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Angelo Pezzana
Israele/Analisi
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Netanyahu da Barack per ricordargli che Gerusalemme non è una colonia 24/03/2010

LIBERO - Angelo Pezzana : "  Netanyahu da Barack per ricordargli che Gerusalemme non è una colonia"

Spente le luci sul palcoscenico dell’Aipac, la lobby pro Israele di Washington, dove gli applausi non si negano a nessuno. Nemmeno a Hillary Clinton, autrice giorni fa di una telefonata rovente a Bibi Netanyhau, ma che da gran furbona ha saputo davanti a una platea di ebrei americani toccare le corde giuste raccontando sessant’anni di un forte, reciproco rapporto di leale amicizia, il che è stato vero finchè alla Casa Bianca non è arrivato Obama. Applausi ancora maggiori li ha avuti lo stesso Bibi, ma lui giocava in casa, le parole non faceva fatica a trovarle. Molto più complicato invece l’incontro con Obama, anche se l’obiet - tivo di entrambi sarà quello di ricucire uno strappo disponendo di poco filo. Bibi sa che Obama ha bisogno di qualche rassicurazione su quelle che ritiene debbano essere le condizioni essenziali per far ripartire il dialogo con Abu Mazen, per cui, in un modo o nell’altro, un coniglio dal cappello dovrà tirarlo fuori. Ma Obama sa anche di trovarsi di fronte a un premier israeliano molto determinato, che conosce la storia del proprio popolo, per cui, in mezzo ad attestati di buona volontà, si sentirà dire alcune verità delle quali non potrà non tenere conto, prima fra tutte che «gli ebrei hanno costruito Gerusalemme tremila anni fa e continuerannoafarlo oggi e nel futuro»come ha dichiarato Bibi prima di partire per Washington, «Gerusalemme è come Tel Aviv, non è una colonia», ha poi aggiunto. Obama se lo dovrà mettere bene in testa, la pace si raggiungerà quando il mondoarabo avrà accettato la presenza dello Stato ebraico, quando i palestinesi, come su queste colonne ricordiamo da anni, capiranno che il problema più urgente da affrontare è quello dei confini condivisi, che devono smetterla di dettare condizioni dopo aver voluto la guerra per decenni. E come, purtroppo, da Gaza continuano a volere. Obama dovrà anche dire a Bibi che cosa intende fare con la minaccia iraniana, se vuole continuare a presentarsi con il cappello in mano oppure cambiare linea. Chissà se è informato che l’Arabia Saudita, come abbiamo letto sull’ultimo numero dello Spiegel, si auguraunattacco alla teocrazia dei mullah, disponibile ad aprire il suo spazio aereo per garantirne il risulatato. Una notizia che gli interessati prontamente smentiranno, ma la cui veridicità Obama può verificare con facilità. Non è un mistero per nessuno che Arabia Saudita, ma anche gli Emirati del Golfo, vedrebbero con grande soddisfazione ilridimensionamento delpericolo rappresentato dall’Iran. E’questo stato a compromettere la stabilità del Medio Oriente, non Israele, che oltre a tutto sta continuando con ottimi risultati una politica di collaborazione economica con l’Autorità palestinese. Stia però attento Obama, lui può permettersi degli errori di valutazione, Israele no. I suoi nemici , e non ci riferiamo ai soli palestinesi, non hanno ancora perso la speranza di eliminarlo dalle carte geografiche, anche se affermano di condividere la soluzione due stati per due popoli. Se ci credessero davvero, non avrebbero bisogno di nessun intermediario americano, o europeo, per fare la pace.

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