Sia l'articolo di Pierluigi Battista (Israele non abbia paura di Chomsky, dd.20/5/10)), sia la lettera di risposta di Michael Sfaradi (I.C.20/5/10) meritano l'attenzione (e pure l'ammirazione) di tutti, ma il giornalista del Corsera mediti sulla risposta del giornalista israeliano M. Sfaradi, che sta seduto su di una polveriera ed anche un "quaquaraqua", seppur super titolato, ad un certo punto può "dar fastidio" ad uno che si sente alitare il fiato puzzolente sul collo. Come diciamo noi in dialetto veneto: "el massa al va par sora", ovvero "il troppo stroppia".
E, visti i tempi e i luoghi e i curiosi e patetici (due eufemismi) personaggi che si aggirano sul "pianeta terra" farfugliando soluzioni ridicole (ed io aggiungerei, pure ,"finali", dal tono lugubre che si porta questo termine), anch'io avrei da consigliare un libro molto, ma molto, istruttivo, prendete buona nota e, leggendolo, capirete il perché:
di Aharon Appelfeld, "Badenheim 1939", edizioni Mondadori.
I "visionari" di J Street e J Call dovrebbero per primi precipitarsi in libreria, ma, come i villeggianti di quel luogo di cura nei dintorni di Vienna nel fatidico anno 1939, neppure loro riusciranno a rendersi conto di quella lezione interpretando il tempi attuali intabarrati come sono nel loro scafandro ideologico.
Bruno Basso