Ripristinando antichi amori Yehoshua Kenaz
Traduzione Elena Loewenthal
Giuntina Euro 17
"Hallo! Hallo! You sleep?". La badante filippina cerca di scuotere il vecchio che finge di non sentire, e non risponde. E' una liturgia che si ripete ogni giorno, frasi smozzicate in pessimo inglese, nell'attesa di una fine che tarda crudelmente a venire. A pochi metri da lì, in un altro appartamento, una donna ancor bella, "i vivaci occhi castani un poco a mandorla, il naso all'insù, che le dà un'aria ingiustamente saccente", aspetta un uomo. Ha l'ordine di non rispondere al telefono e di non parlare con nessuno. Chissà perché Hazi, così si chiama lui, è così ossessionato dalla segretezza. Si trovano solo per fare l'amore e poi si separano, quasi senza una parola. Forse c'è una moglie gelosa da cui nascondersi, oppure un imbroglio peggiore, affari poco puliti.
Ripristinando antichi amori di Yehoshua Kenaz, uscito per la prima volta alla fine degli anni Novanta, si è lentamente affermato come un punto di riferimento della letteratura israeliana post illusione. A passarle in rassegna, le speranze perdute, non basterebbe un volume grosso il doppio, e forse per questo Kenaz ha scelto di concentrare tutti i suoi sforzi in un sol luogo. Il vero protagonista del libro è un condominio, in una zona bene di Tel Aviv, non più nuovo, però tenuto con cura, anche perché il signor Schwartz, capo dell'assemblea dei condomini, difende il decoro del caseggiato con la rabbia di un mastino. Ma nonostante i citofoni, e le scale tirate a lucido, che costano un occhio, non c'è verso di fermare la Storia alla porta d'ingresso. I protagonisti che a turno, come in un gioco d'ombre, animano le diverse stanze del palazzo si parlano senza capirsi, si cercano senza trovarsi, e si feriscono l'un l'altro senza pentirsene.
Gabi, la bella amante, sa benissimo di perdere il suo tempo e la sua dignità con un tizio poco raccomandabile. Il vicino Abiran, che a sua volta s'innamora di lei, è fin troppo consapevole di non avere possibilità alcuna, e passa il tempo a compatirsi, come "una persona che la vita ha conciato per le feste, appena prima di abbandonarla sul ciglio della strada". Naturalmente neppure l'esercito è più quello di una volta, "ognuno pensa ai fatti suoi, nessuno al paese" e così il giovane Eyal scappa dalla caserma e si nasconde come un disertore. Bisognerebbe andarsene, ma dove?
In questa dimora del male di vivere, persino le comparse minori non perdono occasione per sviare dalla normalità. Un'anziana madre, sepolta dalla demenza, si rivolge gentile al proprio figlio: "La prego, signore, potrebbe portarmi a casa mia?". Lo studente della yeshiva, espulso perché sostaneva di aver visto il Santo, sia Egli benedetto, se ne va in giro con una cagna in cui, dice lui, s'è reincarnato un santone. Il colpo di scena, che giunge nelle ultime pagine, è una vera sorpresa. Senza che ce ne accorgessimo, il racconto s'è trasformato in thriller.
Giulio Busi
Il Sole 24 Ore