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Il Foglio Rassegna Stampa
21.05.2010 Gli Usa possono contare sull'appoggio della Cina alle sanzioni all'Iran?
Per ora non c'è nessuna certezza. Analisi del Foglio

Testata: Il Foglio
Data: 21 maggio 2010
Pagina: 3
Autore: la redazione del Foglio
Titolo: «Arriva un siluro coreano contro il patto Clinton-Cina sull’Iran»

Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 21/05/2010, a pag. 3, l'articolo dal titolo "Arriva un siluro coreano contro il patto Clinton-Cina sull’Iran".


Hillary Clinton

Seul. All’inizio della settimana, gli Stati Uniti hanno lanciato un nuovo round di misure economiche contro il regime dell’Iran per il suo programma nucleare. L’annuncio è arrivato dopo una lunga trattativa con i rappresentanti della Russia e della Cina, due paesi che fanno parte del Consiglio di sicurezza dell’Onu e hanno sempre mostrato scetticismo nei confronti delle sanzioni. Ora un siluro può rompere l’intesa ottenuta dal presidente americano, Barack Obama, e dal suo segretario di stato, Hillary Clinton. Il siluro è doppio, ce n’è uno vero e ce n’è uno diplomatico. Quello vero ha colpito una corvetta coreana uccidendo più di cinquanta persone. L’altro, quello diplomatico, mette in pericolo la pace in Asia e la strategia di Obama per fermare la proliferazione di armi atomiche. All’alba del 26 marzo, una nave della Corea del sud è colata a picco di fronte all’isola Baengnyeong, nel tratto di mare che segna il confine con la Corea del nord. Gli ufficiali di Seul hanno consegnato ieri i risultati di una inchiesta lenta e precisa: è stato un siluro CHD-02D di fabbricazione cinese uguale a quelli che sono sui sommergibili nordcoreani. Il dossier, com’era previsto, ha sollevato grande clamore. Il governo sudcoreano invoca “una risposta risoluta” contro il regime di Pyongyang, il segretario alla Difesa americano, Robert Gates, condanna “l’aggressione”, quello britannico, William Hague, assicura sostegno a Seul. Anche il segretario generale dell’Onu, Ban ki-Moon, si dice “profondamente turbato”. E’ possibile che la Corea del sud faccia ricorso alla comunità internazionale per ottenere giustizia, ma nessuno può escludere una risposta militare, come spiega un esperto dell’International crisis group, Daniel Pinkston. Corea del nord e Iran hanno storie abbastanza simili: sono guidati da regimi violenti e portano avanti programmi atomici clandestini. Pechino non ha mai mostrato grande entusiasmo per la politica delle sanzioni portata avanti prima da Bush e poi da Obama. Molti analisti ritengono che l’ultimo round abbia ottenuto il via libera dalla Cina anche grazie a un tacito accordo con la Casa Bianca: gli Stati Uniti si sarebbero impegnati a mantenere un profilo basso sull’incidente Baengnyeong in cambio del pieno appoggio cinese contro l’Iran. Le reazioni scatenate ieri dal rapporto di Seul possono mandare il patto per aria: tutti i giornali parlano delle sanzioni a Teheran come se fossero già entrate in vigore, ma il dibattito al Consiglio di sicurezza dell’Onu comincerà soltanto il mese prossimo. Ieri, come ci si aspettava, il Pentagono si è rifiutato di definire l’affondamento della crovetta con un siluro “un atto di guerra”. Il leader nordcoreano Kim Jong Il è stato a Pechino la scorsa settimana in cerca di rassicurazioni. Hillary Clinton arriverà oggi assieme al segretario al Tesoro, Timothy Geithner. Una volta a colloquio con i colleghi cinesi, dovranno ottenere una condanna nei confronti di Pyongyang, magari accompagnata dalla minaccia di sanzioni economiche – il che potrebbe placare Seul – senza perdere l’intesa sull’Iran. Il compito è rischioso e lo spazio per la trattativa è limitato. Dal Comitato centrale del partito fanno già sapere che la Repubblica popolare non è coinvolta nel confronto tra le due Coree e non ha voglia di esserlo in futuro.

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