Sergio Romano e Pino Arlacchi difendono Emergency Te pareva!
Testata:Corriere della Sera - L'Unità Autore: Sergio Romano - Umberto De Giovannangeli Titolo: «Il buon lavoro di Emergency, ma non è la Croce Rossa - Un depistaggio la provocazione contro gli operatori italiani»
Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 22/04/2010, a pag. 55, la risposta di Sergio Romano ad un lettore dal titolo " Il buon lavoro di Emergency, ma non è la Croce Rossa ". Dall'UNITA', a pag. 31, l'intervista di Umberto De Giovannangeli a Pino Arlacchi dal titolo " Un depistaggio la provocazione contro gli operatori italiani ".
Pino Arlacchi e Sergio Romano sposano la tesi complottista secondo la quale le accuse ad Emergency non sarebbero altro che una manovra per cacciare la Ong di Strada dall'Afghanistan. Una tesi che denota più che altro come sia impossibile muovere qualunque critica a Emergency. Arlacchi prende le difese di Strada e della sua Ong a prescindere, già dalle prime dichiarazioni contenute nell'intervista. Romano, invece, lo fa in maniera più nascosta, alla fine della lettera, quando scrive, riferendosi a Strada e ad Emergency, " È fedele alle proprie convinzioni, ma non ha soltanto amici e simpatizzanti. Ha anche, inevitabilmente, qualche nemico. ". Ecco i due articoli:
CORRIERE della SERA - Sergio Romano : " Il buon lavoro di Emergency, ma non è la Croce Rossa "
Sergio Romano
Mi sembra di ricordare che in Afghanistan esistano altre Ong e operatori umanitari che hanno fondato presidi medici, ospedali, ecc. — tra questi anche Alberto Cairo — di cui non si sente mai parlare. Sempre e solo Emergency, cui riconosco senz’altro grandi meriti. Forse si è mischiata troppo la politica con l’azione umanitaria?
Anna Maria Villa annamariavilla@ymail.com
Cara signora,
Di Alberto Cairo, citato anche da Pierluigi Battista sul Corriere del 19 aprile, posso ricordare che ha diretto per molti anni gli ospedali di Wazir Akbar Khan e Karte Seh, aperti a Kabul dal Comitato internazionale della Croce Rossa per la riabilitazione fisica e per i programmi di rieducazione delle vittime di guerra e in particolare delle mine terrestri anti uomo. Grazie a questa attività ebbe nel 1996, insieme al Comitato internazionale, il premio della Fondazione Balzan per l’umanità, la pace e la fratellanza dei popoli. Ha tenuto da allora occasionalmente, per la Repubblica, un diario da Kabul in cui ha raccontato, con uno stile semplice e dimesso, la vita quotidiana di un operatore umanitario che ha lavorato per un Paese dove si combatte ininterrottamente dal dicembre 1979 e dove gode di unanime considerazione. Lo stile di Emergency è alquanto diverso. L’organizzazione di Gino Strada è per molti aspetti una costola del 1968. Da quella «scuola» di formazione e contestazione non uscirono soltanto i militanti politici e i gruppi terroristici degli anni Settanta e Ottanta. Qualcuno scelse di condurre una battaglia ambientalista, altri scelsero l’impegno umanitario. Ma ciascuno di questi due gruppi portò con sé nella sua attività lo spirito anti capitalista e anti imperialista che fu la filosofia del ’68. È questa la ragione per cui i Verdi italiani, a differenza di quelli di altri Paesi, si sono spesso collocati fra i gruppi della sinistra radicale. È questa la ragione per cui Emergency è alquanto diversa dalle più antiche e collaudate organizzazioni umanitarie. Queste si ispirano al modello della Croce Rossa internazionale e hanno adottato, per meglio operare, il criterio della più stretta neutralità. Sono composte da uomini e donne che hanno certamente le loro convinzioni, ma ritengono che il modo migliore per aiutare le vittime di un conflitto sia quello di essere, per quanto possibile, amici (o almeno non nemici) di tutti i contendenti. Lo stile della Croce Rossa impone un certo numero di obblighi e cautele, fra cui quello di evitare manifestazioni di simpatia o coinvolgimenti con interlocutori controversi. Ma permette di ottenere, sui tempi lunghi, i risultati migliori. Emergency ha adottato un’altra linea e un altro stile. È fedele alle proprie convinzioni, ma non ha soltanto amici e simpatizzanti. Ha anche, inevitabilmente, qualche nemico.
L'UNITA' - Umberto De Giovannangeli : " Un depistaggio la provocazione contro gli operatori italiani "
Pino Arlacchi
L’obiettivo è sempre stato la chiusura dell’ospedale di Lashkar-Gah gestito da Emercency. L’arresto degli operatori italiani è parte diuna spregiudicata operazione di depistaggio costruita ad arte per sviare l’attenzione dal reale obiettivo di coloro che non vogliono avere in Helmand un testimone scomodo.Scomodoperché può raccontare del fallimento in atto di uno dei pilastri della nuova strategia americana ideata dal generale Stanley McCrystal (comandante delle truppe alleate in Afghanistan, ndr)». A sostenerlo è Pino Arlacchi, vice presidente della delegazione del Parlamento europeo sull’Afghanistan. La chiusura dell’ospedale di Lashkar-Gah.Eraquestoilveroobiettivo dell’attacco a Emergency? «Sì, e l’ho sostenuto sin dal primo momento. La provocazione contro gli operatori italiani serviva per depistare. Una provocazione messa in atto contro i cittadini di un Paese che contribuisce in modo decisivo alla sicurezza dell’Afghanistan. Purtroppobuona parte della stampa italiana ha seguito questa strada abboccando all’amo della strategia di depistaggio che è stata messa in piedi dai professionisti che hanno architettato tutta l’operazione. Si è dato credito a storie vecchie, senza costrutto ritirando fuori i rapimenti di Mastrogiacomo e Torsello. Questo depistaggio è riuscito a mettere nell’ombra la vera storia...». Quale storia? «Il fatto che in una zona di guerra dove ci sono 15mila soldati Isaf che combattono la guerriglia talebana è evidente che non si può muovere foglia senza che le potenze occupanti non vogliano. Il paradosso è che tra queste potenze c’è anche l’Italia.Montare un’operazione come questa contro cittadini italiani, richiede una notevole sfrontatezza. Chi lo ha fatto sapeva che la debolezza internazionale dell’Italia in questo momento, poteva far sperare in una reazione debole, sfocata, come in effetti è stata all’inizio quella del ministro Frattini e del Governo. L’operazione era azzardata ma non campata in aria: approfittare della debolezza italiana per centrare l’obiettivo di togliere di mezzo sia un centro di cura di feriti «senza colore», sia un centro di testimonianze sulle tante vittime civili della guerra. Ma c’è una cosa che le teste dell’intelligence che avevano ideato l’operazione non avevano messo in conto... ». Cosa non avevano messo in conto? «Non avevano calcolato la reazione forte, a sostegno di Emergency, dell’opinione pubblica italiana. Loro pensavano che un Governo debole e screditatocome quello italiano sarebbe rimasto zitto e sconfessasse, come è stato all’inizio, gli operatori di Emergency bollandoli come estremisti o peggio ancora... Ma la reazione dell’opinione pubblica è stata molto forte e questohacostretto il Governo a modificare rapidamente il suo atteggiamento, a darsi da fare e chiedere conto, soprattutto attraverso i canali militari, di un’operazione inaccettabile, non tollerabile : arrestare cittadini italiani senza neanche informarci, come fosse un’operazione clandestina... Alla fine gli operatori sono stati liberati, ma il vero obiettivo è stato raggiunto: chiudere l’ospedale di Lashkar-Gah...». Si dice: testimoni scomodi. Per chi e per cosa? «In Afghanistan è in atto una strategia politica e militare, quella del generale McCrystal, che è basata sull’azzeramento delle vittime civili. Questa strategia è fondata sull’assunto che il successo non è misurabile dal numero degli insorti uccisio incarcerati,madalla quantità di gente afghana che portiamodalla nostra parte. E quindi azzerare le vittime civili, aiuti, controllo del territorio... Helmand è unbanco di prova di questa strategia che sembra non funzionare. La loro paura è che venisse fuori il crollo di un pilastro della strategia di McCrystal: quello di non avere vittime civili. Di questo Emergency è un testimone scomodo. Da neutralizzare».
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