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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
28.04.2010 Emergency cura i talebani, fa da magazzino per le loro armi ed è antiamericana
Per questo andrebbe difesa? Secondo Gian Antonio Stella sì

Testata: Corriere della Sera
Data: 28 aprile 2010
Pagina: 39
Autore: Gian Antonio Stella
Titolo: «Aiuto ai (nemici) feriti. Un segno di civiltà»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 28/04/2010, a pag. 39, l'articolo di Gian Antonio Stella dal titolo " Aiuto ai (nemici) feriti. Un segno di civiltà ".

Gian Antonio Stella prende le difese di Emergency e scrive, riguardo alle accuse mosse da Edward Luttwak all'Ong di Strada : " Quando tu hai messo il nemico «fuori dal combattimento», che senso c'è a infierire? ".
Il problema con Emergency e con altre Ong di questo genere non riguarda solo il fatto che curino anche il nemico. Riguarda il fatto che il nemico in questione non venga identificato e, soprattutto nel caso specifico, riguarda le dichiarazioni anti americane che Strada fa quasi quotidianamente e la presenza delle armi nell'ospedale di Lashkar Gah.
Se la Ong di Strada si limitasse a curare i feriti non ci sarebbe nulla da eccepire. Ma non è così. Strada si sente autorizzato a fare politica, a criticare il governo per la presenza dell'Italia in Afghanistan, ad attaccare gli Stati Uniti per la guerra. Stella però non commenta questo aspetto, come mai?
E, soprattutto, per quale motivo non è possibile muovere nessuna critica a Emergency?
Ecco l'articolo:


Gian Antonio Stella

Curano anche i talebani feriti nelle sparatorie: allora a che serve avergli sparato? Sarebbe questa una delle accuse mosse da Kabul agli operatori di Emergency, che chissà quando potrà riaprire l’ospedale a Lashkar Gah chiuso di fatto in cambio della liberazione dei tre volontari incarcerati, come si è visto, senza prove. Suturare le ferite non solo di chi sta dalla parte degli occidentali, ma anche degli studenti coranici non va bene. Insomma: se si fa la guerra per ammazzare i nemici che senso ha poi curarli, questi nemici?

Val la pena di sottolinearla, la tesi esposta contro Gino Strada ed Emergency ad Annozero (senza che il ministro della difesa Ignazio La Russa sentisse il bisogno di dissentire) dal politologo Edward Luttwak: «Abbiamo una piaga con queste Ong: si introducono nei conflitti con le migliori intenzioni del mondo, cioè curare i feriti, ma il risultato è molto controproducente. Nella valle del Panshir, nel nord-est, dove stanno i Tagiki e i talebani saranno al massimo due o tre, se metti un ospedale non hai alcun impatto sul conflitto. Non allunghi la guerra. Mentre se tu vai a Lashkar Gah, dove i talebani governano, e cimetti un ospedale, automaticamente dai una risorsa ai talebani». Messa su questo piano, sarebbe oggettivamente complice del «nemico», qualunque «nemico», la stessa Croce Rossa che come rivendica nel suo atto costitutivo «non fa alcuna distinzione di nazionalità, razza, religione, di condizione sociale o di appartenenza politica. Si dedica esclusivamente a soccorrere gli individui a seconda della gravità e dell'urgenza delle loro sofferenze». Bizzarro…

In realtà, fin dai tempi più antichi, c'è un modo di dire che riassume tutto: «fuori combattimento». Quando tu hai messo il nemico «fuori dal combattimento», che senso c'è a infierire? Per questo, da che mondo è mondo, perfino dentro quella cosa mostruosa che è la guerra, la sospensione delle battaglie per soccorrere i feriti è stato un segno della «civiltà» dei vincitori. E la decimazione del nemico impotente, il colpo alla nuca, un segno di ferocia e barbarie.

Nel 1942, nei pressi di Ascensione, un U-boot tedesco affondò il «Laconia», una nave alleata che portava anche 1.800 prigionieri italiani. Mentre i naufraghi venivano assaliti dagli squali, il comandante del sottomarino, Werner Hartenstein, diramò in inglese: «Qualsiasi nave soccorrerà i naufraghi della Laconia non sarà attaccata, purché io non sia attaccato da navi o aerei». Diramò perfino le coordinate: «4 gradi-52” sud. 11 gradi, 26” ovest”». Accorse anche un aereo americano, ma per bombardare l’U-Boot. Da allora in poi lo Stato maggiore nazista fu ancora più netto nel rifiuto del soccorso dei naufraghi. Per avere dato l'ordine di non aiutare mai più gli uomini in mare, però, l'ammiraglio Dönitz (che sarebbe piaciuto a Luttwak: non allungava la guerra) fu processato a Norimberga.

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