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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
10.05.2010 Le radici del terrorismo islamico vanno ricercate in Pakistan
Analisi di Fareed Zakaria

Testata: Corriere della Sera
Data: 10 maggio 2010
Pagina: 28
Autore: Fareed Zakaria
Titolo: «Pakistan supermercato per terroristi. Il governo esca dall’ambiguità»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 10/05/2010, a pag. 28, l'articolo di Fareed Zakaria dal titolo " Pakistan supermercato per terroristi. Il governo esca dall’ambiguità ".


Pakistan, talebani, Faisal Shahzad, il terrorista di Times Square

Si direbbe che Faisal Shahzad, l'aspirante terrorista di Times Square, abbia seguito un percorso familiare. Come tante altre reclute della Jihad in passato, anche il nostro è un uomo istruito, appartenente alla classe media e a quanto pare ben integrato nella società occidentale — ma poi, di colpo, gli è successo qualcosa che lo ha spinto tra le braccia degli estremisti. Forse non sapremo mai che cosa possa averlo convinto a voler massacrare uomini, donne e bambini innocenti, ma la sua storia presenta un particolare inquietante, in comune con molti dei suoi predecessori: il collegamento con il Pakistan. Il governo britannico ha stimato che il 70% dei progetti terroristici sventati negli ultimi dieci anni è riconducibile al Pakistan. Il Pakistan resta un vivaio di terroristi proprio nel momento in cui la popolarità dello jihadismo è in forte calo nel resto del mondo musulmano. Dall'Egitto alla Giordania, dalla Malesia all’Indonesia, i gruppi estremisti islamici sono stati indeboliti militarmente e hanno perso gran parte del sostegno politico di cui godevano finora. Perché questo scenario non si è ripetuto in Pakistan? La risposta è semplice: sin dalla sua fondazione, il governo pachistano ha sostenuto e incoraggiato le formazioni jihadiste, creando un'atmosfera che ha consentito loro di prosperare liberamente. Sebbene abbia fatto parzialmente marcia indietro negli ultimi anni, il movimento jihadista ha avuto modo di radicarsi in profondità. Per un aspirante terrorista in cerca di addestramento, il Pakistan è un vero supermercato. In questo Paese esistono decine di organizzazioni jihadiste: Jaish -e-Muhammad, Lashkar-e-Taiba, Al Qaeda, Jalaluddin e la rete di Siraj Haqqani, Tehrik-e-Taliban, e la lista è lungi dall'essere conclusa. Alcuni dei gruppi principali, come i separatisti del Kashmir, Lashkar-e-Taiba, agiscono impunemente alla luce del sole in tutto il Paese. E nessuno di essi sembra incorrere in qualche difficoltà nel reperire denaro e armamenti. Husain Haqqani, lo studioso e politico pachistano, nella sua opera affascinante, «Pakistan: Between Mosque and Military», spiega che i legami jihadisti del governo risalgono agli anni della creazione del Paese, ispirata all'ideologia islamica e alla decisione dei successivi governi di sfruttare la Jihad sia per raccogliere attorno a sé il sostegno popolare, sia per danneggiare lo storico rivale, l'India. Nel descrivere la distinzione elaborata dai militari tra terroristi e «combattenti per la libertà», l'autore osserva che la questione è di natura sistemica. «Tale dualità incarna un problema strutturale, radicato nella storia e nella politica del Paese. Non si tratta semplicemente della conseguenza involontaria di decisioni prese da questo o quel governo». Il fatto che Haqqani sia oggi l'ambasciatore pachistano a Washington aggiunge alla storia una svolta tanto ironica quanto sconfortante, poiché il governo da lui rappresentato si dimostra incapace di arginare questi fenomeni. Anzi, di recente i militari hanno addirittura rafforzato la loro influenza sull'esecutivo. Pensiamo all'area tribale dove Faisal Shahzad dice di essere stato addestrato durante le sue visite in Pakistan: nel nord Waziristan, dove sono asserragliate le milizie talebane che sferrano attacchi contro afghani, indiani e occidentali. Il celebre giornalista pachistano, Ahmed Rashid, che ha indagato a lungo sulle milizie ribelli afghane, sostiene che il Pakistan continua a esercitare una notevole influenza sui talebani in Afghanistan, e sfrutta quella leva per costringere il governo di Kabul ad aderire alle sue richieste, anziché mediare la pace tra i talebani e il governo afghano. Finché i militari pachistani non prenderanno più a cuore, nel loro insieme, gli interessi nazionali— mettendo al centro delle loro preoccupazioni lo sviluppo economico come fattore determinante per la sicurezza del Paese, al posto del conflitto strategico contro l'India e l'Afghanistan— i terroristi continueranno ad affluire in Pakistan per rifornirsi di armi e know-how. Nel corso degli ultimi quarant’anni, il terrorismo islamico ha rivelato di avere due matrici, in Arabia Saudita e in Pakistan. Entrambi questi Paesi poggiano sull'ideologia islamica e i governi susseguitisi alla loro guida hanno fatto di tutto per fondare la loro legittimità sul rafforzamento della base religiosa. In Arabia Saudita si assiste oggi al rovesciamento di questa tendenza, forse perché re Abdullah, monarca assoluto ma illuminato, è riuscito a imporre la sua volontà. Per il Pakistan non sarà altrettanto facile superare il passato jihadista.

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