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La Stampa Rassegna Stampa
21.04.2010 Ecco il governo 'filo occidentale' di Hariri in Libano
Armi a Hezbollah, riavvicinamento alla Siria, accuse contro Israele. L'intervista di Emanuele Novazio

Testata: La Stampa
Data: 21 aprile 2010
Pagina: 12
Autore: Emanuele Novazio
Titolo: «Israele non vuole la pace»

Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 21/04/2010, a pag. 12, l'intervista di Emanuele Novazio a Saad Hariri dal titolo " Israele non vuole la pace ".

Nel corso dell'intervista, Saad Hariri, arriva a sostenere che non sono i missili di Hezbollaha a minacciare Israele, ma il contrario. Che se non c'è pace in Medio Oriente l'unico responsabile è Israele. Che non è vero che la Siria ha fornito missili Scud a Hezbollah (" Sta dicendo che in Libano non arrivano armi dall’esterno?
«No, dico che le accuse di Israele sugli Scud sono false. ". Quindi non si tratterebbe di missili scud, ma le armi per Hezbollah arrivano comunque).
Hariri, riguardo alle concessione fatte ad Hezbollah per quanto riguarda le armi, dichiara : "
reciproca comprensione: il Libano è un Paese diviso politicamente e confessionalmente, e solo col dialogo le conseguenze di queste divisioni saranno superate. Hezbollah ha vinto le elezioni nel Sud, si è conquistata una credibilità popolare: la democrazia è anche questo. Possiamo non essere d’accordo su strategie e politica, ma la soluzione è soltanto nel dialogo". Democrazia è permettere ad un movimento come Hezbollah di armarsi contro Israele, col rischio di scatenare una nuova guerra?
Quando Novazio gli fa notare che, contrariamente all'Iran, Israele non ha mai minacciato di cancellare un altro Stato dalle carte geografiche, Hariri risponde : "
Netanyahu ha detto che in un prossimo conflitto contro il Libano distruggerà tutte le infrastrutture, l’intero governo, l’esercito. Non c’è molta differenza con quanto ha detto Ahmadinejad su Israele". La differenza c'è, eccome. Le dichiarazioni di Netanyahu sono una risposta al riarmo di Hezbollah e descrivono la reazione che ci sarà se arriveranno missili dal Libano. E' normale che un Paese difenda i propri cittadini e non c'è niente di male nel ricordarlo ai potenziali aggressori, specie se hanno fra le mani dei missili. I missili lanciati da Hezbollah non distruggono case e scuole, non ammazzano la gente?
Ahmadinejad, invece, vuole distruggere Israele in quanto tale. L'Iran non è minacciato da Israele, ma il contrario. Per questo il programma nucleare va bloccato.
Ecco l'intervista:


«Le minacce contro il Libano aumentano, e gli ostacoli alla pace cresceranno ogni giorno in cui non saremo capaci di ottenere la fine di un conflitto che dura da 63 anni». E’ il messaggio che Saad Hariri - premier libanese dal 2009, costruttore miliardario ed erede di una fra le più potenti dinastie della regione - ha portato agli ospiti italiani nelle 24 ore del suo soggiorno romano, durante il quale ha festeggiato i 40 anni: Giorgio Napolitano e Silvio Berlusconi (che gli ha garantito di mantenere le truppe italiane in ambito Unifil), Gianfranco Fini, Renato Schifani e Piero Fassino, responsabile Pd per la politica estera.
Lei accusa Israele di preparare un’altra guerra contro il Libano, ma Israele accusa il Libano di tollerare il riarmo di Hezbollah, il «partito di Dio» la cui ala militare è considerata terrorista da buona parte della comunità internazionale. L’intelligence israeliana sostiene che armi iraniane arrivano attraverso la Siria e, di recente, anche i potenti missili Scud sono stati forniti direttamente da Damasco.
«Queste accuse ricordano quel che si disse delle armi di distruzione di massa di Saddam Hussein: non sono mai state trovate, non esistevano. Israele sta tentando di riprodurre lo stesso scenario per il Libano. Le voci sugli Scud sono soltanto un pretesto per minacciare il mio Paese».
Sta dicendo che in Libano non arrivano armi dall’esterno?
«No, dico che le accuse di Israele sugli Scud sono false. Perchè non consideriamo piuttosto l’atteggiamento di Israele nei confronti del processo di pace? Rema contro. Un giorno concorda con gli Stati Uniti sulla necessità dei “proximity talks” (negoziati indiretti, ndr), il giorno dopo si tira indietro e aumenta gli insediamenti nei territori occupati. Il problema vero è che Israele non vuole dare ai palestinesi la terra nè riconoscere la soluzione dei due Stati. Israele deve prendere una decisione storica: rendersi conto che la soluzione del conflitto è politica».
Armi agli Hezbollah significa rafforzare il potere e la sfida degli sciiti finanziati dall’Iran. Una minaccia per lei, sunnita, e il suo governo. Non pensa di disarmarli?
«Sì, ma attraverso il dialogo fra libanesi. Non si tratta però solo di disarmo, ma di reciproca comprensione: il Libano è un Paese diviso politicamente e confessionalmente, e solo col dialogo le conseguenze di queste divisioni saranno superate. Hezbollah ha vinto le elezioni nel Sud, si è conquistata una credibilità popolare: la democrazia è anche questo. Possiamo non essere d’accordo su strategie e politica, ma la soluzione è soltanto nel dialogo».
Sui rapporti con la Siria continua a pesare l’assassinio di suo padre Rafiq, nel 2005.
«Un tribunale internazionale cerca di chiarirne le circostanze. Lasciamolo lavorare. Con la Siria abbiamo aperto una nuova pagina: io e Assad abbiamo deciso di lavorare insieme per migliorare le nostre relazioni nel rispetto della reciproca sovranità. Certo non ci si può aspettare che tutto cambi con un incontro, ma credo che ce la faremo».
Come voterete sulle sanzioni all’Iran?
«Ne discuteremo con la Lega araba. Ma qual è il vero problema? L’Iran sta cercando di sviluppare un programma nucleare, e forse non c’è chiarezza in proposito. Ma Israele ha oltre 200 testate atomiche, e si è rifiutato di andare a Washington alla conferenza sulla sicurezza nucleare».
Israele non ha mai minacciato di cancellare un altro Paese dalle carte geografiche, come ha fatto invece l’Iran di Ahmadinejad.
«Netanyahu ha detto che in un prossimo conflitto contro il Libano distruggerà tutte le infrastrutture, l’intero governo, l’esercito. Non c’è molta differenza con quanto ha detto Ahmadinejad su Israele».
L’Italia è il secondo partner commerciale del Libano dopo la Cina, ma il livello degli investimenti è molto basso. La Sace, che assicura gli investimenti italiani nel mondo, attribuisce al Libano il più alto livello di rischio, il 7°, a causa di un’instabilità che perdura nonostante il governo di unità nazionale che lei guida dal novembre scorso.
«Negli ultimi tre anni siamo cresciuti dell’8% e il debito è sceso del 40%. Siamo instabili politicamente ma la nostra economia è molto dinamica. Le imprese italiane vengano in Libano: il nostro è un Paese molto sexy dal punto di vista degli investimenti».

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