Tramballi al suo peggio sul SOLE24ORE di oggi, 01/05/2010, a pag. 13, con un articolo dal titolo: "Israele non si spaventi dell'arabo senza kefiah" nel quale risponde a Emanuele Ottolenghi e a Moses Naìm, entrambi intervenuti sullo stesso giornale esponendo i rischi di un'eventuale proclamazione unilaterale dello Stato palestinese. Tramballi sostiene che non vi è alcun motivo per temere un simile scenario, mentre è proprio lo Stato ebraico a nutrire terrore verso la sola possibilità che possano esistere dei palestinesi moderati. Tramballi scrive che "i palestinesi non hanno alcuna intenzione di proclamare unilateralmente uno stato, di stupire amici né nemici. Salam Fayyad, il primo ministro moderato, lo ha detto ripetutamente anche a questo giornale". Una visione distorta della realtà: è infatti noto a tutti che è lo stesso primo ministro palestinese ad avere avanzato questa proposta, peraltro non condivisa da Abu Mazen (si veda l'articolo di Aldo Baquis sulla STAMPA di oggi in altra pagina di IC).
Tramballi scivola anche sull'infelice paragone tra l'attuale politica dell'Anp in Cisgiordania, che starebbe creando "le istituzioni, gli strumenti di governo e soprattutto una mentalità nuova fra i palestinesi", e il 1948 con la creazione dello Stato di Israele. Tramballi dimentica che sessant'anni fa furono gli stati arabi a non accettare la nascita di uno Stato palestinese, non Israele !
Come sua abitudine, Tramballi capovolge la realtà, Hamas è un vicino accettabile, malgrado abbia dimostrato a Gaza di essere un feroce nemico, e non solo di Israele, ma anche dell'Anp, i coloni sono visti come il nemico della pace, mentre è vero il contrario, lo ammette persino Abu Mazen che oggi sembra pronto a discutere con Netanyahu anche i confini (si veda di nuovo il pezzo di Baquis). Che poi Israele abbia dovuto aspettare decenni per trovarsi di fronte una autorità palestinese disponibile al dialogo invece che al terrorismo, Tramballi lo ignora completamente, anche se adesso critica Arafat dopo averlo incensato finchè era in vita. Che poi le mire di Ahmadinejad sulla intera regione mediorientale dipendano dalla risoluzione del conflitto israelo-palestinese, Tramballi dovrebbe andarlo a dire agli Stati musulmani della regione, tutti minacciati nella loro indipendenza dal regime iraniano. Se questo è il livello delle analisi di Tramballi sul quotidiano della Confindustria, allora sarebbe bene che il direttore cominciasse a leggerle prima di pubblicarle. E'l'invito che consigliamo ai nostri lettori di inviare a Gianni Riotta, diretto del Sole24Ore.
Ecco l'articolo:
Ugo Tramballi
Più di Mahmud Ahmadinejiad e delle sue ambizioni da dottor Stanamore. Più dei missili di Hezbollah e del massimalismo suicida di Hamas. Più di Arafat, delle sue fanfaronate e delle sanguinose operazioni suicide dei suoi uomini. Più di questo e di qualsiasi altra "minaccia esistenziale" presente e passata per lo stato ebraico, c'è una cosa di cuiIsraele ha davvero terrore: il palestinese moderato.
Ne sono così preoccupati gli israeliani da non avere mai ammesso pubblicamente néa loro stessi la possibilità che possa esistere questa categoria politica e umana. Giovedì scorso Emanuele Ottolenghi ha dedicato una riflessione all'ipotesi di una proclamazione unilaterale dello stato palestinese: ne ha sottolineato le minacce, le implicazioni sulla sicurezza d'Israele e ne ha previsto la sua dura risposta oltre a un'inevitabile guerra civile fra i palestinesi. Tutte ipotesi con una loro dignità. Ma non ha dedicato una sola riga per valutarne le eventuali opportunità. Possibile che l'esistenza di una Palestina moderata, dentro confini legittimi, sostenuta dalla comunità internazionale non possa offrire nulla di utile al processo di pace e al futuro dello stesso Israele?
Tuttavia né Ottolenghi né Moisés Naìm, che ha avviato questo dibattito sul Sole del 28 aprile analizzando i pro e i contro di un evento inopinato ma atteso da oltre 60 anni, si devono preoccupare. I palestinesi non hanno alcuna intenzione di proclamare unilateralmente uno stato, di stupire amici né nemici. Salam Fayyad, il primo ministro moderato, lo ha detto ripetutamente anche a questo giornale. Quello che l'Autorità palestinese sta facendo in Cisgiordania è creare le istituzioni, gli strumenti di governo e soprattutto una mentalità nuova fra i palestinesi: il giorno in cui si materializzeranno le condizioni politiche, e solo quel giorno, tutto sarà pronto per funzionare. Non è né più né meno quello che fecero gli ebrei. Il 15 maggio 1948, il giorno in cui la Yishuv si trasformò in Medinat Israel, quando la comunità degli immigrati si fece stato, una banca centrale, una po-lizia, l'esercito, i tribunali, le scuole, il sindacato e l'associazione degli imprenditori pubblici e privati già funzionavano da anni.
La proclamazione unilaterale della Palestina che nemmeno Hamas minaccia nel suo ridotto di Gaza, potrebbe essere usata solo come gesto disperato: nella totale mancanza di alternative politiche e negoziali, nella constatazione che mentre a Ramallah si costruisce, i coloni israeliani continuano a rubare ancora più terra ai palestinesi, che un governo sempre più ultra nazionalista e religioso vanifichi ogni negoziato. Ma questo dipende da Israele, non da Fayyad.
Invece i palestinesi sono i soliti estremisti, i "terroristi" di sempre. Le loro responsabilità storiche sono evidenti, le opportunità perdute laceranti, le brutalità note. Ma è ingiusto definire «qualche appartamento» e «un caseggiato gerosolimitano» la sistematica annessione di territori, l'insieme di leggie di regolamenti che da decenni spogliano i pa-lestinesi dei loro beni materiali e dei loro diritti civili. Significa riconoscere che questo conflitto senza fine è una tragedia solo per Israele e non anche per i suoi avversari. Una volta di più è "miope" Fayyad, lo sono gli americani, gli europei, i russi, i cinesi, l'Onu. Stabilito con grande generosità cosa è una «minaccia esistenziale» per il futuro dello stato ebraico, il palestinese violento e ottuso non può che essere rassicurante. Kefiah, kalashnikov e bombe a mano, come al solito. Tutti sanno in Israele come reagire al nemico conosciuto. È al nuovo palestinese che sta cercando di creare Fayyad che non c'èrisposta: come fai a negare a un palestinese i suoi diritti quando inaspettatamente quel palestinese riconosce i tuoi? È evidente che Salam Fayyad potrebbe fallire. Ma aiutarlo a farcela potrebbe scoprirsi più utile che finire di costruire il muro. È ancora più evidente che il nucleare iraniano sia una indiscussa «minaccia esistenziale »: contenerla non è in contraddizione con l'ammettere il diritto storico dei palestinesi. Al contrario, la risoluzione di questo antico problema nazionale potrebbe essere un aiuto decisivo per chiudere Ahmadinejiad nel suo minaccioso ma ancora circoscrivibile delirio.
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