Riportiamo dal MANIFESTO di oggi, 02/04/2010, a pag. 8, l'articolo di Michele Giorgio dal titolo " Linea 322, a Tel Aviv sbarca l’autobus con le donne segregate in fondo ".
Gli autobus con posti separati per le donne sono da condannare. E, come scrive Giorgio, questo accade in Israele. Associazioni femministe e laiche stanno protestando.
Accusa giusta, peccato che il pulpito dal quale proviene abbia poco da predicare in quanto a fondamentalismo ideologico.
Infatti Giorgio non si smentisce. Nel suo articolo si legge : " mentre i media locali riferivano del primo centenario del movimento dei kibbutz, le comuni agricole simbolo del collettivismo di orientamento socialista (e della colonizzazione della terra palestinese) che hanno caratterizzato gli anni immediatamente precedenti e successivi alla creazione dello Stato ebraico ".
I kibbutz non hanno niente a che vedere con le colonie.
Prima della fondazione di Israele la terra è stata comprata a caro prezzo dagli ebrei i quali, per altro, non hanno scacciato la popolazione araba locale. Non erano gli ebrei a non volere gli arabi, ma il contrario.
Ecco l'articolo:
Il Kibbutz Barkai nella regione di Wadi Ara
In Israele, autoproclamata «unica democrazia del Medio Oriente», spesso donne e uomini devono viaggiare separati, proprio come accade in alcune «non democrazie» di questa regione del mondo. E non solo aGerusalemme ovest, dove da tempo le donne sono obbligate a sedersi in fondo su parecchie linee di autobus (note come «mehadrin», una novantina in tutta Israele), ma anche nella laicissima Tel Aviv, tempio della trasgressione e del divertimento. Sul «kosher bus» numero 322, che da Tel Aviv porta al sobborgo utraortodosso di Bnei Brak e termina la sua corsa ad Ashdod, alle israeliane - religiose e laiche - viene imposto di «prendere posto» in fondo all’automezzo. La notizia è stata data ieri da Ynet, il sito del quotidiano Yediot Ahronot, proprio mentre i media locali riferivano del primo centenario del movimento dei kibbutz, le comuni agricole simbolo del collettivismo di orientamento socialista (e della colonizzazione della terra palestinese) che hanno caratterizzato gli anni immediatamente precedenti e successivi alla creazione dello Stato ebraico. Le organizzazioni femministe e molti cittadini dicono di non volersi rassegnare all’istituzione di questa linea «segregazionista»: decine di manifesti sono comparsi alle fermate dei pullman, non solo di Tel Avivma di tutte le principali città israeliane. «Raccomanderò ai passeggeri di boicottare la linea, questo provvedimento è assurdo. Cosa faranno le coppie sposate, dovranno presentare un certificato di nozze per potersi sedere vicine?» ha chiesto l’ex deputata Yael Dayan. «Israele non è l’Iran», è uno degli slogan della protesta contro il ministro dei trasporti, Yisrael Katz, tenacemente favorevole al «kosher bus». Lo scorso febbraio Katz chiese all’Alta corte di giustizia di respingere il ricorso presentato contro le linee «mehadrin» da un comitato del suo stesso ministero che aveva evidenziato le pressioni e le violenze alle quale sono soggette le donne sui «kosher bus». Non è detto che la protesta laica rappresenti la maggioranza della popolazione, perché sono tante le voci in Israele favorevoli alla separazione di uomini e donne sui bus. «La maggior parte dei viaggiatori ha compreso la separazione dei sessi e sa che ci sono delle ragioni perché ciò avviene» ha dichiarato Yisrael, un giovane intervistato da Yedioth Ahronot, in attesa a una fermata. Moshe Neiman, che usa abitualmente la linea 322, ha ammesso che talvolta sorgono problemi ma «alla fine tutti i passeggeri ricevono il messaggio».
Per inviare la propria opinione al Manifesto, cliccare sull'e-mail sottostante