Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 27/04/2010, a pag. 16, l'articolo di Aldo Baquis dal titolo " Israele, prove di disgelo con Obama e i palestinesi ".
Così come richiesto dal presidente Barack Obama, i nuovi progetti edili ebraici a Gerusalemme est si stanno discretamente arenando. In pubblico il premier Benjamin Netanyahu nega tutto e resta inchiodato alle posizioni ufficiali. «Per noi Gerusalemme riveste un interesse strategico, non accettiamo limitazioni di alcun genere» ha ribadito anche ieri ai parlamentari del Likud, resi inquieti da rivelazioni apparse sul quotidiano Maariv. Fra queste, che sulla spinosa questione di Gerusalemme est Obama e Netanyahu hanno concordato un gioco della parti: un tacito congelamento di tutti i cantieri (fatta eccezione per il progetto dell’ex Hotel Sheperd, in qualità di «foglia di fico»), accompagnato da categoriche smentite pubbliche di Netanyahu, ad uso interno.
A chi credere adesso, si sono chiesti i deputati del Likud? Dall’ufficio del presidente Shimon Peres Maariv ha già appreso che il congelamento dei progetti edili a Gerusalemme est ha persino avuto la «benedizione» - anch’essa tacita e pubblicamente smentita - del leader del partito ortodosso Shas, il vetusto rabbino Ovadia Yossef.
Impegnato in un’aspra battaglia per garantirsi il controllo del Comitato centrale del Likud nell’imminenza di una critica riunione, Netanyahu si sforza di placare i timori dei compagni e di garantire che non ha fatto cessioni politiche al mediatore statunitense George Mitchell, che cerca di avviare al più presto negoziati indiretti fra Israele e Anp.
Ieri Netanyahu ha tuttavia ammesso a mezza bocca di aver accettato un’altra richiesta di Obama, finora indigesta per Israele: ossia che nei negoziati indiretti siano affrontati anche i nodi centrali del conflitto con i palestinesi. Gli Stati Uniti hanno fretta di partire con i «proximity talks» israelo-palestinesi, e così pure Netanyahu. Abu Mazen resta incerto, chiede lumi alla Lega araba. In una intervista alla tv israeliana Abu Mazen ha comunque espresso fiducia che i negoziati inzieranno presto: sui confini e sulla smilitirazzazione del futuro Stato palestinese, ha lasciato intendere, esiste margine di manovra,
Per spronarlo a rompere gli indugi, Israele ha lanciato intanto un ardito ballon d’essai: la prospettiva di proclamare subito uno Stato palestinese provvisorio su buona parte della Cisgiordania. Peres e il ministro della Difesa Ehud Barak la trovano una buona idea, mentre Abu Mazen la aborrisce. Netanyahu è titubante: ma se il ballon d’essai riuscisse a mettere fretta all’Anp, sarebbe il benvenuto.
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