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Il Foglio Rassegna Stampa
08.05.2010 Come lavorava Goldstone nel Sud Africa dell'apartheid
Aiuta a capire la condotta di oggi

Testata: Il Foglio
Data: 08 maggio 2010
Pagina: 1
Autore: La redazione
Titolo: «Cosa faceva Goldstone nell'apartheid»
Richard Goldstone, assurto agli onori delle cronache quale accusatore di Israele, ha un passato che avrebbe dovuto consigliarli più prudenza nel definire criminale il prossimo. Lo ha raccontato Ugo Volli nella sua Cartolina un paio di giorni fa, e ci fa molto piacere che oggi, 08/05/2010, IL FOGLIO riprenda la notizia, con un ottimo commento, in prima pagina, dal titolo: "Cosa faceva Goldstone nell'apartheid".
Ecco l'articolo:



Richard Goldstone: oltre al presente, un gran bel passato...

Roma. Ha accusato Israele di “crimini di guerra”, ponendo il proprio nome a sigillo del controverso rapporto che, per conto delle Nazioni Unite, ha posto Israele e Hamas sullo stesso piano a proposito della guerra a Gaza. All’Aia, Richard Goldstone è stato insignito del titolo di “filosofo della pace”. Ha fatto parte del collegio di magistrati per i crimini nella ex Jugoslavia e in Rwanda. Ma il giudice Goldstone si è sempre dimenticato di spiegare una vicenda del suo passato: come si comportò da alto magistrato durante l’apartheid in Sudafrica? Ieri un’inchiesta esclusiva del giornale israeliano Yedioth Ahronoth ha rivelato il lato oscuro dell’autore del “rapporto Goldstone” che, come giudice durante l’apartheid, fu “parte attiva nell’applicazione delle politiche razziste di uno dei regimi più spietati della seconda metà del XX secolo”. Goldstone è stato negli anni più cupi del regime dell’apartheid magistrato d’appello alla Corte suprema sudafricana. “Ai tempi del suo mandato come giudice di Corte d’appello, negli anni Ottanta e Novanta, Goldstone emise sentenze che condannarono inesorabilmente alla pena di morte decine di neri sudafricani”, rivela lo Yedioth Ahronoth, principale quotidiano israeliano: “Questa macchia sul suo passato ha impedito a Goldstone di prendere posizione contro la pena di morte in numerose occasioni (pur sostenendo, ora, di essere sempre stato contrario), e di criticare con determinazione paesi che ancora la applicano (in testa alle classifiche mondiali, oltre a Cina, Iran e Arabia saudita). Naturalmente Goldstone non si prese il disturbo di riconoscere e discutere questi suoi precedenti in nessuno dei suoi discorsi e delle sue tante prese di posizione pubbliche”. I fatti dicono che Goldstone ha condannato a morte 28 imputati neri, per lo più persone condannate per omicidio che avevano fatto appello contro la sentenza capitale. All’epoca Goldstone si assicurò di mettere agli atti il proprio sostegno alla pena di morte scrivendo in una delle sue sentenze che essa risponde alla domanda della società che il crimine vanga ripagato con un prezzo che essa giustamente considera spaventoso. In un altro verdetto, col quale confermava l’esecuzione di un giovane nero condannato per aver assassinato il proprietario bianco di un ristorante che lo aveva licenziato per il colore della pelle, Goldstone scrisse che la pena di morte è “la sola punizione che può dissuadere da questo genere di delitti”. Va ricordato che all’epoca i bianchi sudafricani, grazie allo status privilegiato di cui godevano sotto l’apartheid, erano generalmente favorevoli a pene molto dure contro i crimini di sangue, mentre la maggioranza dei neri sudafricani vedeva nella pena capitale uno strumento di repressione politica. Solo nel 1995, quando Nelson Mandela salì al potere, la Costituzione del paese venne emendata con l’abolizione della pena di morte: vennero così risparmiati centinaia di condannati che si trovavano nel bracco della morte, compresi alcuni che vi erano stati mandati dallo stesso Goldstone e ingiustamente processati. Anche quando si trattava di reati meno gravi, Goldstone si schierava fino in fondo con le politiche razziste del regime di apartheid. Approvò la fustigazione di quattro neri colpevoli di violenze, mentre mandò assolti quattro agenti di polizia che avevano fatto irruzione nell’abitazione di una donna bianca sospettata di intrattenere rapporti sessuali con un uomo di colore, cosa che allora in Sudafrica era considerata un grave reato. In un altro caso, Goldstone condannò due giovani neri per il solo fatto di essere in possesso di un video con un discorso tenuto da un alto esponente del partito di Nelson Mandela. Alle terribili rivelazioni di Yedioth, Goldstone ha risposto di aver applicato la legge indipendentemente dalla sua volontà, in un sistema legale che prevedeva la pena di morte e spiegando che era obbligato a rispettare le leggi del paese anche sotto il regime dell’apartheid. Il ministro degli Esteri israeliano, Avigdor Lieberman, ha disposto che Israele all’estero faccia circolare le notizie sul passato di Goldstone. Il famoso avvocato liberal americano Alan Dershowitz ha commentato che la risposta di Goldstone è la stessa che diedero dopo la guerra i criminali nazisti. “Goldstone è stato un giudice dell’apartheid e ha consentito che dozzine di neri che erano stati ingiustamente giudicati venissero giustiziati”, ha detto Dershowitz. “Fu anche la difesa del dottor Mengele: ‘Abbiamo soltanto seguito la legge’”.

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