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La Stampa Rassegna Stampa
25.04.2010 Elezioni in Austria: il pericolo neonazi
La cronaca di Marina Verna

Testata: La Stampa
Data: 25 aprile 2010
Pagina: 13
Autore: Marina Verna
Titolo: «La supermamma neonazi vuole la presidenza austriaca»

Dopo l'Ungheria, anche in Austria tornano i fantasmi dell'estrema destra nazista. Oggi si vota, e Barbara Rosenkranz, leader del partito che fu di Jorg Haider, si presenta apertamente con un programma nostalgico verso il passato regime di Hitler. Curiosamente, il partito che la candida si chiama liberal-nazionale, anche se di liberale non ha nulla. Nel suo programma è inclusa una componente anti-islamica, che si propone di impedire la costruzione di moschee. Difendere la democrazia da posizioni liberali, e quindi opporsi al fondamentalismo islamico, che viene diffuso dalla funzione politica delle moschee, è ben diverso dall'assumere posizioni xenofobe tout court. Come ha dimostrato il referendum svizzero che ha impedito la costruzione di nuovi minareti.
Riprendiamo da LA STAMPA di oggi, 25/04/2010, a pag. 13, la cronaca di Marina Verna, dal titolo: "La supermamma neonazi vuole la presidenza austriaca".


Barbara Rosenkranz

Avrebbe voluto essere la Madre della Patria: con dieci figli e il motto «coraggio, nazione e famiglia», Barbara Rosenkranz si sentiva predestinata al ruolo. Ma l’Austria, che oggi vota il suo capo di Stato, si riaffiderà a chi già occupa gli uffici della Hofburg, il presidente uscente Heinz Fischer, 71 anni, detto «il rosso» perché socialdemocratico. Nei sondaggi viaggia al 70-80 per cento, mentre Rosenkranz - «la macchina da figli» ma anche «il ratto nazista» - in due mesi di campagna elettorale per la Fpö, il partito dei liberalnazionali che fu di Haider, ha perso un terzo dei consensi e viene data al 15 per cento.
L’estrema destra, in Austria, riserva sempre sorprese. Così, 24 anni dopo la nomina a presidente di Kurt Waldheim, che aveva nascosto il suo passato nella Wehrmacht, e dieci anni dopo il controverso ingresso della Fpö nel governo federale, tornano i fantasmi nazisti. Questa volta si incarnano in una signora cinquantenne, di buona cultura - maturità classica, studi di filosofia all’Università di Vienna - che si definisce «casalinga» e antifemminista anche se da quasi vent’anni fa politica attiva e, tra stipendio e diaria di deputata, guadagna più del marito. Veste spesso il costume nazionale, ha chiamato i figli con nomi tratti dalla mitologia germanica - Volker, Hedda, Hildrum, Arne, Wolf - e il cane con il nome in codice dell’offensiva tedesca delle Ardenne, Greif. Ogni anno, il 21 giugno, organizza con il marito la festa del solstizio d’estate, una tradizione pagana ereditata dal nazionalsocialismo, dove si celebrano «le famiglie sane, forti e numerose» e si dice che lei canti inni studenteschi nazisti. Perché sempre lì tornano i suoi pensieri e la sua azione. Tanto che il fulcro della sua battaglia politica è l’abolizione di quella legge del 1947 che vieta l’apologia e il ritorno del nazismo e lei considera «eccessiva, imprecisa e anticostituzionale perché contro la libertà di parola e opinione».
Ovviamente sta anche dalla parte dei negazionisti, con questa motivazione: «Le camere a gas? La mia conoscenza della storia è quella di una persona che è andata a scuola in Austria tra il 1964 e il 1976, quando le lezioni di storia si fermavano al 1918». E’ stata questa la frase che a metà campagna elettorale l’ha fatta capitombolare, costringendola a una dichiarazione giurata da un notaio, in cui assicurava di non avere mai avuto simpatie naziste. Quanto all’ingombrante marito Horst Rosenkranz - fondatore di un partito neonazi poi sciolto e ora direttore della rivista xenofoba Fakten - lei ha preso le distanze ideologiche da lui con questo cavillo: «Si può vivere un buon matrimonio senza dover essere per forza sempre della stessa idea».
Ma era ormai troppo tardi. Persino la potente Kronenzeitung, il giornale popolare letto da un austriaco su tre, che fino a quel momento l’aveva appoggiata in odio a Fischer per la sua firma al Trattato di Lisbona, ha smesso di sostenerla: non certo per ragioni ideologiche - Rosenkranz è tanto antieuropeista da essere stata l’unico deputato austriaco a non firmare il trattato sul funzionamento della nuova Ue - quanto per la ribellione di giornalisti e inserzionisti, allergici ai valori di Mamma-nazi.
Dunque, anche questa volta l’Austria ha reagito a viso aperto, tornando in piazza con una grande fiaccolata come aveva fatto nel 2000 contro Haider. Lanciata su Facebook da uno studente viennese con il motto «Ogni voto alla Rosenkranz è una vergogna per l’Austria», la manifestazione ha raccolto diecimila di persone - giovani, intellettuali, artisti, esponenti della comunità ebraica - che la sera del 26 marzo si sono presentate davanti alla Hofburg con una torcia in una mano e un fogliettino col nome di un ebreo morto nei lager nell’altra. E alle nove di sera uno squillo di tromba ha dato il segnale dell’accensione.
Anche la Chiesa ha preso le distanze, con un esplicito invito dell’arcivescovo di Vienna, il cardinale Schön-born, a non votarla: anni fa abbandonò pubblicamente la chiesa cattolica e non ha mai fatto battezzare i suoi figli. Rosenkranz, la corona di rose, sembra in realtà una corona di spine.

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