Università di Perugia, studio & terrorismo La cronaca di Andrea Morigi
Testata: Libero Data: 01 maggio 2010 Pagina: 14 Autore: Andrea Morigi Titolo: «Espulsi due studenti marocchini, pronti a tutto in nome di Allah»
Su LIBERO di oggi, 0/05/2010, a pag. 14, l'articolo di Andrea Morigi dal titolo: "Espulsi due studenti marocchini, pronti a tutto in nome di Allah". La cellula terrorista era all'Università di Perugia.
Università di Perugia, studio & terrorismo
C’era l’Italia nel mirino dei terroristi islamici. Ma, prima che potessero colpire, due marocchini sono stati rimpatriati a Casablanca per ordine del ministro dell’Interno Roberto Maroni e consegnati alle autorità del loro Paese. Facevano parte di quella che gli investigatori della Digos definiscono una «cellula jihadista pronta a compiere eventuali attentati» e sulla quale non si sono ancora concluse le indagini. Il loro obiettivo, si sospetta, erano le città e i monumenti italiani di cui avevano in casa mappe e fotografie. Se avessero attaccato l’industria del turismo, magari poco prima dell’estate, avrebbero provocato danni incalcolabili a tutta l’eco - nomia italiana. E sarebbero diventati eroi, o martiri, celebri in tutta la galassia dell’ultrafondamentalismo islamico. Non intrattenevano nessun legame personale con la rete di Al Qaeda, all’apparenza. Vi appartenevano soltanto idealmente. Ma, anche se «non avevano contatti diretti con la “filiera” terroristica internazionale, con soggetti dediti al proselitismo o al reclutamento di persone da mandare a combattere in Afghanistan o in Iraq», Mohamed Hlal e Ahmed Errahmouni, rispettivamente di 27 e 22 anni, l’uno studente di lingua e cultura italiana all’Università per Stranieri e l’altro iscritto ai corsi di Informatica all’ateneo degli studi, «si erano formati giorno dopo giorno seguendo i dettami ideologici e le indicazioni tecnico-operative di cui Internet resta la fonte principale». Con i due espulsi sono indagati altri sei universitari musulmani. Sono altri quattro marocchini, oltre a un tunisino e un palestinese con passaporto israeliano, che ieri hanno subito una perquisizione nelle loro abitazioni. Li sorvegliavano già da un anno, con «un’attività complessa», dicono fonti della Procura del capoluogo umbro. Intercettazioni ambientali, telefoniche e telematiche che, nell’ottobre 2009, in coincidenza con l’attentato kamikaze contro la caserma Santa Barbara di Milano, si erano concentrate su un gruppo di studenti universitari per lo più provenienti dalla città di Fes, in Marocco, accomunati da «una visione radicale dell’islam». Ora c’è una montagna di documenti dei quali stabilire la provenienza, da tradurre dall’arabo e da analizzare. E alla polizia postale è stato affidato il compito di ricostruire il traffico in rete, criptato per non lasciare tracce sui computer. Gli inquirenti tacciono sugli «elementi che hanno imposto una soluzione d’urgenza», indicando solo generiche «esigenze di sicurezza» che hanno imposto «un atto preventivo», secondo la legge anti-terrorismo introdotta in Italia dopo l’attentato di Londra del 2005. Di certo, nelle conversazioni fra di loro i sospetti parlavano già di compiere «eclatanti atti estremi», se ne avessero avuta la possibilità. In particolare, le attenzioni si erano concentrate su Hlal. Sembrava già pronto a passare all’azione. Il suo appare «un profilo di estrema pericolosità », a causa di «convinzioni ideologicoreligiose », che ormai sconfinavano su posizioni jihadiste. Poi le idee diventano fatti, passando per una fase intermedia, cioè «comportamenti anti-sociali che lo avevano portato a isolarsi dal suo consueto circuito relazionale». Sono indicatori chiari di una deriva radicale che, secondo la polizia, lo accomunava all’altro marocchino espulso, Errahmouni. Terroristi fai-da-te, quindi, ma non per questo da sottovalutare. Alla luce dell’attentato compiuto a Milano dal libico Mohammed Game nell’ottobre scorso contro la caserma Santa Barbara di Milano. Il gruppo frequentava la moschea più vecchia del centro storico, in via dei Priori, esclusa tuttavia dalle indagini.
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