Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 21/05/2010, a pag. 55, la risposta di Sergio Romano ad un lettore dal titolo " La Turchia in Medio Oriente, una nuova potenza nella regione ".
Come al solito, Romano elude le domande scomode. Il lettore chiede spiegazioni circa la deriva filo islamica e filo iraniana della Turchia di Erdogan. La risposta fornita da Romano non soddisfa le questioni poste dal lettore.
Romano scrive : "alcuni Paesi — in particolare Austria, Germania e Francia — erano pregiudizialmente ostili alla sua adesione (all'Unione Europea, ndr). I negoziati sono cominciati, ma con reticenze e ostacoli che dimostrano quanto il percorso sia destinato a essere lungo e accidentato". I negoziati per l'ingresso della Turchia in Europa sono rallentati dalle notevoli differenze fra i valori riconosciuti dalla Turchia e quelli che vengono riconosciuti dagli Stati democratici che compongono la UE.
"Da quando alcuni Paesi europei hanno dato chiari segni di non desiderare la sua adesione all’Ue, la Turchia ha modificato le sue priorità e dedicato ai problemi della sua regione più attenzione di quanta non ne dedicasse precedentemente.". Con queste righe Romano contraddice quanto aveva scritto nelle righe precedenti. Prima ha scritto che alcuni Stati europei erano pregiudizialmente contrari all'ingresso della Turchia in Europa da subito, ora invece sostiene che le ostilità sono iniziate in seguito e che, per questo motivo, la Turchia si è allontanata dai Paesi europei per rinsaldare le alleanze con Iran, Siria.
"Ha offerto una mano all’Iran per aiutarlo a uscire dal vicolo cieco in cui il regime degli ayatollah si era rinchiuso. E non ha esitato a prendere posizioni anti-americane o anti-israeliane quando esse minacciavano la stabilità delle regione. ". Arricchire uranio per gli ayatollah e opporsi alle sanzioni. Sì, è stato un grande aiuto per il regime iraniano, ma di certo non un motivo per cui lodare la politica estera della Turchia.
La sua sempre crescente ostilità a Israele e Usa è semmai un segnale d'allarme che ne pregiudica definitivamente l'ingresso in Europa.
" l’invasione americana dell’Iraq, la guerra di Israele contro il Libano del 2006 e l’operazione contro Gaza alla fine del 2008 hanno giustificato agli occhi della Turchia il suo riallineamento e le hanno consentito prese di posizione (penso in particolare al clamoroso scontro fra Erdogan e il presidente israeliano Shimon Peres a Davos) che la regione ha apprezzato. Questo non significa che la Turchia abbia oggi istituzioni meno occidentali.". Il riavvicinamento della Turchia ai Paesi islamici e il suo progressivo allontanamento dalle democrazie occidentali non ha a che vedere con le presunte colpe dell'Occidente, ma con la deriva filo islamica di Erdogan. Quali sarebbero, poi, le istituzioni occidentali della Turchia? Romano non lo specifica.
"Le sue riforme costituzionali si propongono di eliminare caratteristiche (il potere dei militari) che l’Unione Europea considerava incompatibili con uno Stato democratico.". Il potere dell'esercito in Turchia era ciò che garantiva la laicità dello Stato. Erdogan ha colto la palla al balzo limitandolo per poter avviare la trasformazione della Turchia in Paese islamico.
Romano conclude con un errore clamoroso la sua risposta : " La Nato non può più contare su un alleato totalmente schierato sulle posizioni americane. Ma può compiacersi del fatto che la Turchia sia oggi il più avanzato e democratico dei Paesi del Medio Oriente ". Il più avanzato e democratico dei Paesi del Medio Oriente è Israele. In più la qualifica di "Paese del Medio Oriente" attribuita alla Turchia denota una scarsa conoscenza da parte del nostro della geografia.
Romano scrive a sproposito di democrazia riferendosi alla Turchia. E' tipico dei Paesi democratici processare gli scrittori perchè scrivono frasi che 'offendono lo spirito islamico della Turchia'?
La Nato ha ben poco da compiacersi sulla trasformazione della Turchia in satellite dell'Iran.
Ecco lettera e risposta di Sergio Romano:
La Turchia cede una grossa partita del suo uranio all’Iran. Possiamo sempre considerarla l’anello duro della catena Nato o piuttosto quello debole dell’Occidente? Non le sembra che la politica turca guardi sempre più verso i suoi correligionari mediorientali che verso l’Unione Europea? Questo voltafaccia non era prevedibile?
Nerio Fornasier
fornasier.nerio@yahoo.fr
Caro Fornasier,
Dopo la fine della Guerra fredda e la disgregazione dell’Unione Sovietica, la Turchia aveva di fronte a sé due strade. Poteva puntare sull’adesione dell’Unione Europea e fare in tal modo una scelta nettamente occidentale; oppure diventare la maggiore potenza regionale di un’area che si estende dai Paesi arabi del Levante sino al Caucaso, all’Iran e alle Repubbliche islamiche dell’Asia Centrale. Ha scelto l’Europa e si è dedicata con grande impegno a realizzare le riforme che avrebbero soddisfatto le richieste dell’Unione Europea. Ma ha dovuto constatare che alcuni Paesi — in particolare Austria, Germania e Francia — erano pregiudizialmente ostili alla sua adesione. I negoziati sono cominciati, ma con reticenze e ostacoli che dimostrano quanto il percorso sia destinato a essere lungo e accidentato.
Era inevitabile, in queste circostanze, che la Turchia non trascurasse i suoi interessi regionali. La sua prospettiva è quindi cambiata. Negli anni in cui era «occidentale» i suoi rapporti con gli Stati Uniti, con Israele e con la Nato erano più importanti di quelli che avrebbe potuto stabilire con la Siria, con l’Iraq, con le Repubbliche dell’Asia Centrale e con l’Iran. Da quando alcuni Paesi europei hanno dato chiari segni di non desiderare la sua adesione all’Ue, la Turchia ha modificato le sue priorità e dedicato ai problemi della sua regione più attenzione di quanta non ne dedicasse precedentemente. Ha ricucito il rapporto strappato con la Siria di Bashar Al Assad. Ha eccellenti rapporti con l’Azerbaigian. Ha offerto una mano all’Iran per aiutarlo a uscire dal vicolo cieco in cui il regime degli ayatollah si era rinchiuso. E non ha esitato a prendere posizioni anti-americane o anti-israeliane quando esse minacciavano la stabilità delle regione.
Questo riallineamento è stato favorito da due fattori. In primo luogo la Turchia, dopo la vittoria del Partito Giustizia e sviluppo nel marzo del 2003, ha un governo islamico moderato, ma più conforme all’identità religiosa della regione. E ha creato un sistema politico che parecchi musulmani sperano di adattare al futuro del loro Paese. In secondo luogo l’invasione americana dell’Iraq, la guerra di Israele contro il Libano del 2006 e l’operazione contro Gaza alla fine del 2008 hanno giustificato agli occhi della Turchia il suo riallineamento e le hanno consentito prese di posizione (penso in particolare al clamoroso scontro fra Erdogan e il presidente israeliano Shimon Peres a Davos) che la regione ha apprezzato. Questo non significa che la Turchia abbia oggi istituzioni meno occidentali. Le sue riforme costituzionali si propongono di eliminare caratteristiche (il potere dei militari) che l’Unione Europea considerava incompatibili con uno Stato democratico. La Nato non può più contare su un alleato totalmente schierato sulle posizioni americane. Ma può compiacersi del fatto che la Turchia sia oggi il più avanzato e democratico dei Paesi del Medio Oriente, forse un modello per l’evoluzione politica della regione.
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