Prima leggetevi l'articolo di Ugo Volli che vi introdurrà l'argomento "J-Call/J.Street" usando il termine più calzante citato in questi convulsi giorni, poi andatevi a leggere la lettera scritta da un ebreo italiano trasferitosi in Israele con la famiglia; noterete l'amara ironia con cui si racconta. Vi faccio presente che tratta argomenti che non ascolterete mai da quella "specie", non saprei come peggio definirlo, di "vice" (e voglio sottolineare "vice", che poi significa "ultimo" nel suo caso, ma confido sempre in un, seppur tardivo, "promoveatur ut amoveatur") corrispondente RAI da Gerusalemme, che i ben informati denominano "il megafono di Hamas", ma pure il bacia-pile di Paxci e non è una contraddizione concettuale, si badi bene! Israele può contare su tanti amici, ma, purtroppo, ha pure troppi "amiki" (sic, proprio con la "K"), che gli vogliono "un ben can", come diremmo in dialetto veneto.
Chiudo con un plauso alla Sua Civiltà e l'augurio che sopravviva alla barbarie che La circonda e agli "amiki" che Le rivolgono prediche stando ben sdraiati e in panciolle e da molto lontano, nella sublime certezza di venir sgozzati per ultimi dall'ormai dilagante Satrapia.
Bruno Basso