Se Israele non si difende da sè, chi altri può farlo? Di certo non gli Usa di Obama
Obama crede ancora in questa immagine?
Lo ha annunciato David Hale, il vice di George Mitchell, inviato speciale di Obama nel M.O. Lo hanno riportato Jerusalem Post, The Guardian, The N.Y.Times e altri giornali. In poche parole: se Israele andra’ avanti nella costruzione di appartamenti a Gerusalemme, gli Stati Uniti non opporranno piu’ il veto ad una risoluzione di condanna contro Israele, come hanno da sempre fatto per piu’ di 40 volte dal 1973 ma si asterranno. Ci ricorda l’altra minaccia, quella di Brzezinsky che ebbe a dire che gli USA avrebbero abbattuto gli aerei israeliani se avessero violato gli spazi aerei iracheni in un pre-attacco di difesa per bombardare i siti atomici iraniani.
Infatti tutta la strombazzata recente di Obama, di Biden e della Clinton contro Israele sulla costruzione di 1600 unita’ abitative a Gerusalemme non e’ stata causale ma mirata e purtroppo continua... e deve ancora produrre i suoi frutti avvelenati. Ci sono state smentite sull’argomento che nulla tolgono alla gravita’ del caso. Obama parla ufficialmente una lingua e indirettamente, tramite i suoi collaboratori, ne parla un’altra. La sua e’ una lingua biforcuta.
L’amministrazione Usa ha aperto de facto un contenzioso che apre una frattura sempre piu’ profonda nelle relazioni con Israele e che potrebbe portarla prossimamente ad astenersi dal voto nel Consiglio di sicurezza dell’ONU -e non ad opporre il suo veto-su questa cruciale e dibattutissima questione che vedra’ Obama abbandonare di fatto la tradizionale politica americana di supporto a Israele, il suo alleato da sempre. E’ qui che voleva arrivare Obama, isolare internazionalmente Israele, scaricandogli sulle spalle tutta la responsabilita’ degli inconcludenti colloqui di pace e persino della perdita di vite umane nell’esercito americano. La colpa sarebbe solo di Israele.
E’ come se Obama avesse mandato un monito minaccioso a Netanyahu ossia un aut- aut a desistere su Gerusalemme, agitandogli lo spauracchio del disingaggio degli Stati Uniti dalla tradizionale alleanza con Israele. Obama ha colto a volo il pretesto dell’espansione abitativa nella capitale israeliana per poter scaricare solo su Israele la colpa dell’inceppo dei colloqui di pace tra Israeliani e Palestinesi . Cosi’ Obama ha cercato il “casus belli” con Israele facendo nel contempo l’occhiolino di lusinga alla Lega Araba che si sta riunendo a Il Cairo come per sottolineare che lui ce l’ha messa tutta e che punira’ Israele in caso di sgarro.
Ed oramai pare che nemmeno la visita di questi giorni in Medio Oriente dell’inviato speciale George Mitchell che dovra’ fare da spola tra Gerusalemme e Ramallah abbia sortito un miglioramento nei colloqui di pace tra Israeliani e Palestinesi.
Obama e Netanyahu si trovano ora faccia a faccia e si affrontano come in una partita a scacchi. Obama si sa ormai da quale parte stia, e’ un baro per giunta anche debole con i forti (i Sauditi) che gioca ormai allo scoperto mentre Netanyahu abile aspetta e prepara la contromossa, quella che lo condurra’ alla vittoria. E’ in gioco la citta’ di Gerusalemme, unica ed indivisibile capitale di Israele che dalle pagine del “The Washington Post” Elie Wiesel, liberal e sostenitore di Obama, ha definito “Jerusalem is Jewish history” e’ “the heart of our heart”.(Gerusalemme e’ la storia di Israele... e’ il cuore del nostro cuore).
La fortitudine di Israele e la sua ingegnosita’ in campo militare e in campo civile ci hanno fatto rimanere da sempre a bocca aperta e sono arra di sicura vittoria. Gia’ Ilan Ramon e la sua squadra di piloti hanno bombardato i siti nucleari di Saddam e cosi’ e’ avvenuto nella piu’ recente impresa di Siria quando zitti zitti gli israeliani hanno distrutto i reattori nucleari di Kim Jong-il. Ora Israele dispone di uno sciame di super-droni Eitan, costruiti nelle aziende aereo-spaziali israeliane, telecomandati e capaci di volare per lunghi spazi... La stessa ingegnosita’ gli Israeliani hanno dimostrato in campo civile rendendo fertile quella terra arida e arsa dal sole con un gran risparmio d’acqua, come con la tecnica idroponica dell’irrigazione “goccia a goccia” capace di formare pergole di teneri cetriolini rampicanti ad intreccio come quelli che abbiamo assaggiato piu’ di un decennio fa, alla Biennale d’Arte di Venezia, dove gli Israeliani avevano allestito una grande pergola di cetrioli penduli le cui radici erano alimentate da un sistema di tubicini che come tanti capillari d’acqua, si spingevano in alto riuscendo a nutrire la pianta. Un popolo che ha studiato, ha lavorato duro e ha sudato nei Kibbutz sotto il sole - come e’ scritto gia’ nel Libro- contro la siccita’ e contro le paludi “ per ogni spina di reticolato”, come ebbe a dire il poeta Paul Celan che, in visita a Masada, era rimasto colpito dall’opera immane compiuta dagli Ebrei che avevano risollevato, rendendolo abitabile, questo misero pezzo di terra. Nessuno fermera’ Israele, ha dei soldati valorosi – dalla rifondazione 22.684 ne sono caduti- che strenuamente lo difendono con le unghie e con i denti, perche’ sanno dalla loro storia che cosa significhi vivere da uomini liberi in una terra libera, consapevoli del costo sofferto per averla perduta per duemila anni.
Israele ce la fara’, e sapra’ come difendersi. D’altronde dalle pagine di Informazione Corretta non andiamo dicendo da tempo che l’ONU dovrebbe essere delegittimato perche’ discrimina e condanna solo Israele!
Abbiamo sotto gli occhi una copia di un’intera pagina pubblicata dal N.Y. Times il 23 settembre 1997 a cura dell’ “American Jewish Committee”, e’ divisa in due spazi da una linea verticale, a sinistra quello che riporta fittamente uno dopo l’altro in ordine alfabetico i nomi dei paesi (eligible) cioe’che hanno i requisiti per sedere al Consiglio di Sicurezza dell’ONU, sono 188 e tra di loro a caso leggiamo Iran, Sudan, Siria, Turchia, Cuba, Venezuela, Libia e Zimbawe etc. dall’altra parte a destra, uno spazio semivuoto che dovrebbe riportare i paesi (not eligible) che invece non ne hanno i requisiti, l’unico nome che vi si legge e’ quello di Israele.
Dal 1997 al 2010 nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU poco e’ cambiato, Israele e’ sempre fuori, in punizione nel cantone, mentre da gennaio 2010 il Libano e’ entrato a far parte del Consiglio di Sicurezza dell’ONU come membro non permanente. Ma Libano significa Hezbollah, significa Nasrallah, significa Iran. E gia’ Romano Prodi tramava con Ahmadinejad per farvi entrare anche l’Iran.
Basta, non se ne puo’ piu’ di tanta arroganza e ipocrisia, questo e’ il momento di agire, di difendere le ragioni di Israele: STAND UP FOR ISRAEL- con gli Stati Uniti o senza gli Stati Uniti (di Obama).
Israele vincera’, ne ha i requisiti: preparazione, strategia e coraggio, possiede inoltre quegli alti ideali, quegli stessi che l’hanno portata a rivivere. E se Israele non si difende da se’, chi altri lo difenderebbe? E se non ora, quando?