Sarà pure stato sincero p. Cantalamessa: bona fide admissa. Tuttavia, è tutta la storia dei rapporti fra cristianesimo ed ebraismo che giustifica un ragionevole dubbio. La preghiera "pro iudaeis" del venerdì santo (versione riveduta e corretta del messale di Paolo VI) convive con quella (altrettanto riveduta nella forma ma non nella sostanza) del precedente messale di Pio V tornato ad avere legimittimità d'uso, caso unico nella storia ecclesiastica, per volere di Benedetto XVI. Peraltro, paragonare la Shoà con gli attacchi alla chiesa cattolica per i preti pedofili è come paragonare capre con cavoli e p. Cantalamessa lì per lì non si è reso conto dell'assurdità del paragone. Il guaio è che, ipocritamente, più che combatterlo apertamente per eliminarlo, la chiesa nasconde l'antigiudaismo di cui è pervasa la propria teologia, la propria liturgia e la propria catechesi. L'antigiudaismo è anche oggi ben vivo e vitale in tutto il mondo cristiano, di qualunque confessione. Del resto, non si è usata la stessa strategia anche con i preti pedofili? Le recenti squallide vicende sono sempre state nascoste nel timore che potessero affuscare l'immagine di trionfante "società perfetta" della chiesa. Se i vescovi fossero stati collaborativi con le autorità civili fin dall'inizio, oggi la chiesa cattolica non si troverebbe in quest'impasse. "Peccano i singoli, non l'istituzione", si sostiene, come se l'istituzione fosse qualcosa di astratto e non fosse formata da persone in carne ed ossa! In questo c'è una contraddizione palese: la chiesa non è formata dalle "pietre vive" dei suoi membri? Se in un edificio le pietre sono friabili, con un paziente metodo di cuci e scuci, si sostituiscono i materiali inidonei per la stabilità dell'edificio. La chiesa, con le sue pietre friabili, corre il medesimo rischio e non si illuda di trincerarsi dietro il "non praevalebunt". Anche gli ebrei, al tempo di Nabucodonosor, dicevano "tempio del Signore, tempio del Signore è questo", pensando che la promessa a David della terra, del trono e del regno fosse irrevocabile e senza condizioni. Questa difesa ad oltranza della chiesa trionfante, di stampo medievale, si è ripetuta anche in occasione della messa di Pasqua con quell'intervento irrituale del card. Sodano che ha qualificato il papa come "dolce Cristo in terra", per la "gioia" dei cristiani non cattolici... Ancora una volta si fa confusione per non affrontare i veri problemi che affliggono la chiesa, di cui il celibato ecclesiatico obbligatorio è solo uno fra i tanti e, forse, neppure il maggiore.
Cordialità
Maurizio Del Maschio |