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Il Foglio Rassegna Stampa
01.05.2010 Iraq: un aggiornamento accurato
L'analisi del Foglio

Testata: Il Foglio
Data: 01 maggio 2010
Pagina: 1
Autore: Dall'inviato
Titolo: «Baghdad città sospesa»

Un aggiornamento utile per capire lo sviluppo della situazione in Iraq, su IL FOGLIO di oggi, 01/05/2010, a pag. 1, con il titolo: "Baghdad città sospesa".



Baghdad, dal nostro inviato. Sotto gli acquazzoni di primavera, attraversata ogni notte dal suono delle sirene o da qualche botto lontano, la capitale dell’Iraq è una città sospesa. Invece che risolvere il problema della riassegnazione del potere politico, le elezioni del 7 marzo hanno per ora semplicemente ridefinito gli schieramenti e dato il via a una guerra (politica). Da una parte c’è il vincitore ufficiale, Iyyad Allawi, che però ha prevalso di soltanto due seggi, un margine troppo debole nell’Iraq in preda alla passione per il potere e che ora rischia di vedere la propria vittoria mutilata. Dall’altra il premier uscente, Nouri al Maliki, che non ha nessuna intenzione di uscire. Dietro il primo si sono schierati i sunniti, minoranza eternamente delusa dal 2003, e due potenze regionali come l’Arabia Saudita e la Turchia. Dietro il secondo ci sono gli sciiti, maggioranza alla ricerca del vantaggio definitivo sui rivali sunniti; ma non c’è l’Iran. Si dice che dopo le elezioni del 2005 fosse stato lo stesso comandante dei pasdaran iraniani, sezione operazioni esterne, il generale Qassim Suleimani, a scivolare nella Zona verde per rompere lo stallo tra partiti – c’era anche quella volta – e portare al potere il poco conosciuto al Maliki. Ma il premier non s’è mostrato ossequioso al misterioso mandato iraniano, del resto aveva una lunga storia personale di risentimenti, risalenti al periodo in cui era esule a Teheran, ricercato da Saddam Hussein. Ora Teheran vorrebbe che al Maliki si levasse di mezzo, assieme ad Allawi, per lasciare spazio a un premier di compromesso e a una coalizione di partiti più piccoli ma più cattivi, come il blocco di Moqtada al Sadr – fronte politico di un esercito irregolare che negli anni scorsi ha terrorizzato i sunniti –, il Supremo consiglio islamico, i curdi, qualche gruppo sunnita minore. Con la speranza, s’intende, che arrivi finalmente un premier sciita più trattabile. Al Maliki lo sa, e ieri ha lamentato l’esistenza di “un progetto regionale e internazionale per eseguire un golpe in Iraq sfruttando le elezioni”. L’Arabia Saudita ha fatto il suo debutto nella politica irachena al fianco di Allawi. In pochi giorni ha convocato a Riad i leader iracheni più importanti: il sunnita Tariq al Hashimi, il capo del Supremo consiglio islamico al Hakim, i due curdi Jalal Talabani e Massoud Barzani, e tutti sono stati sentiti da re Abdullah in persona. Tutti, tranne Maliki e i sadristi. Dopo Beirut, anche Baghdad sta per conoscere l’enorme potere d’investimento della casa saudita nella politica regionale. Washington non è schierata direttamente, ma è ovvio a tutti che sostiene l’iniziativa saudita. Per ora entrambe le parti hanno menato due grandi colpi a testa. Al Maliki ha fatto squalificare nove candidati rivali, di cui sette della lista di Allawi, dalla speciale commissione che indaga sui legami con il regime di Saddam Hussein. Prima del voto era stato assicurato dal governo ai candidati che sentivano sul capo la spada di Damocle della commissione che in caso di squalifica i loro voti sarebbero rimasti ai partiti. Ora sembra che non sarà così. Il giudizio d’appello contro la commissione comincia lunedì e potrebbe ribaltare il risultato elettorale a favore di Maliki. Il premier uscente ha anche riottenuto il riconteggio dei voti nella zona più popolosa e a lui più favorevole, l’area metropolitana di Baghdad. Inoltre, ha incassato la vittoria più schiacciante contro al Qaida in Iraq dal 2003, eliminando in un mese i due leader più importanti (in un colpo solo) e anche i comandanti del gruppo estremista nella capitale e nell’intero nord del paese, rafforzando la sua immagine di uomo d’ordine efficiente. Allawi, che già grida al furto del risultato elettorale, chiede un governo di transizione con la supervisione di Lega araba, Unione europea e Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite per uscire dallo stallo: è andato al Cairo, dal capo della Lega, Amr Moussa, per ottenerne l’appoggio. E’ consapevole che più passa il tempo più la sua vittoria sbiadisce ed entrano in gioco altre considerazioni sulla necessità di venire a patti con la maggioranza sciita. Il secondo colpo non è merito suo, almeno in superficie. In questi giorni è uscito un rapporto di Human Rights Watch sulla prigione segreta di Muthanna, in cui erano segregati senza processo centinaia di sunniti prelevati al nord, dove la tensione resta alta. La regione di Mosul è infestata da al Qaida, ma i detenuti sono stati arrestati illegalmente e torturati e il dossier potrebbe tagliare i rapporti già tenui coi sunniti.

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