Riportiamo dall'ESPRESSO n° 17 del 23/04/2010, a pag. 73, l'articolo dal titolo " L'onda nera ".
L'articolo di Gigi Riva è una panoramica dei politici antisemiti e negazionisti dell'Europa del 2010.
Non è ben chiaro per quale motivo Riva inserisca in questo campionario antisemita Geert Wilders, il quale viene classificato come islamofobo e xenofobo. Un giudizio scorretto, dal momento che non è l'islam ad essere vittima di Wilders, ma l'esatto opposto. Wilders, per il solo fatto di aver girato il cortometraggio Fitna, nel quale denuncia le violenze dell'islam in Europa, è costretto a vivere sotto scorta, non è il benvenuto in diversi Paesi del mondo (tra i quali la Gran Bretagna che, lo scorso anno, gli aveva vietato il visto d'ingresso).
Al solito in Europa, non è possibile muovere delle critiche all'islam e al fondamentalismo islamico. In nome del politicamente corretto è meglio tacere, far finta di non vedere la progressiva trasformazione dell'Europa in Eurabia. Chi osa andare contro questo modello viene additato come razzista islamofobo.
Dopo essersi dilungato sulla presunta islamofobia di Wilders, Riva scrive : " La passione per Israele nacque dopo l'esame di maturità durante un viaggio che doveva essere di pochi giorni e si trasformò in un soggiorno di due anni in un kibbutz. Da allora è tornato nello Stato ebraico 40 volte e ama ripetere: "Israele è in prima linea sul nostro fronte orientale".". Amare Israele equivale ad essere islamofobi? Probabilmente per Riva sì, dal momento che accosta le due cose nel paragrafo dedicato a Wilders. Non è possibile amare Israele perchè è una democrazia che assomiglia all'Occidente molto più di tutti gli altri Paesi del Medio Oriente?
Come scrive Riva, l'affetto di Geert Wilders per Israele è dovuto alla conoscenza. Wilders è vissuto in Israele. Ha sperimentato la vita in un kibbutz, conosce la democrazia israeliana, contrariamente a molti dei suoi odiatori, che blaterano per sentito dire. Riva, che trova tanto disdicevole il fatto che Wilders preferisca l'unica democrazia mediorientale alle dittature islamiche limitrofe, è mai stato in Israele?
Ecco l'articolo:
Geert Wilders
Xenofobi, nazionalisti estremi, fascisti, antisemiti e, in qualche caso, dichiaratamente neonazisti. Nemmeno fosse quella di un vulcano, c'è una nube nera che sta dilagando sull'Europa e sta pesantemente colorando le elezioni di questa primavera nel Continente. È partita dall'Ungheria e sta per essere avvistata nella gemella Austria dell'ex Impero. Per le previsioni penetrerà pesantemente in Olanda e toccherà parte del Regno Unito. È spinta da leader che non si vergognano di usare slogan e programmi indicibili sino a ieri. Ancora non fanno maggioranza, ma raccolgono percentuali a due cifre, anche sopra il 20 per cento, e sono in grado di condizionare i governi. Senza contare il fatto che hanno spinto le destre moderate a farsi più radicali per non pedere la base di consenso.
Barbara Rosenkranz è l'emblema dell'onda che avanza. Appena candidata alle presidenziali austriache del prossimo 25 aprile dal Partito della libertà (Fpö) che fu di Joerg Haider, ha subito proposto l'abolizione della legge che vieta l'apologia e il ripristino del nazismo. Le polemiche che ne sono seguite l'hanno costretta a una tortuosa e insincera retromarcia se comunque si è attestata sulla linea per la quale "a tutti dovrebbe essere garantita libertà di opinione". Costretta a firmare pubblicamente una dichiarazione di abiura "dell'ideologia del nazionalsocialismo e dei suoi crimini", non ha mai rinnegato le sue radicate convinzioni. La Shoah? "Ne so solo quello che c'era sui libri di scuola tra il 1964 e il 1976": due striminzite paginette. E ha aggiunto: "Di più non so né voglio saperne". Da negazionista, ha dubbi sulla presenza delle camere a gas nei campi di concentramento. Imbarazzante, nella patria che ha dato i natali ad Adolf Hitler? Niente affatto se il quotidiano 'Kröne Zeitung', fra i più diffusi, ha consigliato i lettori di votare per Barbara, "la nostra mamma nazionale". Lei, 51 anni, prima di entrare in politica attivamente, ha dato dieci figli alla nazione (sei femmine e quattro maschi) e li ha battezzati coi nomi della tradizione nibelunga, Edda, Hildrun, Wolf e Sonnhild, e così si è giustificata: "Non tutti possono chiamarsi Kevin". Il marito Horst Jakob ha condiviso. Per la coppia, la politica è un elemento di unione. Lui ha militato in vari partiti neonazisti e oggi è l'editore di 'Fakten', rivista dell'estrema destra. Lei ha riversato tutto il suo credo in un libro 'MenschInnen' dove se la prende con le donne in carriera, si schiera contro l'aborto e rifiuta ogni forma di riconoscimento per le coppie omosessuali. Sempre in prima fila nelle proteste se la polizia di Vienna assume un turco (gli stranieri sono il 10 per cento della popolazione), preoccupata perché la sua amata Bassa Austria "è ormai una piccola Ankara che si riempie di minareti e moschee", la Rosenkranz è anche molto anti-europea "a causa della burocrazia della Ue". La comunità ebraica viennese la definisce 'Kellernazi', nazista da scantinato. L'arcivescovo della capitale Christoph Schönborn ha bollato come "riti pagani" le 'Sonnwend Feiern', le cerimonie con cui celebra ogni anno l'arrivo dell'estate nella sua villetta di Seebarn. Migliaia di viennesi hanno reagito alla sua candidatura accendendo un mare di candele per la "festa delle luci contro la Rosenkranz". Nonostante questo il suo partito ha investito milioni di euro per la campagna elettorale e i sondaggi la danno oltre il 20 per cento, oltre il 30 se la partecipazione sarà scarsa.
Un negazionista è anche Nick Griffin, 51 anni, una laurea a Cambridge, leader del fascistisssimo British National Party, quarto incomodo delle elezioni inglesi del 6 maggio dove il sistema uninominale gli impedirà un massiccio ingresso in Parlamento ma sta mietendo voti nelle periferie degradate cavalcando il tema dell'immigrazione. Lo stesso che sta determinando, poco lontano, le fortune di Geert Wilders, 46 anni, l'uomo che ha permesso il pubblico sfogo della latente xenofobia degli olandesi. Soprannominato 'Mozart' o 'Capitan Perossido' per la sua capigliatura vaporosa e ossigenata ("La più famosa chioma bionda dopo Marilyn Monroe", nell'esagerazione della radio nazionale), Wilders ha dato libero sfogo al suo furore anti-Islam col cortometraggio 'Fitna' che gli è valso una condanna a morte di Al Qaeda, una citazione a giudizio in Giordania, l'espulsione dal Regno Unito e dalla città tedesca di Monschau, dove era recentemente in vacanza, come "persona non gradita". Vive sotto scorta dal 2004, quando l'intelligence olandese fermò due terroristi che stavano preparando un attentato contro di lui. Non dorme due notti nello stesso letto e anche la moglie, una ex diplomatica ungaro-olandese, lo vede una volta la settimana. Il rapper di Rotterdam Mosheb gli ha dedicato la canzone 'Wie iz de Volgende' (Chi è il prossimo) in cui sarebbe contenuto l'invito a farlo fuori e per questo il tribunale l'ha condannato a 80 ore di lavori socialmente utili. Wilders ha confessato alla tv danese che vorrebbe una "deportazione di massa" degli islamici, considera il Corano un libro "fascista" e Maometto "il diavolo". Gli immigrati sono "il cavallo di Troia dell'Islam in Europa", la cui civiltà "rischia l'estinzione". Tanta acredine sarebbe dovuta a un'aggressione subita a Utrecht alla fine degli anni Novanta in un quartiere in gran parte popolato da stranieri. Un'antropologa che ha studiato il suo albero genealogico gli attribuisce antenati musulmani. Da qui la spiegazione psicologica del suo estremismo: vorrebbe cancellare quelle radici. Il suo Partito per la libertà (Pvv) è una Fondazione di cui è l'unico iscritto. Si finanzia grazie alle donazioni di organizzazioni di estrema destra americane e israeliane e nelle sue liste per le elezioni parlamentari del 9 giugno (potrebbe arrivare al 20 per cento, dopo aver trionfato alle amministrative di marzo ad Almere, quartiere dormitorio di Amsterdam, e all'Aja) figura anche il portavoce del Likud in Olanda. La passione per Israele nacque dopo l'esame di maturità durante un viaggio che doveva essere di pochi giorni e si trasformò in un soggiorno di due anni in un kibbutz. Da allora è tornato nello Stato ebraico 40 volte e ama ripetere: "Israele è in prima linea sul nostro fronte orientale".
Per dire come le parentele sono complicate nell'estrema destra, basta segnare la distanza tra Wilders e i fascisti dello Jobbik (Movimento per un'Ungheria migliore) che alle recenti politiche hanno fatto segnare un clamoroso 16,7 per cento. Se il leader riconosciuto è Gàbor Vona, 31 anni, fondatore della Magyar Gàrda, struttura paramilitare dichiarata fuorilegge, ma che continua a sfilare per le vie di Budapest e a terrorizzare le minoranze soprattutto zingare, la pasionaria dell'organizzazione è l'avvocatessa europarlamentare Krisztina Morvai, 46 anni, una borsa di studio al King's College britannico ricevuto personalmente da Margaret Thatcher e un passato da insegnante all'università del Wisconsin. Si è battuta contro la prostituzione e a favore dei diritti degli ammalati di Aids. Uguale tenacia mette nella sua crociata contro Israele perché "non rispetta i diritti umani nei Territori palestinesi". Pensa che la presenza degli ebrei sia nefasta per la sua nazione e non ne fa mistero. A chi la rimprovera risponde: "Sarei contenta se coloro che si definiscono fieri ebrei ungheresi se ne andassero a giocare con i loro piccoli peni circoncisi invece di insultare me". La nuova-vecchia Europa antisemita.
Per inviare la propria opinione all'Espresso, cliccare sull'e-mail sottostante