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Il Sole 24 Ore Rassegna Stampa
23.04.2010 Un articolo contro il divieto del burqa che offende le donne
Anche se a scriverlo è stata una donna

Testata: Il Sole 24 Ore
Data: 23 aprile 2010
Pagina: 16
Autore: Karima Moual
Titolo: «Sul burqa niente veli (d'ipocrisia)»

Riportiamo dal SOLE 24 ORE di oggi, 23/04/2010, a pag. 16, l'articolo di Karima Moual dal titolo " Sul burqa niente veli (d'ipocrisia) ".

Nella prima parte dell'articolo, Karima Moual nega che il burqa sia un problema delle donne islamiche immigrate in Occidente : " Ma quante sono queste donne che portano il niqab e burqa? Non c'è già una legge chiara in materia, che chiarisce bene come il volto delle persone deve essere riconoscibile in luogo pubblico? Sì. E allora di cosa stiamo discutendo? Del nulla". Se anche fosse costretta a portarlo una donna soltanto (cosa che non è), sarebbe necessario prendere provvedimenti al riguardo.
I diritti umani devono essere garantiti a tutti. E la parità dei sessi è uno di questi.
Moual continua : "
Il burqa così come il niqab in realtà invade ormai da anni il nostro immaginario, non perché lo abbiamo incontrato personalmente, indossato dalla nostra vicina di casa piuttosto che da una sconosciuta,ma perché è l'immagine- simbolo, che i media "orientalizzanti" più volentieri scelgono come sfondo a un reportage sui temi riguardanti l'Islam". Insomma, la storia del burqa sarebbe un'invenzione dei media islamofobi?
Il fatto che non se ne vedano a migliaia per strada non rende il problema meno grave. Il burqa, come scrive anche Karima Moual, è un simbolo di segregazione, discriminazione, umiliazione della donna. Non ha niente a che vedere con le democrazie occidentali. Ed è pacifico che un immigrato accetti gli usi e i costumi del nuovo Stato in cui vive. Per questo il burqa va estirpato.
Moual scrive : "
Bisogna essere per le scelte delle donne. Che partano dalle donne. Così come bisogna credere nell'intelligenza delle donne e dare loro gli strumenti quali la cultura e il tempo per capire, interpretare e scegliere loro stesse cosa è giusto o meno per loro". Sul fatto che ci sia una minoranza di neoconvertite fanatiche che si mettono il burqa di loro spontanea volontà, non abbiamo niente da scrivere. Ma ritenere che la maggioranza delle donne islamiche col burqa lo metta per libera scelta, che sia solo poco acculturata è assurdo, sessista e razzista. Moual conclude l'articolo con  queste parole  : "Questo è quello che si meritano: forza e coraggio, non qualcuno che ancora una volta gli vieti, senza dare loro la possibilità di capire. Questo è come violentarle ancora una volta, come corpi, come menti e come persone.". Forza e coraggio sarebbero il permesso accordato al marito/fratello/cugino di turno di nasconderle sotto a un burqa? Permettere che vengano segregate anche in Occidente? Negare loro la possibilità di vivere in democrazia?
L'ultima riga ha dell'incredibile: a segregare la donna non sarebbe chi le impone il burqa, ma chi cerca di vietarlo...
Ecco l'articolo:


Karima Moual

In Belgio (crisi di governo a parte) Francia e a seguire in Italia, pare che i problemi dell'immigrazione siano il burqa indossato da qualche risicata minoranza di donne musulmane (in Francia se ne contano circa 1.900). Le proposte di legge che prevedono il divieto d'indossare il velo integrale in pubblico, se approvate, rappresenterebbero senz'altro un evento storico in sé, sulla nuova percezione europea della libertà individuale.
Come ho già dichiarato in un'altra occasione, per me una donna col burqa è una donna che non esiste. Se è Dio che l'ha creata, è assurdo che voglia annullarla. Non vederne il volto è come annullarne l'esistenza.
È senza alcuna ombra di dubbio che il burqa e il niqab siano simboli di sottomissione, a un uomo o a un Dio, che siano volontarie o meno, che possiamo condividere o non. Ma quante sono queste donne che portano il niqab e burqa? Non c'è già una legge chiara in materia, che chiarisce bene come il volto delle persone deve essere riconoscibile in luogo pubblico? Sì. E allora di cosa stiamo discutendo? Del nulla.
Ennesimo falso problema messo sul tavolo, per non prendere coraggio e affrontare i problemi veri dell'immigrazione in Europa che attendono ancora risposte.
Ecco perché credo che in realtà questo dibattito sul burqa non sia altro che un burqa per coprire e non affrontare i veri problemi sull'immigrazione. E questo è il primo punto. Il burqa così come il niqab in realtà invade ormai da anni il nostro immaginario, non perché lo abbiamo incontrato personalmente, indossato dalla nostra vicina di casa piuttosto che da una sconosciuta,ma perché è l'immagine- simbolo, che i media "orientalizzanti" più volentieri scelgono come sfondo a un reportage sui temi riguardanti l'Islam piuttosto che la foto in prima pagina sui giornali, da riporto, sempre all'articolo in tema Islam.
Perché? Mediaticamente è forte, fa scena, incuriosisce e soprattutto ricostruisce ancora una volta l'immagine prefabbricata nella mente del telespettatore occidentale, del musulmano patriarca. Non a caso, nei manifesti per il referendum contro i minareti in Svizzera, era più la figura della donna con il niqab nero che i minareti a essere messa in rilievo. Quelle immagini forti, ci ricordano i talebani, la guerra, il terrorismo. È efficace, fa paura, e si è visto com'è andato il referendum. Una vittoria clamorosa.
Vietare però con una legge alle donne che portano il burqa d'indossarlo e rendere la vita impossibile a quelle che portano il solo velo islamico, è facile. Ma è poco ambizioso, poco coraggioso e soprattutto illiberale. Bisogna essere per le scelte delle donne. Che partano dalle donne. Così come bisogna credere nell'intelligenza delle donne e dare loro gli strumenti quali la cultura e il tempo per capire, interpretare e scegliere loro stesse cosa è giusto o meno per loro. Solo attraverso un'investimento nella cultura e nella conoscenza possono essere libere e consapevoli delle loro scelte. Cos'è religioso, culturale e identitario per loro. Cosa rappresentano velo, burqa o niqab. Qualcosa o semplicemente un niente di cui liberarsene. Lasciarle libere di guardarsi allo specchio.
Questo è quello che si meritano: forza e coraggio, non qualcuno che ancora una volta gli vieti, senza dare loro la possibilità di capire. Questo è come violentarle ancora una volta, come corpi, come menti e come persone.

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