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Angelo Pezzana
Israele/Analisi
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Gerusalemme ancora non crede che la pace con i palestinesi sia vicina 13/05/2010

Su LIBERO di oggi, 13/05/2010, a pag. 22, con il titolo " Gerusalemme ancora non crede che la pace con i palestinesi sia vicina ", Angelo Pezzana intervista David Cassuto, mentre in Israele si festeggia Yuom Yerushalaim, il Giorno di Gerusalemme. La pace non è ancora all'orizzonte.
Ecco l'articolo:


Angelo Pezzana  Gerusalemme, il Kotel

Mentre il vice primo Ministro Moshe Ya’alon dichiara che Israele ha la capacità tecnologica di difendere i suoi confini da un attacco, anche se arrivasse dall’Iran, questa eventualità non sembra preoccupare Washington, che continua a lastricare di buone intenzioni il pavimento delle stanze che dovranno ospitare l’inizio dei cosidddetti “colloqui indiretti”, ammonendo israeliani e palestinesi a non mettere in atto alcuna azione che li possa compromettere. Una raccomandazione che sembra però essere rivolta soprattutto allo Stato ebraico, non essendo mai giunto alcun ammonimento in questi mesi di preparazione e di viaggi su e giù del volenteroso Michell, alla parte palestinese. In questo clima che non vede per niente accolta la richiesta del governo Netanyahu, che non debbano esserci pre-condizioni di sorta per arrivare alla tappa successiva dei colloqui diretti, quelli veri, nei quali entrambe le parti dovranno assumersi la responsabilità del risultato, soprattutto l’Anp di Abu Mazen, che con la scusa della formula “colloqui indiretti” delega di fatto l’Amministrazione americana a rappresentare i propri interessi con la controparte israeliana. In questa atmosfera Israele festeggia oggi, come ogni anno, il “Jerusalem Day”, per ricordare la liberazione della capitale dall’occupazione giordana nel ’67 durante la guerra dei sei giorni. Una gioia non condivisa da quella parte che oggi discute di pace, ma che non ha però mai smesso di coltivare l’obiettivo di impadronirsi dell’intero territorio che l’Assemblea dell’Onu, il 27 novembre 1947, aveva destinato allo Stato ebraico. Con le guerre, iniziate nel 1948, tutte perdute, con il terrorismo, che continua tuttora, e con le trattative, per ottenere con le concessioni quello che non si era potuto avere con la violenza. Per questo, già con il defunto Arafat, la capitale del futuro Stato palestinese coincideva con quella di Israele. Una Gerusalemme che per la storia araba non ha mai rappresentato nulla, tanto da non essere mai citata nemmeno una volta nel Corano. “ Gli arabi non vogliono trovare una soluzione loro, propongono scelte irrisolvibili e aspettano che noi ci si stufi, per ottenere con l’aiuto internazionale ciò che non gli spetta di diritto”, ci dice David Cassuto, architetto, già vice sindaco della capitale, e co-autore dei progetti di urbanizzazione della città. “Gli arabi più pragmatici si rendono conto di non avere ancora una preparazione sufficiente per gestire uno Stato, per cui preferiscono la soluzione dello Stato binazionale, che però Israele non accetterà mai per motivi demografici “ aggiunge Cassuto, che è molto pessimista riguardo alla creazione di uno Stato palestinese. “Se però ci arriveremo”, afferma, “ ci saranno città interamente abitate da ebrei (Maalè Adumim, Ariel ecc.) che si troveranno entro i confini di quello Stato, e territori a densa popolazione araba, come Gerusalemme Est, dove gli arabi sono circa 250.000, all’interno di Israele. Gli ebrei nello Stato palestinese continueranno ad essere israeliani, mentre, ad esempio per gli abitanti della parte orientale di Gerusalemme, saranno cittadini di quello palestinese.” Un rompicapo che troverà soluzione soltanto quando le due parti si troveranno a dovere decidere, senza intermediari, quali saranno i confini fra i due Stati, sempre che quella sia la soluzione condivisa. E’ su quella parola, confini, unita a sicurezza, che il conflitto israelo-palestinese troverà una soluzione. Senza intermediari, senza minacce, e soprattutto con il riconoscimento del diritto degli ebrei di vivere nel proprio Stato. Con Gerusalemme, unica capitale indivisa, pronta ad accogliere cittadini di tutte le fedi, ma coscienti di trovarsi in uno Stato libero e democratico affatto disposto a sacrificare libertà e democrazia per compiacere chi volesse minarne la stessa esistenza. Come dichiarava senza giri di frase Moshe Ya’alon all’inizio di queste righe.


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