L'informazione italiana è ostile a Israele ?
Ugo Tramballi, Sergio Romano, Michele Giorgio, tre professionisti dell'odio di Israele
La domanda purtroppo non è retorica, se solo paragoniamo la situazione di oggi con quella di alcuni decenni fa. Fino alla guerra dei sei giorni, ma ancora negli anni '70, a Israele non venivano associate parole come apartheid, colonialismo, razzismo, genocidio, impronunciabili anche su organi di stampa ostili allo Stato ebraico. I coloni si chiamavano pionieri, Israele aveva portato il progresso e la modernità nella regione, il concetto di rispetto verso le diverse fedi religiose era diventato concreto grazie all'esempio israeliano. Persino la prima guerra del Libano era ancora raccontata dagli inviati con un certo qual equilibrio, non da tutti,certo, già allora il mondo dell’informazione stava cambiando pelle. Che la causa di quella guerra fosse da imputare al tentativo di Arafat con i suoi fedayin di impadronirsi del Libano, lo si poteva leggere nei resoconti degli inviati. Oggi non più, la ragioni di Israele, per bene che vada, o sono ignorate, o al massimo hanno diritto a poche righe. Se Hezbollah attacca Israele al nord, è a Israele che viene addossata la responsabilità, lo stesso avviene al confine con Gaza, dove il lancio dei missili sembra quasi una normale esercitazione militare. La guerra a Gaza, quella del gennaio 2009, è stata seguita avendo come linee guida le fonti palestinesi, ignorando le tecniche di guerriglia messe in atto da Hamas, e dando risalto al maggior numero di morti palestinesi, tacendone le cause, che andavano tutte imputate ad Hamas. Certo, la propaganda araba si è raffinata, a redigere il rapporto su quella guerra l'Onu ha chiamato Richard Goldstone, un giudice ebreo sudafricano, scelto con cura fra quegli ebrei conosciuti per le loro posizioni ostili a Israele. Così come negli ultimi vent’anni è aumentata in modo rilevante la pubblicistica scritta da ebrei antisemiti, a qualcuno potrà dispiacere il richiamarlo, ma è meglio guardare in faccia la realtà per evitare poi di soprendersene. E' quello che sta avvenendo in Israele, dove finalmente vengono allo scoperto episodi di spionaggio con la complicità di Ong locali, giornalisti, persino dall'interno di Tzahal salta fuori qualche mela marcia.
Per questo la domanda è non solo lecita, ma doverosa. Quanto sono ostili i media italiani ? Partiamo dalla televisione, dalla Rai, dove la correttezza portata dall'arrivo di Claudio Pagliara è controbilanciata dai servizi di Filippo Landi, una analisi dei suoi interventi rende bene il significato della parola ostile. Così come per capire come si collocano la maggior parte dei nostri giornali, è sufficiente entrare nell'archivio di www.informazionecorretta.com per rendersene conto. Per le agenzie stampa, il primo premio va all’Ansa, un vero e proprio campionario di informazione scorretta, l'ufficio di Tel Aviv ha un corrispondente palestinese a Gaza, del quale pubblicano paro paro quello che ricevono, senza mai chiedersi se non sia il caso di verificare, tanto sanno di propaganda targata Hamas. Sono poi quelle le notizie a finire sulle pagine dei giornali, contribuendo a dare di Israele quell'immagine negativa che conosciamo. Fra i giornali, solo per citare i maggiori che hanno un corrispondente, si fa fatica a trovarne qualcuno che non sia pregiudizialmente ostile. Si segnalano per la durezza del dito puntato contro Israele, Eric Salerno del Messaggero e Michele Giorgio del Manifesto,al Corriere della Sera si sente la mancanza di Davide Frattini, mentre fa gli 'esperti' segnaliamo Ugo Tramballi del Sole24Ore, Sandro Viola e Bernardo Valli di Repubblica, Barbara Spinelli della Stampa,Sergio Romano del Corriere della Sera. Questi i nomi più noti, ai quali fanno seguito giornalisti dei vari desk esteri, specializzati nel non riconoscere foto taroccate che mostrano i “crimini” di Israele, in genere prodotte da agenzie americane di base a Beirut (AP, Reuter ecc.), che i nostri esperti pubblicano senza alcun sospetto sulla loro veridicità. Così come avviene per le titolazioni, che spesso riflettono più il pensiero di chi li mette in pagina che non quanto è avvenuto.
C'è poi ancora un numero ragguardevole di free-lance, che nell'operazione umanitaria di aiutare i buoni palestinesi contro i cattivi israeliani, raggiungono velocemente una improvvisa notorietà per essere stati protagonisti di qualche azione dimostrativa a un posto di blocco o partecipando a una marcia della pace contro il 'muro'. Questi ultimi trovano accoglienza su quella stampa catto-comunista-pacifista, spesso anche bollettini parrochiali, che poi diventano occasione di conferenze-propaganda nelle parrocchie e nei circoli pacifisti.
Come si vede da questa forzatamente breve carrellata, la risposta alla domanda iniziale è purtroppo sì, in gran parte dei media, nelle redazioni, mettere sotto accusa Israele è di gran moda, e chi protesta viene persino accusato di essere fanatico, se non peggio. I buoni, come avrete capito, stanno da una parte, i cattivi, quelli che difendono le sacrosante ragioni di Israele, dall’altra. C'è bisogno di Hasbarà, che oggi potremmo tradurre con "contro-disinformazione", non vorrei essere frainteso, avete capito bene, è un appello.