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La Stampa Rassegna Stampa
10.05.2010 Ripartono i negoziati fra Israele e palestinesi
Cronaca di Aldo Baquis con uno sfondone

Testata: La Stampa
Data: 10 maggio 2010
Pagina: 14
Autore: Aldo Baquis
Titolo: «Palestina-Israele. I colloqui indiretti partono in salita»

Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 10/05/2010, a pag. 14, l'articolo di Aldo Baquis dal titolo " Palestina-Israele. I colloqui indiretti partono in salita ".

Un articolo sostanzialmente corretto, non fosse che per l'errore sulla capitale di Israele. Baquis scrive : " Philip Crowley, aveva fatto sapere che Tel Aviv avrebbe congelato il progetto immobiliare per due anni ".  Caro Baquis, quand'è che lascerà perdere questa storia di Tel Aviv ? i suoi pezzi sulla STAMPA non meritano questa compiacenza alla vulgata delegittimante.
Ecco l'articolo:


Bibi Netanyahu

Dopo un anno e mezzo di gelo profondo, il processo di pace israelo-palestinese si è rimesso faticosamente in moto, ieri, quando il negoziatore palestinese Saeb Erekat ha annunciato l’inizio dei «proximity talks»: ossia di quattro mesi di nuove spole fra Gerusalemme e Ramallah dell’infaticabile George Mitchell, l’inviato personale di Barack Obama per il Medio Oriente.
Da Washington la prima reazione è stata di grande soddisfazione, accompagnata da un monito severo a israeliani e palestinesi affinché ora più che mai si astengano dal compiere alcuna mossa che possa pregiudicare la fiducia reciproca.
Dal premier Benyamin Netanyahu gli Stati Uniti si attendono un congelamento (almeno tacito) dei progetti edili ebraici a Gerusalemme Est. Dal presidente palestinese Abu Mazen, che metta a tacere quanti nei Territori esaltano la lotta armata contro Israele, per esempio dedicando strade o tornei a noti attentatori. Hamas, da parte sua, ha accusato Abu Mazen di aver issato bandiera bianca di fronte alle pressioni israelo-statunitensi. In ogni caso, ha aggiunto Hamas, buona parte del popolo palestinese non si sentirà vincolato dall’esito di questi colloqui.
Ma la partenza dei negoziati appare molto complessa, e poco promettente. Anche su un aspetto molto marginale - la possibilità che i negoziati avvenissero in piani diversi di uno stesso edificio - Mitchell non è riuscito a mettere d’accordo le due parti. Ma altre divergenze sono saltate subito fuori su argomenti ben più importanti. Nell’annunciare il via libera ai negoziati indiretti il portavoce del Dipartimento di Stato Usa, Philip Crowley, aveva fatto sapere che Tel Aviv avrebbe congelato il progetto immobiliare per due anni. Ma un funzionario vicino a Netanyahu ha subito smentito: «Il primo ministro ha chiarito che le costruzioni a Gerusalemme est continueranno come sempre fatto sotto tutti i governi da 43 anni». Immediata la replica di Nimr Hammad, consigliere di Abu Mazen: «Le dichiarazioni di Israele sono un tentativo di sfidare l’amministrazione Usa».
L’agenda dei lavori ha rappresentato un altro ostacolo, che deve ancora essere valicato. Mentre Abu Mazen vuole affrontare fin d’ora i nodi cardinali del conflitto (i confini del futuro Stato palestinese, le colonie, lo status di Gerusalemme) Netanyahu ha proposto di concentrarsi nella fase di rodaggio su questioni meno emotive come l’economia, l’agricoltura, l’ambiente e la sicurezza. Netanyahu ritiene infatti che la formula dei negoziati indiretti non consenta la composizione delle questioni di importanza critica per il futuro dei due popoli. «La loro soluzione richiede che i negoziatori siedano nella stessa stanza», ha osservato. Ma l’Anp chiede che Israele paghi un prezzo: se vuole trattative dirette, che si impegni a congelare i progetti edili in Cisgiordania e a Gerusalemme est.
Secondo gli Stati Uniti Netanyahu avrebbe promesso di congelare per due anni il controverso progetto di Ramat Shlomo, a Gerusalemme est, che nel marzo scorso aveva innescato una aspra polemica con il vicepresidente Usa Joe Biden. Secondo la tv di Stato in ogni modo negli ultimi mesi i progetti edili sono stagnanti.

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