi (per saperne di più scrivere il suo nome nel motore di ricerca di IC in home page); Alicia Vacas, una suora con una buona dose di veleno anti-israeliano, e Abdessalam Najjar, psicologo del villaggio “Wahat al-Salam Nevé Shalom”, che in arabo e in ebraico significa “oasi di pace”, una realtà in cui convivono musulmani ed ebrei. La Caridi ha tessuto uno sperticato elogio delle donne arabe, e si è detta contraria alla stigmatizzazione del velo islamico, «perché», ha detto, «anche le altre fedi religiose hanno l’uso del velo». Ora, delle due l’una: o la Caridi non sa di che cosa sta parlando, oppure è in malafede. Non è possibile infatti, per svariati motivi di ordine religioso e sociale, paragonare il velo, di qualunque tipo, che l’islam impone alle sue donne e il velo delle suore come ha fatto lei. Le suore fanno parte di un ordine religioso che impone un abito obbligatorio, cosa che non ci risulta esserci per le donne di fede islamica. La teoria della Caridi è che sono le donne a giocare un ruolo politico importante nel conflitto, vittime ma al contempo carburante della situazione. Hamas viene fuori quasi come un movimento femminista. A simbolo di questo ruolo politico delle donne, d’un tratto la Cairidi proietta sullo schermo alle sue spalle l’immagine di una donna araba con la bocca aperta dietro le grate d’una finestra, con accanto la scritta (della stessa Caridi) “L’urlo”. Spiega, la giornalista, che questa è «una donna costretta dal marito a vedere la casa distrutta dagli israeliani». Un tentativo di impietosire il pubblico, che rimane molto colpito. Poi precisa che ci sono anche donne israeliane ad urlare, e anche donne cristiane, ma di foto sullo schermo non ne appaiono, e invece rimane sempre quella “efficace” dell’urlatrice araba per lunghi e lunghi minuti. Collabora con diverse testate giornalistiche, tra cui “IlSole24Ore”, “L’Espresso”, “Limes”, a diverso titolo odiatori di Israele, e comunque e sempre disinformati e in malafede sulla questione mediorientale. È stato poi il turno di Alicia Vacas, suora e infermiera che lavora con “Medici per i diritti umani”, che costruisce un atto di accusa contro Israele (che non nomina mai, se non una volta soltanto, quando parla del «cosiddetto Stato di Israele») e contro il famoso “muro”, che impedirebbe ai palestinesi e a tutti i non israeliani di accedere ai servizi sanitari. I soldati ai check-point ostacolerebbero il transito di malati, anche gravi o gravissimi, e altresì il rifornimento di medicine. Non un sol accenno alla situazione di pericolo e di terrore cui sono sottoposti gli israeliani, né a quel che rischia Israele a non condurre dei controlli certamente rigidi ma che servono a tutelare la popolazione. Inoltre la suora omette di dire che il cosiddetto “muro” costituisce solo l’8% della barriera difensiva, mentre tutto il resto è costituito da una rete di sensori elettronici. L’idea che propina al pubblico, corredandola di fotografie parziali e taroccate, è quella di un muro di cemento che corre per decine e decine di chilometri, come una specie di Grande Muraglia. Durante la requisitoria sentimentale ha tirato fuori le due paroline magiche parlando della guerra a Gaza: fosforo bianco. Seguivano delle immagini forti di accusa ad Israele sulla guerra. E' seguito l'intervento Najjar. Nelle sue parole non c’è quasi mai astio nei confronti degli ebrei, anzi ammette addirittura di essere anche lui, dopo 30 anni di conflitto, intriso di pregiudizi contro Israele. Aggiungendo che i rapporti di relazione tra israeliani e arabi sono quelli, rispettivamente, di chi è più forte e arrogante e di chi invece è perdente e considerato inferiore. Ma la miglior performance è stata quella di padre Giorgio Vigna, francescano e organizzatore della due giorni, al quale abbiamo domandato, perché non vi fosse nessun ebreo e nessun israeliano. Vigna si è dimostrato irritato dalla nostra domanda. «Abbiamo provato ad invitare un rabbino», ha detto, «ma non è venuto per motivi famigliari». Non c’era nessun altro, tra Gerusalemme e l’Italia, da chiamare? «L’anno scorso eravamo sbilanciati a favore dell’altra parte, quella ebraica. Quest’anno abbiamo pensato di fare diversamente». Posto che sia vero, e ne dubitiamo fortemente visto l'atteggiamenti di sempre di chi organizza questi viaggi e questi convegni, non è un buon motivo per non avere contraddittorio. Ma fratel Vigna, a questo punto, perde le staffe e sbotta: «Voi giornalisti dovete dire la verità, e smetterla di difendere gli ebrei. Si sa che tutti i giornali sono in mano agli ebrei, a cominciare dal "Corriere della Sera"!». Da non credere alle nostre orecchie, tanto che temevamo fosse uno scherzo, pur di cattivo gusto, ma sempre uno scherzo. E invece no, nemmeno san Francesco avrebbe fermato la furia da lupo del suo correligionario. Il quale, alla fine dell’incontro, ha congedato il pubblico tessendo elogi della ong israeliana "Breaking the silence". È questo il modo che hanno i francescani e il laicato cattolico di raccontare la Terra Santa, quell’Erez Israel che, nei due giorni di convegno, non è mai praticamente stata nominata, se non come abbiamo detto, lasciando sempre intendere al pubblico che brutti sporchi e cattivi sono sempre gli israeliani e mai gli altri. È possibile non nominare mai la parola terrorismo, evitando così di evidenziarne la portata mortale? È possibile che gli organizzatori del convegno, soprattutto i francescani, siano così ciechi davanti alla situazione e da cristiani vedano nemici negli ebrei e non nei musulmani un pericolo? È possibile mentire spudoratamente, per malafede o per ignoranza, su di una situazione così delicata? È possibile inoltre che un convegno di impronta cattolica non parli mai dei cristiani di Terra Santa, al cui presenza gode in Israele di tutte le garanzie cosa che non si può dire negli Stati musulmani? Questa è la propaganda che viene propinata a chi si appresta a partecipare ad un "pellegrinaggio in Terra Santa", un viaggio che in realtà si svolge in Israele senza che chi vi partecipa se ne renda nemmeno conto.