lunedi` 25 novembre 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Lo dice anche il principe saudita Bin Salman: Khamenei è il nuovo Hitler


Clicca qui






Il Foglio Rassegna Stampa
31.03.2010 Elezioni in Iraq: vincono i partiti laici. Ridotta l'influenza dell'Iran
Analisi di Carlo Panella

Testata: Il Foglio
Data: 31 marzo 2010
Pagina: 3
Autore: Carlo Panella
Titolo: «Da Baghdad uno smacco terribile per i khomeinisti di Teheran»

Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 31/03/2010, a pag. 3, l'articolo di Carlo Panella dal titolo " Da Baghdad uno smacco terribile per i khomeinisti di Teheran".


Carlo Panella          Iyad Allawi

Roma. Il risultato più clamoroso delle elezioni politiche irachene non è la pur importante vittoria del partito di opposizione di Iyad Allawi sulla lista del premier uscente Nuri al Maliki, unico dato messo in rilievo dai media mondiali. Il fatto più eclatante è che in soli cinque anni, in Iraq sono definitivamente declinati i partiti confessionali e si sono affermati due rassemblement a direzione laica e a composizione interconfessionale. Non solo, i due leader vincenti, Allawi e Maliki, sono sciiti che da 30 anni sviluppano una critica politica dura e antagonista al khomeinismo di cui oggi rappresentano un’alternativa strutturata, interconfessionale e laica, suffragata da un maggioritario consenso popolare (180 seggi complessivi, su 325). L’affermazione in un Iraq a maggioranza sciita di partiti laici e interconfessionali avrà dunque effetti enormi, anche perché testimonia che l’influenza di Teheran sulla scena politica di Baghdad si è ridotta fortemente. Questo, mentre l’Onda verde iraniana che dalla confinante democrazia dell’Iraq ha avuto sinora uno stimolo determinante, sarà confortata dal trionfo di due leader che incarnano pienamente ideali e concezione dell’islam democratico. Esempio significativo di contagio democratico che suggella il successo dell’esportazione della democrazia e il fallimento delle tante cassandre nostrane ed europee che per anni – e sino a ieri – hanno accusato George W. Bush di avere rafforzato gli ayatollah iraniani abbattendo Saddam Hussein o di avere trascinato il paese in una guerra di religione. Si è invece verificato esattamente l’opposto. Il successo di Allawi e di al Maliki sono infatti speculari alla disfatta di Abdulaziz al Hakim, il leader dello Sciri, legato ai settori realpolitiker di Teheran, ma alleato con Moqtada Sadr (legato ai settori iraniani oltranzisti), che con la sua Ina ottiene 70 parlamentari ma non riesce ad avere la maggioranza dei seggi in nessun distretto sciita strategico (non a Baghdad, Bassora, Najaf, Karbala, Babel, Muthana) e centra l’obiettivo solo in tre distretti (Qadissya, Dhi Qar e Maysan). Per comprendere quanto sensibile sia stato il mutamento del quadro politico iracheno conseguente allo stravolgimento delle caratteristiche dei partiti, bisogna ricordare che nel 2005 la coalizione tra lo Sciri di al Hakim e il Dawa di al Maliki, aveva fatto il pieno, con il 41 per cento dei voti e 125 seggi. Ma negli ultimi mesi il premier al Maliki – per sfidare l’evidente presa di consenso del nuovo modello ideato dal laico Allawi – ha compreso di dover destrutturare la componente confessionale sciita, di dover troncare l’alleanza con lo Sciri. Da quel momento tutto il quadro politico iracheno si è evoluto con velocità impressionante, a riprova dell’ottima scelta compiuta da G. W. Bush che pose Iyad Allawi alla guida del primo governo iracheno dotato di pieni poteri (ma nominato dal governatore americano Paul Bremer) il 1° giugno del 2004. Allawi è riuscito a dimostrare che il suo modello di aggregazione politica è vincente. Forte di un capillare raccordo delle etnie e dei partiti sunniti, un network in cui fondamentale è il raccordo con l’Arabia Saudita e la Giordania, che hanno intensi rapporti tribali ed etnici con i cugini iracheni. Infine: il processo di emancipazione dall’identità religiosa si è sviluppato liberamente anche grazie al non intervento della gerarchia sciita irachena, capeggiata dal grande ayatollah Ali al Sistani che – non a caso – è sempre stato un duro e diretto avversario del modello politico khomeinista iraniano.

Per inviare la propria opinione al Foglio, cliccare sull'e-mail sottostante


lettere@ilfoglio.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT