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Riportiamo da LIBERO di oggi, 04/05/2010, a pag. 19, l'articolo di Angelo Pezzana dal titolo " Le aperture di Obama verso i regimi islamici colpiscono gli arabi moderati ".
L'apertura e il credito di Barack Obama verso i regimi islamici dittatoriali ha avuto quale unico risultato quello di indebolire quelli moderati. Primo fra tutti l'Egitto, dove il presidente Hosni Mubarak si trova a dover affrontare due scadenze politiche che potrebbero modificare in peggio la stabilità già precaria di tutta la regione. Il prossimo novembre si rieleggerà l’assemblea parlamentare, e nel novembre 2011 ci sarà l’elezione del Presidente. Mubarak ha 82 anni, ed è al potere dal 1981, quando successe a Sadat, assassinato perchè “colpevole” di avere firmato la pace con Israele. Modificando la clausola che limitava a due mandati di sei anni ciascuno, è stato rieletto per cinque volte. Ma la sesta è tutt'altro che sicura, anche se le regole elettorali sono tali da consentirgli un pressochè totale controllo del parlamento. E’ probabile però che sarà la salute ad imporgli la rinuncia al sesto mandato, in un paese pieno di problemi insoluti. Pur avendo mantenuto saldi i rapporti filoccidentali, in politica interna la situazione è quanto mai delicata, ci spiega Zvi Mazel, già ambasciatore israeliano al Cairo, e oggi uno dei massimi esperti dell’area mediorientale e analista presso i più importanti think tank dello Stato ebraico. Il 40% degli egiziani vive con meno di due dollari al giorno, l’analfabetismo riguarda il 35% della popolazione, e sale al 50% fra le donne. “ E’ quindi naturale, sostiene Mazel, che le prossime elezioni siano viste come portatrici di grandi cambiamenti”. Mubarak si troverà di fronte ad una opposizione divisa fra molte forze, i liberali del Wafd, la sinistra di Tagamu e quel che resta del piccolo partito nasseriano, le quali, però, tutte insieme, nelle elezioni del 2005 conquistarono solo 8 seggi su 447, mentre 88 andarono ai Fratelli Musulmani, un movimento ufficialmente fuori legge ma presente sulla scena politica come indipendente, fortemente anti-israeliano, al punto da invocare la rottura del trattato di pace. L'incertezza di quel che potrà avvenire nei prossimi diciotto mesi, sta animando la scena politica, che vede affacciarsi nuovi partiti, come Kefaya (abbastanza), alla quale fanno riferimento diverse organizzazioni, con l’uso di strumenti quali internet, facebook e twitter per comunicare con i media. Ma l’annuncio che desta maggior preoccupazione è l’autocandidatura di Mohammed ElBaradei, l’ex direttore dell’Agenzia atomica dell’Onu, l’uomo che di fatto ha coperto le attività nucleari del governo iraniano, il quale ha dichiarato di volersi presentare come indipendente. Non gli sarà facile, ci spiega l'ambasciatore Mazel, perchè le regole per candidarsi prevedono ostacoli pressochè insormontabili, 250 firme tra i parlamentari, il si del consiglio della Shura e quello Provinciale, tutte strutture nelle quali il partito del Presidente ha la maggioranza. Mubarak vorrebbe che a succedergli fosse il figlio quarantottenne Gamal, avendolo già nominato nel 2005 segretario generale del partito di maggioranza, ma finora la proposta non ha suscitato reazioni positive. ElBaradei promette che cambierà le regole, il suo movimento si chiama “ Associazione per il cambiamento”, ma finora non è riuscito ad ottenere il consenso dei Fratelli Musulmani, che lo giudicano troppo laico per potersene fidare . E’ vero che è stato filo-iraniano, anti-occidentale, avversario di Israele fino a promettere che cancellerà il trattato di pace, ma non dà sufficienti garanzie che sarà l'uomo che imporrà la Sharia all’Egitto, la legge islamica rigorosamente applicata. Rimane per Mubarak un avversario pericoloso, vista l'indubbia abilità che ha dimostrato nell’imbrogliare il mondo occidentale con i suoi rapporti sulla non pericolosità del nucleare iraniano. Potrebbe addirittura essere considerato un candidato con buone possibilità di sostegno esterno, vista l'attuale politica dell'inquilino della Casa Bianca. Mubarak ne ostacola le attività, come è avvenuto il mese scorso al Cairo, dove è stata impedita con la forza una dimostrazione nel centro della capitale. Non dimentichiamo, ricorda Mazel, che in un paese musulmano qualunque azione contro l'Occidente viene vista come un atto d’eroismo. I Fratelli Musulmani restano di fatto la maggiore forza di opposizione, ma dovrebbero trasformarsi in un partito politico vero e proprio, ma questo non è permesso dalla legge egiziana che proibisce la costituzione di un partito su basi religiose. Saranno le elezioni parlamentari di novembre che ci diranno quale sarà la politica di Mubarak, per fermare ElBaradei e impedire un nuovo successo dei Fratelli Musulmani. Senza escludere la successione di Gamal. A meno che che si affacci una nuova candidatura, conclude Zvi Mazel, per esempio quella di Omar Suleiman, il capo dei servizi segreti, collaboratore e amico del Presidente, una figura adatta a rappresentare un periodo di transizione. |
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