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Giorgia Greco
Libri & Recensioni
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Shalom Auslander, A Dio spiacendo 03/05/2010

A Dio spiacendo                              Shalom Auslander
Traduzione di Elettra Caporello
Guanda                                               Euro 15

L’avvertenza si impone: questo non è un libro per palati fini. Teologicamente suscettibili. Dotati di una sana e fiduciosa percezione del numinoso. Questo libro non fa assolutamente per loro: neanche a parlarne. Per tutti gli altri (difficile dire quanti siano) sarà un’esperienza. Quale? Dipende: divertente, spiazzante. Travolgente. Meritoria. Illuminante.
Insomma “A Dio spiacendo” è un libro che non di rado fa molto ridere. In altri casi sovverte la nostra idea di realtà. L’ha scritto il giovane e talentuoso Shalom Auslander, che ha alle sue spalle l’indimenticabile “Il lamento del prepuzio (anch’esso da Guanda). Questo secondo libro è una raccolta di racconti, ma con un’unità narrativa fondamentale (mica per niente) che tiene banco per tutte le pagine indistintamente: Dio. Lui è l’unico e indiscusso protagonista. Gli altri, che siano uomini, scimmie o cartoni animati, a un certo punto della storia capiscono di essere burattini, fantocci, giocattoli nelle Sue mani. Anche se Dio non ha qui nulla a che vedere con quel che abbiamo sempre immaginato di Lui: è una specie di gangster che uccide a sangue freddo. Un enorme e vanitoso pollo indifferente a tutto fuorché al suo becchime.
L’incontentabile cliente di una agenzia di comunicazione.
Il Dio di Auslander non è misericordioso e men che meno onnisciente. Non assomiglia nemmeno agli abitanti dell’Olimpo, perché se loro sono in fondo lo specchio dell’umanità sottostante, lui invece è sempre totalmente imprevedibile. Non ne fa mai una che t’aspetti. Eppure tutto va sempre a finire come al solito: non tanto bene. Questo Dio sembra insomma il frutto di un colossale equivoco, che non si sa bene chi abbia cominciato. Anzi no. Forse sì.
Nel racconto intitolato “Le allarmanti rivelazioni del Libro perduto di Stan” un tizio “in un momento di iella, senza lavoro e con un figlio in arrivo” scova nel deserto del Negev (non è il caso di chiedere come ci sia arrivato, fin laggiù) un antichissimo rotolo contenente tutto l’Antico Testamento. Uguale uguale al nostro, ma molto più vecchio. Preciso parola per parola, se non fosse per un paragrafo che “a quanto pare, era stato espunto dalle edizioni successive. Un paragrafo che diceva semplicemente: Quanto segue è un’opera di fantasia. Ogni somiglianza con persone vive o defunte è puramente accidentale”.
Ancora una volta Shalom Auslander decostruisce, anzi smonta alla grande quanto di più sacro e intoccabile ci sia (forse) rimasto. Si accanisce con Dio e ne dipinge una serie di ritratti dal surrealismo spinto. Più spinti che surreali, a dire il vero. E i suoi racconti, a saperli prendere per il verso giusto, sono di una comicità grandiosa. Perché oltre a un certo spirito caustico, Auslander ha tanta fantasia, e non la risparmia al suo lettore. A questo proposito, se l’umorismo ebraico morto non è, certo di questi tempi non sembra passarsela troppo bene. E quando se ne parla, lo si evoca – non a torto – come un mito remoto, pressoché estinto. Invece questi racconti sono, per l’umorismo ebraico, una provvidenziale respirazione bocca a bocca: quasi quasi resuscita! Con la sua accanita irriverenza che sconfina (altro che) nella blasfemia, Auslander in fondo si inserisce in una storia già scritta. Quella della grande risata ebraica. Sempre condita di sarcasmo, di autodistruzionismo (Dio compreso), di amarezza di fondo. E’ bello ritrovare qui tutto questo, dopo che  avevamo dato quasi per spacciato l’umorismo ebraico.
Se una cosa manca a questo libro, ma non certo per colpa sua, si tratta dello yiddish. Questi racconti meritavano proprio di essere scritti in quella lingua dall’imitabile potenzialità di spirito, capace come nessun’altra di farti ridere e piangere nello stesso tempo. Purtroppo, però, lo yiddish è morto: salito in cielo insieme al fumo dei forni crematori e dei milioni di vite che lo parlavano.

Elena Loewenthal
Tuttolibri – La Stampa


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