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La Stampa Rassegna Stampa
01.05.2010 Bibi-Abu Mazen: tra una settimana si incontrano di nuovo
La cronaca di Aldo Baquis

Testata: La Stampa
Data: 01 maggio 2010
Pagina: 14
Autore: Aldo Baquis
Titolo: «Hillary: Israele-Palestina, ripartono i colloqui di pace»

Un articolo, quello di Aldo Baquis su LA STAMPA di oggi, 01/05/2010, a pag. 14, con il titolo: "Hillary: Israele-Palestina, ripartono i colloqui di pace", tutto improntato all'ottimismo. Segnaliamo queste righe:
"A quanto pare Washington ha ricevuto da Israele l'impegno a mantenere nei cantieri ebraici a Gerusalemme Est se non un congelamento almeno un basso profilo". Di fatto un 1 a 0 a favore di Netanyahu nei confronti di Obama. Il che conferma che a saper dire di no, anche al governo più potente della terra, si ottiene l'effetto desiderato.
Ecco l'articolo:



Il segretario di Stato Hillary Clinton ha rilanciato ieri le speranze di pace in Medio Oriente annunciando che la settimana prossima inizieranno gli attesi «proximity talks», i negoziati indiretti tra Israele e l'Autorità palestinese. A dare il via sarà George Mitchell, l'emissario di Barack Obama, che per l'occasione tornerà nella Regione: sempre che nel frattempo la Lega Araba abbia autorizzato il presidente dell’Anp Abu Mazen ad avviare le trattative con il premier israeliano Benjamin Netanyahu.
Ad accrescere il clima di cauto ottimismo si è aggiunta la netta vittoria conseguita ieri da Netanyahu nel Comitato centrale del Likud, dove la corrente della destra radicale aveva messo in discussione la sua leadership su un emendamento dello Statuto del partito. Impegnandosi al massimo, il premier è riuscito a rastrellare il 76 per cento dei voti, aggiudicandosi un margine di manovra che gli verrà utile con la ripresa dei negoziati.
Toni concilianti giungono anche da Ramallah. Dopo mesi di silenzio Abu Mazen si è concesso per una lunga intervista alla tv commerciale israeliana Canale 2. «Metteteci alla prova», ha chiesto agli israeliani. Poi ha snocciolato i punti sui quali esiste già un accordo di massima fra le due parti: le correzioni di confine fra Israele e il futuro Stato palestinese; la dislocazione in Cisgiordania di forze Nato, a garanzia della stabilità e della sicurezza di Israele; l’opposizione a una proclamazione unilaterale dello Stato palestinese, che è invece nelle intenzioni del premier Salam Fayad. Anche su Gerusalemme, secondo il negoziatore capo palestinese Saeb Erekat, è possibile trovare una formula adeguata: capitale sia di Israele sia della Palestina, pur restando una città unificata.
Nel frattempo prosegue il lavorio diplomatico: Netanyahu è atteso in Egitto da Mubarak, mentre Obama vuole vedere Abu Mazen. Il presidente palestinese non è infatti riuscito a ottenere l'impegno pubblico di Israele a congelare i progetti edili ebraici in Cisgiordania (dov’è peraltro in vigore una moratoria di dieci mesi) e a Gerusalemme Est. A quanto pare Washington ha ricevuto da Israele l'impegno a mantenere nei cantieri ebraici a Gerusalemme Est se non un congelamento almeno un basso profilo.
Anche Netanyahu è stato costretto a cedere posizioni. Nella visione israeliana i «proximity talks» dovevano avere un carattere tecnico, ed essere solo un rapido preludio per la ripresa di trattative dirette. Ma gli Stati Uniti, secondo la stampa, lo hanno invece costretto ad accettare il principio che nei colloqui indiretti vengano affrontati anche nodi centrali del conflitto. Come dire che Obama si riserva adesso la prerogativa, almeno teorica, di intervenire nei negoziati con proposte proprie.

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