L'Iran nel consiglio dei diritti umani Onu Sembra una barzelletta, ma sarà realtà in maggio. Commenti di Fiamma Nirenstein, redazione del Foglio
Testata: Il Foglio Data: 15 aprile 2010 Pagina: 1 Autore: Fiamma Nirenstein - La redazione del Foglio Titolo: «Presentata interrogazione contro ingresso Iran in Consiglio Diritti Umani Onu - L’iraniano a Ginevra»
Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 15/04/2010, a pag. 1-3, l'articolo dal titolo " L’iraniano a Ginevra ", preceduto dal commento di Fiamma Nirenstein dal titolo "Presentata interrogazione contro ingresso Iran in Consiglio Diritti Umani Onu". Ecco i due pezzi:
Fiamma Nirenstein : " Presentata interrogazione contro ingresso Iran in Consiglio Diritti Umani Onu "
Fiamma Nirenstein
"Il 13 maggio verrà rinnovato il Consiglio per i Diritti Umani dell'Onu con sede a Ginevra, che eleggerà 14 nuovi membri su 47 per un mandato di tre anni. L'Iran ha presentato la sua candidatura ed è una beffa al mondo intero, dato che viola senza sosta tutti i diritti umani applicando carcere, tortura e pena di morte ai dissidenti, agli omosessuali, alle donne. E' dovere dell'Italia opporsi all'eventualità che, come sembra realistico date le dinamiche politiche del Consiglio, l'Iran entri a far parte di questa istituzione. Ho quindi presentato un'interrogazione al Ministro degli Esteri per essere rassicurata sull'opposizione italiana a questo paradosso. L'Iran cerca di entrare nel Consiglio per essere legittimata nella sua politica di continua aggressività corroborata dall'incremento delle sue pericolose strutture atomiche, mentre propaganda e minaccia il genocidio. Fa specie che esista una possibilità, come purtroppo potrebbe profilarsi, che l'Onu possa non solo restare indifferente a tale assurdità, ma persino includerla in uno dei suoi più importanti organismi, che per giunta nel proprio regolamento stabilisce che "al momento dell'elezione, gli Stati membri devono prendere in considerazione il contributo dei candidati alla promozione e protezione dei diritti umani e il loro impegno in tale senso".
Il FOGLIO - " L’iraniano a Ginevra "
Ahmadinejad
Roma. Il 1° febbraio 1979, alle ore nove, un jumbo dell’Air France apparve nel cielo di Teheran, sorvolando le cime innevate dei Monti Alborz. Su quell’aereo c’è l’ayatollah Khomeini, il “profeta disarmato”. Fu così che prese inizio la Rivoluzione islamica in Iran. Anche Mohammad Sajjadi era su quel volo e fu al fianco di Khomeini fin dalla villetta di Neauphle-le-Chateau, alla periferia di Parigi. “Manderò davanti al tribunale del popolo tutti i traditori e i corrotti sulla terra”, disse Khomeini in quel giardino. “Costruiremo insieme una nuova società”. Trent’anni dopo, Sajjadi è stato scelto dal presidente iraniano Ahmadinejad per rappresentare l’Iran all’Onu sulla questione dei diritti umani. Finora Teheran ha goduto dello status di “osservatore” nel Consiglio dei diritti umani di Ginevra, ma a maggio ha ottime possibilità di conquistare un seggio come “membro” che vota le risoluzioni. Il ministro degli Esteri tedesco, Guido Westerwelle, ha appena chiesto ai colleghi europei di mobilitarsi contro la candidatura iraniana che risulta ogni giorno più forte. Ma finora la denuncia di Berlino è rimasta isolata. Il compito di Sajjadi sarà quello di ostruire ogni iniziativa all’Onu contro il record brutale del regime islamico in materia di diritti umani. Il suo curriculum di “puro” della Rivoluzione, oltre che di membro della Corte suprema di Teheran, è dunque perfetto per il ruolo. Sajjadi ha avuto un ruolo di prim’ordine nell’esportazione del khomeinismo, in qualità di direttore generale del ministero degli Esteri iraniano fino al 2007, ma prima ancora come giornalista dell’Iran Broadcasting e della radio statale e ambasciatore. Soprattutto, Sajjadi è stato il segretario del “Fronte dei seguaci del sentiero dell’Imam”, la potente organizzazione ultraconservatrice legata alle fazioni più dure del khomeinismo. “Khomeini aveva la calma del profeta Abramo”, dice Sajjadi. “Non ha cambiato soltanto la storia dell’Iran, ma di tutto il mondo”. Il neocommissario per i diritti umani si auspica che “Israele si disintegri” e che questo avverrà perché “Khomeini ha mostrato che le nazioni oppresse possono abbattere le superpotenze”. Il super processo alla minoranza religiosa La nomina di Sajjadi arriva nei giorni in cui un altro dissidente iraniano è stato condannato a morte dal tribunale della Rivoluzione di Teheran. Motahareh Bahrami era stato arrestato nella capitale lo scorso 27 dicembre durante le proteste scoppiate in concomitanza con le celebrazioni di Ashura, la principale festività religiosa sciita. Resta in cella d’isolamento nel carcere di Evin anche il noto regista iraniano Jafar Panahi, arrestato il primo marzo nella sua casa, insieme alla moglie, alla figlia e a un gruppo di cineasti e artisti iraniani, mentre stava lavorando alla produzione di un film sulle elezioni presidenziali dello scorso giugno. Un altro processo ha luogo a Teheran. E’ quello alla minoranza religiosa Bahai. Sette iraniani rischiano la condanna a morte non per le proteste, ma semplicemente per ciò in cui credono. I Bahai sono la più grande minoranza religiosa dell’Iran, con circa 300 mila fedeli. La fede Bahai è considerata “eretica” dalle autorità religiose iraniane ed è vietata e perseguitata dalla Rivoluzione islamica del 1979. Da allora, oltre 200 seguaci sono stati giustiziati o assassinati, centinaia sono finiti in carcere, decine di migliaia sono stati privati di lavoro, pensione, attività commerciali. Tutte le loro istituzioni sono vietate e luoghi sacri, cimiteri e proprietà sono stati confiscati dal governo o distrutti. Molti Bahai sono stati condannati solo per avere tenuto lezioni di catechismo ai loro bambini. I loro giovani non possono iscriversi all’università, se non si dichiarano “islamici”. I sette sono accusati di “spionaggio a favore di Israele, insulti contro la sacralità della religione e propaganda contro la repubblica Islamica”. Rischiano la morte.
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