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La Repubblica Rassegna Stampa
13.05.2010 Dialogare con il nemico che ti farà la guerra
Successe con il nazismo, torna di moda oggi con l'Iran

Testata: La Repubblica
Data: 13 maggio 2010
Pagina: 43
Autore: Alain Touraine
Titolo: «L'Europa che verrà»

Il titolo è corretto, ma l'Europa che verrà non sarà quella prefigurata da Alain Touraine e dagli altri suoi sodali che interverranno al convegno che si terrà oggi e domani a Palermo dal titolo " Mediterraneo: Porta d'Oriente ".
Le intenzioni sono le solite, instaurare migliori rapporti con Turchia e Iran, dimostrare che le teorie di Huntington sullo scontro di civiltà possono solo partare alla guerra, mentre finchè si dialoga tacciono i cannoni. Ma poi ?
Poi parleranno i cannoni, quando uno stato canaglia, oggi si chiama Iran, si sarà reso conto di non avere più avversari in grado di ostacolare i suoi piani di conquista globale. Iran, ma potremmo dire Al Qaeda, tanto il piano di dominio mondiale del fondamentalismo islamico è identico.
La tecnica è la stessa che funzionò  bene negli anni '30 con Hitler.
Dialogo, trattative, intanto la Germania aveva il tempo per armarsi. Per poi dichiarare la guerra. E' quello che sta facendo oggi la Repubblica dei mullah.
Su REPUBBLICA di oggi, 13/05/2010, a pag.43, Alain Touraine anticipa quando si dirà nel convegno palermitano.
Ecco l'articolo:

Anticipiamo parte dell´intervento che pronuncia al convegno che oggi e domani si svolge a Palermo, «Mediterraneo: Porta d´Oriente», organizzato dalla Fondazione Roma Mediterraneo presieduta da Emmanuele Emanuele e dal Censis. Partecipano, fra gli altri, Shirin Ebadi, Adonis, Tahar Ben Jelloun, Ferzan Ozpetek e Giuseppe De Rita.

 
Perché il Mediterraneo? Perché il Mediterraneo rivolto a Oriente? La non difficile risposta a queste domande sta in un nome: Islam. Oggi ci viene chiesto di dar vita a un´Europa politica e internazionale, un´Europa che, per sua stessa decisione, non svolge alcun ruolo sulla scena internazionale, dalla quale è assente. Questa è la sostanza. Che guardi a nord, a sud, a est o a ovest, l´Europa non interviene in alcun luogo e il suo posto al mondo retrocede per svariate ragioni: demografiche, economiche, perfino culturali, poiché non viviamo più in un mondo unico che è estensione dell´Europa, e soprattutto dell´Europa occidentale. La globalizzazione non è più appannaggio del solo sistema economico. Siamo ormai obbligati a pensare i nostri problemi sociali e politici inseriti in un contesto mondiale, perché oggi la questione dominante è: un mondo diverso e in cui le parti si conoscono ancora molto poco possiede realtà e diritti universali? (...)
Formuliamo un´ipotesi utilizzando il più semplice dei termini: gli Stati Uniti hanno intrapreso dei conflitti con nazioni, popoli, popolazioni e Stati musulmani la cui caratteristica è di essere stati a lungo colonizzati e di non essere mai riusciti a costruire uno Stato nazionale. Il caso più estremo è quello dei palestinesi, la cui esistenza stessa fu messa in questione dalla Lega Araba nel 1948 quando attaccava violentemente l´insediamento di Israele sulle terre arabe. Ma pressoché ovunque nel mondo arabo non è esistito lo Stato nazionale. (...)
Questa breve evocazione non fa forse risaltare la necessità per l´Europa di stabilire rapporti con il mondo islamico su una base completamente diversa, rivolgendosi a paesi che non sono stati colonizzati e che hanno sempre avuto un forte Stato nazionale. La prima a rispondere a questa definizione è la Turchia, che ha addirittura conquistato e a lungo occupato una parte dell´Europa e le cui successive forme di Stato sono state sempre forti, soprattutto con il kemalismo e la volontà dei giovani ottomani di adottare una vita politica e di Stato ispirata al modello europeo. Si potrebbe dire pressoché la stessa cosa dell´Iran, colonizzato soltanto dalla Turchia, dove la teocrazia resta al potere solo grazie al terrore e a risultati elettorali falsati. Alcuni, soprattutto gli Stati Uniti, sono grandemente tentati dal dare l´assalto alla Repubblica islamica, il che rappresenta una strada molto più rischiosa e meno efficace della fiducia riposta nella popolazione iraniana, la quale non vive affatto isolata, grazie soprattutto a Internet, e la cui coscienza della contraddizione generale tra le sue ispirazioni e gli obblighi del regime islamico aumenta. È dunque innanzitutto con la Turchia e poi, dopo la propria auto-trasformazione, con l´Iran che è necessario stabilire rapporti che non siano né di conquista, né di diffusione dei modelli politici e culturali europei. È con la Turchia, in maniera diretta e completa, cioè all´interno dell´organizzazione europea stessa e senza mettere in causa l´attaccamento della maggior parte della popolazione turca all´Islam, che bisogna intraprendere questa grande ricerca di ciò che abbiamo in comune e di ciò che abbiamo di diverso tra un mondo e l´altro, iniziando con lo sbarazzarci della definizione di civiltà data da Samuel Huntington che porta in sé inevitabilmente la guerra. (...)
E qui torno all´idea con cui ho aperto: questo obiettivo non è separabile dalla creazione degli obiettivi politici dell´Europa, cioè quegli obiettivi che danno all´Europa un ruolo attivo nell´analisi e nella trattazione dei problemi internazionali. Non è il semplice appello alla conoscenza dell´altro che può svegliare l´Europa. È il suo impegno reale, pratico, vale a dire politico, di poter dimostrare ai propri amici come anche ai propri nemici di essere capace di creare con l´Islam, con alcune parti dell´Islam per iniziare, dei rapporti che escludano ogni jihad, ogni azione armata e ogni terrorismo. Bisogna insistere su questo punto perché niente è possibile senza un risveglio politico e intellettuale degli europei. (...)
Da molto tempo ormai sappiamo che ogni soluzione al conflitto tra israeliani e palestinesi implica la totale accettazione dello Stato palestinese. Gli Stati Uniti si sono impegnati con Israele e continuano a manifestare timori nei confronti del mondo palestinese. Gli europei non possono considerare la scomparsa di Israele, paese molto più vicino al mondo europeo degli altri paesi della regione e che resta, almeno per gli uomini della mia generazione, il paese istituito per dare una risposta creatrice alla Shoah. Ma gli europei, che hanno conosciuto la decolonizzazione, capiscono la volontà dei palestinesi di essere cittadini di uno Stato nazionale. Nella situazione in cui ci troviamo si può dire, anche se con prudenza, che i rapporti tra israeliani e palestinesi possono essere facilitati dalla presenza congiunta di americani ed europei nella ricerca di una soluzione. Gli europei contribuiscono fortemente alla sopravvivenza dei palestinesi e solo qualche estremista di destra e di sinistra nega il diritto di Israele all´esistenza. Gli americani, dal canto loro, hanno intrapreso sempre di più la ricerca di una soluzione che comporta l´esistenza di due Stati nazionali. (...) Solo loro possono assumere un linguaggio che rispetti la moschea di Omar tanto quanto il muro del pianto e il diritto al ritorno di coloro che sono stati cacciati dalle proprie terre sin dal 1948, diritto che si sa che non può essere rivendicato ed esercitato ovunque senza un´ingestibile catastrofe, ma che può essere accettato, come deve esserlo per tutti, l´esistenza garantita di Israele.


Noi ci limitiamo a ricordare quanto disse Winston Churchill, strenuo oppositore dei pacifisti di allora. " Avremo la guerra  al posto della pace e in più la vergogna"


W. Churchill          S. Huntington

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