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Il Foglio Rassegna Stampa
20.04.2010 Ritratto di Job Cohen, antagonista di Geert Wilders alle prossime elezioni in Olanda
di Giulio Meotti

Testata: Il Foglio
Data: 20 aprile 2010
Pagina: 6
Autore: Giulio Meotti
Titolo: «Il sindaco liberal d'Olanda»

Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 20/04/2010, a pag. II, l'articolo di Giulio Meotti dal titolo " Il sindaco liberal d'Olanda ".


Job Cohen

Erano le 8.45 del mattino del 2 novembre 2004, quando il regista Theo van Gogh, noto polemista e autore di un film che denunciava la violenza dell’islam contro le donne e mostrava versetti del Corano scritti sui loro corpi, stava pedalando verso l’ufficio. Mohammed Bouyeri, un ragazzo di origine marocchina, gli sparò allo stomaco, gli incise la gola e gli piantò una lama nel petto. Su quel coltello era infilata una lettera: cinque pagine che invocavano la guerra santa contro i “sionisti e i crociati”. Il bersaglio principale era la deputata olandese e dissidente somala Ayaan Hirsi Ali, che aveva scritto con Van Gogh il cortometraggio “blasfemo”. Ma in cima alla lista dei nemici di Bouyeri c’erano anche l’“ebreo” Job Cohen, sindaco di Amsterdam, e Geert Wilders. Saranno proprio loro due che alle prossime elezioni di giugno si contenderanno la guida del governo dei Paesi Bassi, assieme allo storico partito dei cristiano- democratici. Wilders è il controverso e popolare leader del Partito per la libertà, Cohen è la nuova guida scelta per risollevare il leggendario Partito laburista. Proprio Ayaan Hirsi Ali aveva scritto una lettera molto dura contestando il modello di Cohen per l’integrazione degli immigrati musulmani: “Caro signor Cohen, lei ha commesso un grave e fondamentale errore affermando che le minoranze islamiche dei Paesi Bassi potrebbero integrarsi tramite la loro religione”. Hirsi Ali chiamò “sceicco Cohen” il sindaco di Amsterdam. Tutti si aspettavano che a guidare la sinistra olandese sarebbe stato Wouter Bos, il “Kennedy olandese” al quale è attribuita in gran parte la spettacolare rimonta (secondo i sondaggi) degli eredi di Wim Kok. Invece sarà questo grigio professore universitario che ha governato a lungo Amsterdam, cinquantaseienne alfiere della tolleranza e dell’integrazione forzata. Cohen nel 2001 officiò ad Amsterdam il primo matrimonio omosessuale al mondo. E se le urne premieranno i laburisti, passerà alla storia come il primo premier ebreo della storia olandese. Cohen viene da una famiglia patrizia ebraica di Amsterdam, i suoi nonni morirono nel campo di concentramento di Bergen- Belsen, lo stesso in cui trovò la morte Anna Frank nel marzo 1945. I genitori si salvarono nascondendosi durante l’occupazione nazista. A favore di Cohen va senz’altro il merito di aver valorizzato uno dei pochissimi politici musulmani minacciati di morte dai fondamentalisti, Ahmed Aboutaleb, assessore ad Amsterdam con Cohen e attualmente sindaco di Rotterdam, anche lui spesso minacciato di morte in questi anni. Aboutaleb nasce da una gaffe terribile. Pensando che il microfono fosse spento, il socialdemocratico Rob Oudkerk si avvicinò a Cohen e gli sussurrò qualcosa a proposito di “quegli sporchi marocchini”. Un colpo durissimo alla famosa tolleranza di sinistra. Cohen corse ai ripari chiamando Aboutaleb. Cohen è diventato sindaco nel gennaio 2001. Prima quindi dello schianto delle Torri Gemelle. Ha visto la sua città trasformarsi da icona della libertà in metropoli sospetta, intimidita furiosa per la crescita del fondamentalismo islamico. Senza dubbio il professore, noto per aver “razionalizzato” il quartiere a luci rosse della città e aver proposto al governo di legalizzare anche la coltivazione della cannabis, è riuscito a evitare che Amsterdam si trasformasse in una banlieue parigina infuocata, con moschee e scuole islamiche vandalizzate, morti, pestaggi e casi di razzismo. Uno studio della Fondazione Anna Frank contò 106 episodi di violenza in tutta l’Olanda dopo l’omicidio Van Gogh, ma ad Amsterdam la polizia ne censì uno. Per molti fu merito anche della politica di Cohen, che quella sera chiamò la città a raccolta nella centrale piazza Dam. Cohen non è un relativista in stile canadese, crede invece che tutti gli immigrati che arrivano in Olanda debbano diventare figli dell’illuminismo che ha reso celebre la palude dei Paesi Bassi. Sull’onda dell’assassinio di Van Gogh, la città di Amsterdam produsse un video che doveva servire a presentare agli immigrati la quintessenza dell’“olandesità”. Il video consiste di spezzoni di un documentario sulla vita di Guglielmo d’Orange, immagini di tulipani e mulini a vento, bagnanti nudi sulla spiaggia, scene da un matrimonio musulmani appena arrivati. Ovviamente la tolleranza obbligatoria non funzionò nel caso dell’assassino del regista. La nomina di Cohen è stata una grande delusione per quella sinistra che sperava, al fine di fermare il ciclone Wilders che proprio a sinistra e fra gli operai delle periferie sta conquistando tanti voti, che sarebbe stato un altro laburista a risollevare la vecchia gloria socialdemocratica su cui poggia lo stato olandese. Per capire Cohen bisogna parlare con Paul Scheffer, il più celebre saggista socialdemocratico d’Olanda. Scheffer è stato un solitario sostenitore, da sinistra, dell’intervento americano in Iraq. Il politologo dell’Amsterdam University è stato il primo ad aver detto che il multiculturalismo olandese aveva miseramente fallito e che il suo consenso è vuoto. Lo fece nel 2000 con un articolo “Il dramma multiculturale” sul quotidiano Nrc Handelsblad. Scheffer spiegò che si era formata una sottoclasse che rifiutava i valori olandesi, che in nome della tolleranza ci si stava alienando gli immigrati e che non c’era posto per una religione che non vuol sentir parlare di separazione di stato e moschea e di rispetto per gli omosessuali. Manco a dirlo, Scheffer fu linciato dagli stessi compagni di partito. Si era in un periodo in cui l’unica preoccupazione dell’Olanda era l’abbondanza economica. “Job Cohen è un leader pieno di qualità e la gente lo voterà per avere quiete nell’Olanda di Van Gogh, perché Cohen è apolitico, un sindaco pragmatico, abile nonché un uomo di integrità”, dice Scheffer al Foglio. “Ma dall’altro lato è un conservatore radicale, nel senso che vuole lo status quo sul multiculturalismo. Il suo motto è ‘tenere tutti insieme’, il suo modello è stato quello di una segregazione sociale, in nome del multiculturalismo ortodosso in cui tutto si ristagna e si contiene. Il conflitto deve essere evitato, bisogna essere soft spoken sulle ideologie e la religione. E’ la prima volta che Cohen interviene nell’arena politica, perché ad Amsterdam il sindaco non è eletto direttamente. Nella segregazione di Cohen non si vive assieme e in nome di certi valori universali, ognuno resta nel suo pezzetto di società. Cohen è un pacificatore tradizionalista che non porterà a una svolta la sinistra sui temi di cui si parla da anni. Nel popolo laburista c’è stato un piccolo cambiamento sul multiculturalismo, ma i leader sono rimasti dei relativisti. E questo non sarà una cosa buona per l’Olanda”. Cohen si è sempre accreditato come colui che ha evitato la guerra civile ad Amsterdam dopo l’assassinio di Theo van Gogh. “Ma non credo che da quell’omicidio Cohen abbia tratto nulla per evitare la segregazione ad Amsterdam”, prosegue Scheffer. “E non credo abbia una idea per l’Olanda. La sua idea di Olanda civilizzata e tollerante è fin troppo passatista e ha una proiezione soprattutto internazionale, da copertina di Time magazine. Nonostante sia ebreo, Cohen è stato molto riluttante nel denunciare l’antisemitismo nuovo che ammorba l’Olanda. Pochi oggi in Olanda vogliono portare a tema l’odio antiebraico da parte delle comunità islamiche. E si preferisce fare molta retorica sullo sterminio degli ebrei olandesi durante la Seconda guerra mondiale. Cohen dice: noi ebrei fummo traditi dalla maggioranza olandese, quindi non dobbiamo fare lo stesso con i musulmani. E’ un modo di pensare pieno di cliché. Alla sinistra serve più critica sulla libertà religiosa e di parola, deve capire che l’immigrazione porta conflitti che vanno governati e non ignorati”. Proprio Theo van Gogh, che non lesinava attacchi feroci ai suoi nemici, criticò duramente Job Cohen per come governava la sua città, Amsterdam. Gli diede perfino del “quisling”, collaborazionista, in una lettera inviata poco prima dell’omicidio. “Il più grande vantaggio è che il sindaco di Amsterdam è un utile idiota che cerca continuamente il ‘dialogo’ con noi”, scrisse Van Gogh impersonando gli islamisti. “Cohen pensa che siamo persone ragionevoli che vogliono vivere in pace. Cohen usa la parola ‘rispetto’, un termine innocuo che anche noi usiamo per dare l’impressione d’una minoranza discriminata. Chiediamo rispetto, cioè stiamo per sottometterti”. A giugno, in Olanda, si vota anche e soprattutto su questa favola nera. La lettera di Van Gogh si conclude in un rendez-vouz con la morte: “Dormite bene, bravi cittadini di Amsterdam”.

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