Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 19/04/2010, a pag. 28, l'articolo di Antonio Carioti dal titolo " Complicità nella Shoah, mancano ancora le scuse ufficiali dell’Italia ".

Riccardo Calimani
Era il luglio del 1995 quando l’allora presidente francese Jacques Chirac commemorò a Parigi la prima grande retata di ebrei destinati alla deportazione e allo sterminio, avvenuta nel 1942, e nell’occasione riconobbe solennemente le responsabilità del suo Paese per le persecuzioni antisemite. Un atto ufficiale che finora, secondo lo storico ebreo Riccardo Calimani, non ha avuto un equivalente in Italia.
Lo studioso ha sollevato la questione ieri, aprendo a Ferrara la prima Festa del libro ebraico. Calimani, presidente della Fondazione incaricata di allestire il Museo nazionale dell’ebraismo italiano e della Shoah (Meis) nella città estense, ha dichiarato che l’istituzione del museo stesso ha «un valore ancora più importante visto che, al contrario della Francia con Chirac, in Italia non ci sono state ancora da parte dello Stato le scuse ufficiali per quell’immane tragedia».
Al «Corriere» Calimani precisa ulteriormente il suo pensiero: «Non nego certo che ci siano stati in Italia atti di riparazione, anche significativi e autorevoli, per le sofferenze inflitte agli ebrei, ma ciò non è avvenuto nei termini formali e con l’approfondimento autocritico che si riscontrano nelle parole di Chirac. Senza contare l’ostinata insensibilità burocratica verso le vittime sopravvissute, cui è stato richiesto di dimostrare i soprusi subiti per concedere loro le relative pensioni. Come se non fosse bastato essere iscritti alle comunità israelitiche per essere perseguitati».
Quindi l’Italia dovrebbe seguire le orme della Francia? Liliana Picciotto, studiosa della Shoah, è d’accordo, ma con una premessa: «Per me il problema non riguarda tanto i riconoscimenti formali quanto le misure sostanziali. Senza dubbio il nostro Paese è in ritardo, anche perché la storiografia ha a lungo sottovalutato le responsabilità italiane nello sterminio. Poi gli atti riparatori sono arrivati, ma in modo disorganico e discontinuo. Spesso gli ex perseguitati stentano a ottenere i miseri assegni cui hanno diritto. In Francia invece è stata costituita una Fondazione per la memoria, dotata di fondi ingenti, che si occupa sia dei risarcimenti, sia della ricerca storica, sia delle iniziative per far conoscere la Shoah. Mi sembra questo, più che la dichiarazione di Chirac, l’esempio da seguire».
Guarda a Parigi anche Riccardo Pacifici, presidente della comunità ebraica di Roma: «In Francia si è agito per punire i complici dei nazisti, in Italia no. L’alto funzionario francese Maurice Papon fu condannato per concorso in crimini contro l’umanità, mentre nessun gerarca fascista è stato mai processato per aver contribuito alla Shoah. Da questo punto di vista gli italiani sono stati indulgenti verso se stessi, anche se va sottolineato che rappresentanti di primo piano delle istituzioni, primo fra tutti il presidente della Camera, hanno deplorato le colpe dell’Italia per le leggi razziali e che ogni anno nel nostro Paese si registra un interesse eccezionale per la Giornata della Memoria del 27 gennaio».
Si sofferma su un altro aspetto Giuseppe Laras, presidente dell’Assemblea rabbinica italiana: «Una formale richiesta di scuse agli ebrei da parte dello Stato avrebbe un indubbio significato simbolico, ma io credo che si debba dare la priorità ad altre questioni. In particolare ritengo che alle autorità italiane si debba chiedere innanzitutto di esercitare una maggiore vigilanza verso tutti i segnali di intolleranza, antisemitismo e razzismo che affiorano nella società e che troppo spesso vengono sottovalutati».
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