Maureen Dowd contro Obama sul New York Times Il presidente Usa non dice la verità sulla sua strategia per Afghanistan
Testata: Il Foglio Data: 14 maggio 2010 Pagina: 3 Autore: La redazione del Foglio Titolo: «Leggere Maureen Dowd a Kabul»
Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 14/05/2010, a pag. 3, l'editoriale dal titolo "Leggere Maureen Dowd a Kabul".
Maureen Dowd
Maureen Dowd se ne infischia di essere editorialista del giornale, il New York Times, che da un anno sta facendo docilmente il gioco dell’Amministrazione Obama sul dossier Afghanistan (con tutti gli scoop giusti al momento giusto: come quello sul fratello del presidente Karzai, accusato di essere un signore del narcotraffico). Davanti allo spettacolo dei quattro giorni di bombardamento d’amore, caldo, soffocante, incontenibile, toccati al presidente afghano in visita a Washington – la stessa visita che fino a un mese fa sembrava cancellata tanto era il freddo tra i due governi – Dowd è sbottata nella sua column del mercoledì. Karzai ci cascherà? “Il generale Stanley McChrystal e l’ambasciatore Eikenberry hanno sfilato nello studio ovale come se il loro litigio costante fosse stato messo da parte (non lo è). L’Amministrazione ha sviolinato una ninna nanna rassicurante al bilioso Karzai: è impegnata a lungo termine in Afghanistan (non lo è) per una soluzione definitiva (non lo è) ed è sicura che l’imminente offensiva su Kandahar funzionerà (non lo è)”. E gli afghani? “Da quella parte, hanno promesso di lavorare per contrastare la corruzione e fermare il traffico d’oppio (non lo faranno)”. A metà editoriale la Dowd abbandona l’espediente delle parentesi velenose e passa a picchiare su Hillary Clinton e la sua pretesa di rabbonire Karzai con una lunga passeggiata per due in un giardino di Georgetown. “Camminate romantiche fra le rose, deve aver deciso l’Amministrazione, sono il modo migliore per convincere quel dandy corrotto sul proprio punto di vista”. E su John Kerry, che avrebbe avuto l’improntitudine di consolare il leader afghano dicendogli: “Talvolta le cose si fanno dure”. “Yeah, come se anche tu avessi dovuto rubare un’elezione due volte di seguito”. L’allegria acida della Dowd vale dieci analisi politico-militari, e la sua conclusione cade nello stesso punto. Per favore, più cautela nella recita, l’Afghanistan “non è un giro in giardino”.
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