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La Stampa Rassegna Stampa
11.05.2010 Obama designa alla Corte Suprema Elena Kagan
Favorevole alla detenzione illimitata per i sospetti terroristi di Al Qaeda. Cronaca di Maurizio Molinari

Testata: La Stampa
Data: 11 maggio 2010
Pagina: 17
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «Una strana liberal alla Corte Suprema»

Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 11/05/2010, a pag. 17, l'articolo di Maurizio Molinari dal titolo " Una strana liberal alla Corte Suprema ".
Un buon ritratto della nuova giudice alla Corte Suprema:


Elena Kagan                        Maurizio Molinari

Barack Obama designa alla Corte Suprema Elena Kagan, avvocato dello Stato, che somma idee liberal e posizioni conservatrici incarnando un’idea della giustizia nella quale la Casa Bianca si riconosce. Sarà la terza giudice donna nell’attuale composizione della Corte, e la seconda candidata dall’attuale presidente.
Se lo scorso anno Obama aveva nominato Sonia Sotomayor, al posto del dimissionario David Souter, portando per la prima volta una donna di origini ispaniche alla Corte Suprema, adesso per sostituire il 90enne John Paul Stevens punta ancora su una donna portatrice di un’altrettanto significativa novità: non è un giudice. Per ritrovare una Corte Suprema composta di non giudici bisogna risalire a quella presieduta da Earl Warren che era governatore della California quando venne nominato da Dwight Eisenhower nel 1953. Nei quindici anni seguenti la Corte di Warren cambiò letteralmente l’America firmando le sentenze che posero fine alla segregazione razziale, garantirono a ogni cittadino il diritto di voto e a ogni imputato la difesa pagata dallo Stato, sancirono la libertà di espressione, condannarono la tortura e stabilirono per gli arrestati i «diritti di Miranda» incluso quello di tacere per non autoincriminarsi. A comporre quella Corte erano personaggi fra i più variegati della società americana le cui scelte giuridiche si rivelarono imprevedibili: dall’avvocato Felix Frankfurter all’ex capo della Sec (la Consob d’America) William Douglas, dall’ex ministro della Giustizia Robert Jackson a Hugo Black, un ex membro del Ku Klux Klan divenuto paladino dei diritti civili, fino a Thurgood Marshall, che nel 1967 divenne per decisione di Lyndon Johnson il primo giudice afroamericano.
Elena Kagan lavorò proprio per Marshall e incarna per Obama l’eredità della Corte di Earl Warren che Richard Nixon volle azzerare quando nel 1969 lo sostituì con Warren Burger, inaugurando la stagione delle nomine di giudici di carriera, considerati meno rivoluzionari e più prevedibili nel loro orientamento perché vincolati dalle sentenze emesse. Non è un caso che Obama, presentando ieri Kagan nella East Wing, l’ha descritta sulla base non del contributo dato a scrivere leggi ma dell’aderenza al principio di John Paul Stevens del «comprendere prima di dissentire» perché «consente di creare consenso». E Kagan gli ha risposto ricordando gli esempi dei due giudici per cui ha lavorato, entrambi cari al presidente: Marshall e Abner Mikva, suo mentore a Chicago.
E’ il profilo stesso di Elena Kagan, nata 50 anni fa in una famiglia ebraica di New York ed ex collaboratrice di Bill Clinton, a riassumere il desiderio di Obama di «creare consenso» perché capace di difendere con grinta i valori liberal, come fece a Harvard opponendosi al reclutamento militare nell’ateneo perché il Pentagono non rispettava i diritti dei gay nell’esercito, ma anche di fare proprie le istanze dei conservatori, come avvenne dopo gli attentati dell’11 settembre 2001 quando condivise la scelta dell’amministrazione di George W. Bush sulla detenzione illimitata per i sospetti terroristi di Al Qaeda, equiparandoli a nemici di guerra. In comune con Obama, Kagan ha anche la Law School di Harvard - che lei, prima donna in quella carica, ha guidato e dove Barack diresse la «Review» - gli anni passati a Chicago e il fatto di non gridare la propria identità: se Obama nel 2008 non si candidò in quanto afroamericano, lei non fa riferimenti al fatto di essere gay.
Linda Monk, giurista di fama e autrice di «Guida alla Costituzione», assicura che «Elena Kagan può essere il prossimo Earl Warren» aiutando Obama a «cambiare l’America» in maneria altrettanto radicale a quanto avvenne negli anni Sessanta. «D’altra parte anche nella Corte di Warren c’era un avvocato dello Stato, Stanley Reed» sottolinea Monk. Ma i liberal non si fidano e il magazine «Nation» stronca la nomina: «Dopo Sotomayor, Obama ora sostituisce Stevens con Kagan, non c’è alcun dubbio che sta spostando la Corte Suprema a destra, e non è quanto voleva chi lo ha votato». Anche i gruppi anti-abortisti sono sul piede di guerra, accusando la candidata della Casa Bianca di essere «una sostenitrice dell’aborto senza alcuna esperienza giuridica». Obama definisce Kagan «sua amica», chiede «un voto bipartisan» e ne loda l’impegno a difesa della riforma sui finanziamenti elettorali che proprio l’attuale Corte ha rovesciato.
La parola adesso passa al Senato per la ratifica della nomina: i leader democratici sono convinti di potercela fare entro settembre ma la parola è all’opposizione repubblicana che, disponendo della minoranza di blocco, potrebbe procrastinare all’infinito la votazione. Quando lo scorso anno si votò per designare Kagan avvocato dello Stato solo in 7 si opposero e anche adesso più senatori ne lodano la «solida preparazione accademica». Ma la resa dei conti avverrà ale audizioni quando le chiederanno di dimostrare se, come anticipa il senatore Graham, ha «davvero le qualità per essere giudice». Visto che non lo è mai stata.

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