Cari amici, anche in politica ci sono le mode. Mode di personaggi che spariscono dopo subitanei successi, mode di parole che per un po´ tutti usano e poi nessuno dice più. Ma anche mode di forme di interazione. Per esempio una volta c´erano gli ultimatum e oggi c´è il decalogo di domande. Probabilmente è una formula che circola da un po´ e viene dai mezzi di comunicazione di massa. La prima volta che nel piccolo bacino della politica italiana ho incrociato questa strana mistura di impianto teologico (il modello del Sinai...), test scolastico e impertinenza politica è stato solo l´anno scorso, quando Repubblica scelse questo sistema per importunare Berlusconi sulla questione delle "escort". Chissà da dove copiavano. Poi l´"Economist" ributtò la cosa addosso all´opposizione italiana, ci furono varie riedizioni delle dieci domande a danno di questo o quello. Ma la moda sembrava finita.
L´altro giorno però Haaretz ha rivelato in un articolo largamente citato in rete (http://www.haaretz.com/hasen/spages/1159863.html) che certe sue fonte molto affidabili (magari nell´entourage di Obama, dove c´è tanta gente che la pensa come il giornale della sinistra israeliana) avevano rivelato che anche Obama aveva posto a Netanyahu, durante l´ultimo incontro "freddissimo" alla Casa Bianca della settimana scorsa, 10 domande 10 cui rispondere al più presto, al massimo dopo Pescach. Per via della moda siamo sicuri sul numero delle domande, ma non le conosciamo tutte. Come vedrete, però, non sono domande difficili: Se posso suggerire, la risposta giusta, per Obama è sempre e solo sì. Peccato che quel sì sia per Israele la risposta sbagliata. Non è un test di intelligenza o una domanda di informazioni, sono ordini: un decultimatum.
Vediamo queste domande, per quel che se ne sa. Quattro, dice Haaretz, riguardano Gerusalemme: l´apertura di una "sede di interesse" palestinese (cioè un ufficio del governo, l´inizio del trasferimento della capitale) a Gerusalemme Est; la cessazione degli abbattimenti di edifici abusivi palestinesi, l´arresto delle costruzioni israeliane e in particolare l´abbandono del progetto di Ramat Shlomo. Cioè in sostanza per Obama i palestinesi a Gerusalemme devono avere una sede governativa, poter costruire dove vogliono, senza essere vincolati a leggi regolamenti proprietà, mentre gli israeliani non devono poter più muovere una pietra, neanche nei quartieri come Ramat Shlomo, dove ci sono solo loro. Prima di iniziare le trattative, la divisione di Gerusalemme sarebbe già stata fatta. Sono un po´ come le domande che l´Urss avrebbe potuto fare ai berlinesi, nel 1945. Per fortuna però una guerra fra Usa e Israele non c´è stata. Ma qualcosa del genere sembra proprio profilarsi all´orizzonte.
Una quinta richiesta, rivela il giornale, sarebbe perfettamente conseguente: discutere i temi decisivi del conflitto fra Israele e palestinesi (confini, status di Gerusalemme, "rientro" dei "profughi" nei colloqui indiretti, cioè non con la controparte palestinese, che peraltro si rifiuta di discutere, ma con gli americani che così possono imporre la loro opinione. In sostanza la strategia di obama sembra quella di trasformare il conflitto da israelo-palestinese a israelo-americano.
Delle altre cinque domande i questo "decultimatum" non sappiamo nulla, ma possiamo ben immaginarne il tenore. Si parlerà di Gaza, del Golan, degli insediamenti in Giudea e Samaria, imponendo sempre il peso delle concessioni solo a Israele e facendo trattare l´America al posto dei palestinesi. Col risultato che Israele deve accettare una sistemazione che considera inaccettabile, o scontrarsi con la superpotenza americana.
L´altra cosa che Haaretz racconta è che l´amministrazione Obama ha fatto pressione direttamente sugli alleati, in particolare su quelli che hanno buoni rapporti con lo stato ebraico perché sostenessero la sua posizione contro Israele. Haaretz cita la Germania, ma è probabile che nel gioco ci sia anche l´Italia e questo certamente spiega alcune uscite recenti di Frattini e Berlusconi. Aggiungeteci il blocco delle forniture militari non annunciato e silenziosamente attuato e la minaccia reale di non porre più il veto alle risoluzione del consiglio di sicurezza dell´Onu, dominato dalle forze islamiche e dai suoi alleati, e avete il quadro della situazione.
Prepariamoci a momenti molto duri. Ci vorrà tutta la forza d´animo di Netanyahu e l´appoggio della popolazione per evitare nei prossimi mesi un disastro, che alla lunga sarà un disastro anche per l´Occidente e l´America, ma che per ora mette in gravissimo pericolo la sicurezza di Israele.