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Ugo Volli
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Cifre alla mano, perchè Israele è così antipatico al mondo? 27/04/2010

Cifre alla mano, perchè Israele è così antipatico al mondo?

Cari amici,

dobbiamo renderci conto di una cosa. Stiamo perdendo la guerra: la guerra che si combatte ora, giorno dopo giorno, la guerra della propaganda. Negli ultimi dieci anni o giù di lì, Israele si è ritirato dal Libano e da Gaza, appena i terroristi hanno smesso di mandare attentatori suicidi ogni giorno ha ceduto il controllo di quasi tutti gli arabi di Giudea e Samaria all'Autorità Palestinese, ha reagito il meno che ha potuto agli attacchi missilistici provenienti da Nord e da Sud e dopo le azioni necessarie si è sempre ritirata; non ha fondato nuovi insediamenti, ha eretto la barriera di protezione solo per evitare gli attentati, cosa che è accaduta. Ma l'aggressore, l'occupante, il colonialista resta sempre lui, agli occhi dei media di tutto il mondo e dunque delle popolazioni.

Guardate la tabella allegata a questa cartolina (o se volete dei risultati più completi andate qui: http://news.bbc.co.uk/2/shared/bsp/hi/pdfs/160410bbcwspoll.pdf ). La BBC ha commissionato un sondaggio globale in 28 paesi del mondo sul giudizio che l'opinione pubblica dà all'influenza di alcuni attori internazionali. La Germania è risultata vincitrice, con un giudizio positivo del 59%, seguita da Giappone (53%), Gran Bretagna (52%) e Canada (51%). La Francia è al 49%, la cina al 41%, la Russia al 30%. I paesi meno graditi sono l'Iran al 15%, il Pakistan al 16%, la Corea del Nord al 17%.

E Israele? Lo ripeto, abbiamo perduto la guerra. Sta con questo gruppetto dei reprobi, al 19%. Se non ci fossero gli Stati Uniti (dove il giudizio è più positivo che negativo, ma non di molto, 40 a 31), certamente starebbe ancora più giù, forse all'ultimo posto. Con l'America solo il Kenia dà un giudizio di Israele più positivo che negativo (39 a 34). In tutte le altre opinioni pubbliche prevale il negativo: perdiamo 23 a 38 in Canada, 23 a 31 in Messico, 21 a 61 in Brasile, 22 a 40 in Cina, 17 a 29 in India... Il Giappone, che non ha mai avuto speciali problemi col mondo ebraico, a parte mandarci qualche attentatore suicida, come quello che fece strage all'aeroporto Ben Gurion messo secolo fa, dà di Israele un giudizio paragonabile a quello della Turchia (6 a 77) e dell'Egitto (2 a 91): lì perdiamo con un rotondo 2 a 52.

In Europa, la situazione non è molto diversa: il paese più antisraeliano è la Spagna (9 a 60), che del resto ha anche il record dell'antisemitismo, quasi alla pari col Portogallo (9 a 41): non c'è di meglio che essere un persecutore (aver distrutto mezzo millennio fa l'ebraismo locale) per continuare ad odiare. Nonostante la politica ufficialmente filo-israeliana, anche la popolazione tedesca conferma questa legge, per cui se ti ho fatto ingiustizia, per questo ti odio: lì non gradiscono Israele 13 a 68; in Gran Bretagna il risultato è 17 a 50, in Francia 20 a 57. Il paese meno antisraeliano è la Russia (29 a 30). L'Italia è solo seconda e con un risultato francamente molto brutto: il 26% degli italiani ritiene che Israele abbia una funzione positiva nel mondo, il 46% che essa sia negativa.

Scusate se vi ho sommersi di cifre. Ma è la premessa di una riflessione: perché Israele è così antipatico al mondo?  Perché i pacifici giapponesi, perché i solari brasiliani, perché i sudcoreani che hanno a che fare con un alleato stretto dell'Iran (e sono contro Israele  27 a 57), perché tutta questa gente che sta dall'altra parte della terra, non i militanti fanatici ma la popolazione comune, perché ce l'hanno con Israele? Non vedono il piccolo stato che lotta per sopravvivere circondato da nemici immensamente più numerosi, non vede la democrazia, il luogo creativo e effettivamente tollerante e pluralista, ma vede un mostro simile a Iran e Corea del Nord? Perché?

Dire che è colpa dei media non cambia le cose: bisognerebbe riproporre la domanda: perché i media di tutto il mondo ce l'hanno con noi? Non ho una risposta, evidentemente. Penso che come l'antisemitismo oggi in Italia è di destra e di sinistra, ipercattolico e comunista, così nell'odio a Israele si fondano diverse correnti.

C'è il terzomondismo, come mostra il fatto che i risultati di Israele sono piuttosto paralleli a quelli americani (il cui risultato generale è molto migliore, ma comunque ben lontano dal vertice: 41 a 38). C'è un risentimento teologico, il vecchio antigiudaismo della tradizione cristiana e musulmana, quello di Paolo di Agostino e di Lutero e anche di Maometto, che ce l'hanno con gli ebrei per non aver riconosciuto le loro innovazioni. C'è l'odio che i persecutori nutrono nei confronti dei perseguitati, solo per averli perseguitati. C'è il fatto che Israele deve combattere per sopravvivere e questo dà fastidio alle anime belle, che vorrebbero la pace, fosse pure la pace dei cimiteri. C'è il fatto che in tempi in cui mancano le cause, è difficile essere pro-Cuba (a parte indossare una maglietta del Che), o leggere religiosamente il libretto rosso di Mao, i palestinesi sono diventati l'ultima incarnazione dell'esotismo rivoluzionario,  gli eredi di Ho Chi Min e di Garibaldi. Che siano guidati da ladri corrotti o da pretoni iperreazionari e nemici delle donne non importa. Chi si è occupato davvero delle vittime di castro, finché Cuba era un mito? Infine Israele è un paese comodo da odiare, che non può vendicarsi, che rappresenta l'Occidente senza averne il potere: una perfetta figura retorica (una sineddoche per l'esattezza) di quella grande ondata di modernizzazione e destabilizzazione che fa paura un po' a tutti. Il fatto di aver esitato, di essersi ritirati, di aver riconosciuto le ragioni degli altri non ha affatto aiutato. Oslo non è stato solo un fallimento sul terreno, ma anche un errore di relazioni pubbliche; il ritiro da Gaza e dal Libano hanno fatto peggio: non c'è niente di più soddisfacente di odiare qualcuno che si mostra debole e ammette implicitamente col suo comportamento di aver sbagliato.

Conclusione: la situazione è molto brutta e rischia seriamente di avvitarsi su se stessa. In un momento in cui rischia di scoppiare una guerra vera e assai difficile, contro l'intero asse del male (Iran, Siria, i terroristi, magari anche la Turchia), e in cui la presidenza americana è di un nemico (non siamo ipocriti, Obama è un nemico) Israele rischia di trovarsi completamente sola nel mondo. Dal mio punto di vista, questo richiede più lavoro, più impegno, più determinazione a lottare per Israele. Spero che voi la sentiate come me.

Ugo Volli


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