Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 30/04/2010, a pag. 19, l'articolo di Francesco Battistini dal titolo "Gaza, strage nel tunnel Hamas accusa l’Egitto: Sparato gas tossico " .

GERUSALEMME — Sono i cadaveri 142, 143, 144 e 145. Centoquarantacinque come i palestinesi che in questi anni, nei tunnel di Gaza, han fatto la fine del topo. «Morti soffocati: questo si vede», dice il dottor Mohammed al-Osh, direttore dell’ospedale al-Najar di Rafah. Soffocati. Ma da che cosa? Dal «solito» crollo della galleria. O da qualcosa di peggio, se possibile, d’invisibile e d’irrespirabile e d’impronunciabile?...
«Ci vorrebbe un'autopsia. Un esame del capello e della pelle. Non. abbiamo strumenti per saperlo». E probabile non si saprà mai: dissepolti dal terriccio, avvolti nei sudàri bianchi e subito riseppelliti, i quattro sono morti mercoledì sera e sono già un capo d'accusa. Durissimo. Pronunciato da eminenti voci di Hamas, Fawzi Barhum e Sami Abu Zubri. E non contro Israele, stavolta: «Non è stato un incidente, dicono . E stato un terribile crimine, una strage a sangue freddo, semplici lavoratori che si guadagna- vano il pane. La totale responsabilità è dell'Egitto. Vogliamo un'indagine. Gli egiziani hanno sparato veleno nel tunnel. Li hanno gassati».
Dopo il muro, il gas. Se è vero, qualcosa d’orrendo sta succedendo al confine fra Striscia ed Egitto. Dove da dicembre si sono già costruiti sei degli 11 km di barriera, 20 metri di profondità, chiesti da americani e israeliani, ordinati da Mubarak per bloccare il contrabbando d’armi sottoterra. Dove da un po’ si sussurra che le guardie egiziane giustifichino ogni mezzo. «È totalmente falso», replica un portavoce del Cairo, Hossam Zaki: è vero che l’Egitto ha usato fino a due anni fa gas lacrimogeni, ma ora non accade più; è vero che mercoledì sono saltati quattro tunnel, e coi quattro morti ci sono state decine d’intossicati, ma la colpa è dei contrabbandieri che trasportavano bombole di butano, esplose fino a bruciare tutto l’ossigeno dentro le gallerie.
Gas o non gas, l’apnea di Gaza non è solo sottoterra. Il muro egiziano, il blocco e le bombe israeliane hanno già costretto alla chiusura 500 tunnel, quelli che non vanno abbastanza sotto. Ne rimangono altri 1000-1500. Ma le merci (e le armi) passano con difficoltà sempre maggiori e con prezzi sempre maggiorati: un’auto che in Egitto costa 28mila dollari, al di qua ne costa il doppio. E i 20mila palestinesi che un anno fa campavano su quest’economia sommersa, cento dollari al giorno, ora sono diventati la metà e ne guadagnano 25. L’economia della Striscia s’è insabbiata, i 32mila dipendenti di Hamas non ricevono lo stipendio da mesi. I disoccupati sono ormai l’80%. L’altro giorno, l’Arab Bank ha annunciato il licenziamento di 70 dei cento impiegati: colpa del divieto internazionale di trasferire denaro a Hamas, dicono, in una regione dove il 90% dei soldi viene dall’estero.
Nemmeno le compagnie straniere rimaste a Gaza possono pagare le tasse, perché i versamenti sono bloccati. Il malcontento è fortissimo: un corteo del Fronte popolare è stato vietato, i capi arrestati, e solo perché protestavano contro le tasse del governo islamico. «Nemmeno sotto l’Anp o Israele ne pagavamo tante», è il coro: aliquote del 50% su ogni stecca di sigarette, del 25 sulla benzina. A macellai e gelatai, se vogliono lavorare con griglie e frigoriferi, è imposto un surreale balzello di 400 dollari l’anno. Il capo supremo, Ismail Haniye, spande ottimismo e garantisce che la crisi è solo un’invenzione. Per i suoi, forse. Che le sigarette se le prendono gratis. E che sui tunnel intascano la mazzetta. Tutti gli altri, sotto. A masticare terra, a respirare gas.
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