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La Repubblica Rassegna Stampa
12.04.2010 Io, ad Auschwitz salvato per caso dalla calligrafia
La storia di Ernest Michel

Testata: La Repubblica
Data: 12 aprile 2010
Pagina: 28
Autore: Paul Vitello
Titolo: «Io, ad Auschwitz salvato per caso dalla calligrafia»

Riportiamo da REPUBBLICA di oggi, 12/04/2010, a pag. 28, l'articolo di Paul Vitello dal titolo " Io, ad Auschwitz salvato per caso dalla calligrafia ".

Racconta la sua storia da oltre sessant´anni: espulso da scuola a 13 anni perché ebreo, fu arrestato a 16 e condannato ai lavori forzati nella Germania nazista. Finché un giorno una SS non lo fece arrivare, a vent´anni, a pochi passi da morte certa, in un´infermeria del campo di concentramento di Auschwitz. A salvargli la vita fu la sua calligrafia.
Nel 1943, convinto di essere destinato alle camere a gas, Ernest W. Michel fu salvato da un puro colpo di fortuna e dalla puntigliosa scrupolosità con la quale i tedeschi tenevano nota di tutto. Benché fosse sempre rischioso offrirsi volontari in un campo di concentramento, quando chiesero se qualcuno con una bella scrittura si volesse fare avanti, lui alzò la mano: dopo essere stato scacciato da scuola, infatti, su insistenza del padre per puro caso aveva studiato calligrafia. Il lavoro che gli fu affidato consisteva nel redigere certificati di morte per i suoi compagni di prigionia deceduti. «A prescindere da come erano morti, come causa del decesso dovevo sempre scrivere "infarto" oppure "debilitazione generale". Di certo non potevo scrivere "camera a gas": avevo soltanto quelle due opzioni a disposizione».
Quando sale sul palco per parlare di queste cose, Michel - oggi 86enne - ha un´occasione in più per sfruttare la sua calligrafia, che in questo caso serve a lui stesso per poter continuare a ricordare. «Ricordo con esattezza molti dettagli del campo, quello che la gente diceva, dove mi trovavo quando accadevano certe cose, ma non riesco assolutamente a ricordare che cosa è successo ieri..». Ad Auschwitz la sua bella scrittura gli valse in un certo senso una promozione: divenne infatti un inserviente dell´ambulatorio medico, e uno dei compiti a lui affidati fu appunto quello di riempire i moduli per i pazienti prelevati dall´infermeria dai medici nazisti per "essere fatti passare dai camini".
Per sua stessa ammissione, Michel è un uomo allegro: le cose che ha visto nella sua vita, i mestieri che ha fatto, sono parte di un passato non modificabile che egli crede sia suo diritto rendere noto, ma non ha rimpianti di sorta per aver fatto tutto quello che poté per sopravvivere, e dice: «Se non l´avessi fatto io, l´avrebbe fatto qualcuno altro. Non ho mai avuto incubi su Auschwitz».
Tra il 1939 e il 1945 - quando infine scappò durante una disperata marcia forzata tra due campi - Michel soffrì la fame, fu picchiato, visse l´orrore incessante di vedere i suoi compagni di prigionia giustiziati sotto i suoi occhi o mandati nelle camere a gas. Nonostante tutto, è lui stesso ad ammettere che è stato il suo innato ottimismo ad avergli dato la forza di andare avanti. Dopo la sua fuga, riuscì infatti a raggiungere il fronte americano, divenne poi traduttore, poi un reporter per conto del governo americano di occupazione durante i processi per crimini di guerra di Norimberga. In seguito si trasferì a New York per lavorare come organizzatore di raccolte di fondi per l´United Jewish Appeal, di cui, alla fine, è diventato vicepresidente. Si è sposato, ha avuto tre figli e ha imparato a giocare e amare il tennis.
Da quando è in pensione Michel ha sempre rispettato un inflessibile programma di interventi in pubblico. Per molti anni ha guidato una campagna volta a fermare la prassi in uso presso la Chiesa dei mormoni di battezzare post-mortem gli ebrei morti nell´Olocausto, nel convincimento che nell´aldilà potessero abbracciare la loro fede. Quando ha capito che i mormoni non avrebbero mai desistito, ha rinunciato. E a tal proposito dice: «Si deve sempre guardare al futuro».
È con questo spirito che Michel di recente ha organizzato un incontro particolare. L´uomo che nel campo di concentramento chiese chi avesse una buona calligrafia, un prigioniero tedesco comunista di nome Stefan Heyman che lavorava nel campo, è morto di cause naturali alcuni anni fa, ma suo figlio vive a Houston e Michel è riuscito a trovarlo. «Siamo stati in contatto per un po´ e adesso abbiamo fissato un appuntamento per conoscerci di persona. Sarà un´esperienza meravigliosa». Michel non ricorda quando ha smesso di usare la sua bella scrittura.

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