Cari Amici, prendo spunto dall'intervista di Francesco Battistini a Lizzie Doron, della quale esce oggi Giornate tranquille. Condivido le Vs. osservazioni sul tentativo del giornalista di travisare le parole della scrittrice; tuttavia occorre tener conto che, spesso, gli Autori israeliani, abituati ad una vera democrazia, specie quando si trovano all'estero -e dunque in formato esportazione, come dice Angelo Pezzana-, amano sia profondersi in critiche al governo in carica nel loro Paese, tanto manierate e scontate, quanto generiche (Netanyahu non "vuole realizzare nessuno dei miei sogni" afferma Doron. E quali sarebbero questi sogni, di grazia? Conosce per caso quelli genocidari della...controparte? Rivolgersi a Leila Khaled per istruzioni in merito), sia indulgere in paradossi: il "colono della Cisgiordania", cui Lizzie si sente estranea, chi mai sarebbe? C'è in natura il genus "colono"? Lizzie Doron ha vissuto a lungo sul Golan; era anche lei una... colona, allora?
Ritengo che il miglior approccio con gli scrittori sia concentrasi sulle loro opere e lasciar perdere, più che si può, il discorso politico, pena cocenti delusioni. Se poi, chi intervista non ha letto, e fatto suoi, i libri dell'intervistato, la castrofe è garantita. Una frase paradossale come "Noi israeliani adoriamo la Shoah ", con quel che segue, ammesso e non concesso che sia stata pronunciata, perde la sua forza tragica e diventa una banale esercitazione da salotto.
Cordialmente.
Mara Marantonio (Bologna)
Il lettore comune, come è quello di un quotidiano, non conosce l'argomento a fondo. se legge che gli israeliani amano la Shoah rimane allibito. E' colpa di battistini non aver capito che non poteva trurre così e basta. Per il resto siamo d'accordo,
IC redazione