Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 23/03/2010, a pag. 13, l'articolo di Aldo Baquis dal titolo " Battaglia nella Striscia. Ucciso soldato israeliano ".
Un articolo dal quale non si riesce a comprendere bene la dinamica dell'accaduto.
Ciò che risulta chiaro è che il sergente Gavriel Chepitch, 21, di Zichron Yaacov, è rimasto ucciso da fuoco amico mentre cercava di impedire a tre palestinesi di entrare in Israele da Gaza.
Michele Giorgio (MANIFESTO) e Udg ( UNITA') sostengono che i tre palestinesi stessero cercando di entrare in Israele per trovare lavoro, chiediamo se per caso non li hanno intervistati. Se, invece, si basa solo delle loro illazioni, facciamo notare che l'unica cosa che arriva da Gaza verso Israele sono razzi qassam e terroristi di Hamas. Nient'altro.
Ecco l'articolo:
Gavriel Chepitch
Fiammate di violenza al confine con Gaza e aspre polemiche con l’Anp e con il segretario di Stato americano Hillary Clinton per la spinosa questione di Gerusalemme Est hanno accompagnato il volo di Benjamin Netanyahu negli Stati Uniti, dove oggi incontrerà il presidente Barack Obama.
A Gaza un soldato israeliano è rimasto ucciso ieri in uno degli incidenti di confine che hanno ormai assunto un ritmo quotidiano. Nelle tenebre, il militare è stato colpito dal «fuoco amico» di commilitoni impegnati a bloccare tre infiltrati palestinesi. Uccisione in qualche modo «rivendicata» da un gruppo salafita filo-Al Qaeda che opera nella Striscia, che ha reso noto di aver preso parte attiva in quell’incidente. Razzi sparati sempre da Gaza hanno peraltro costretto la popolazione israeliana del Negev a tornare nei rifugi.
Sul piano politico, gli animi si sono ancora infiammati ieri per i progetti edili ebraici a Gerusalemme Est che secondo Hillary Clinton «minano alla base la fiducia reciproca fra israeliani e palestinesi» e mettono in pericolo i «proximity talks», i colloqui indiretti con cui gli Stati Uniti vorrebbero rimettere in moto i negoziati. Una circostanza che angustia anche il governo palestinese guidato dal primo ministro Salam Fayad, che ieri ha pubblicato un comunicato in cui ribadisce che i palestinesi hanno ormai bisogno di «meccanismi» internazionali di monitoraggio che impediscano a Israele di portare avanti i propri progetti di espansione edilizia in Cisgiordania e a Gerusalemme Est.
Ma il governo di Benjamin Netanyahu ribadisce che Gerusalemme non può essere in alcun modo equiparata a una colonia in Cisgiordania.
Il vicepremier Silvan Shalom ha rilevato che dietro insistenze internazionali Netanyahu è stato obbligato nei mesi scorsi a riconoscere la formula dei «due popoli, due Stati» e a congelare nuovi progetti edilizi in Cisgiordania, nella fiducia che ciò avrebbe consentito la ripresa di negoziati. «Invece i negoziati ancora non ci sono», ha lamentato Shalom che ha dunque rivendicato per il suo partito, il Likud, il diritto-dovere di realizzare il proprio programma lungo le linee guida della propria ideologia. «Gli elettori che ci hanno portato al potere un anno fa - ha esclamato - non volevano certo che noi facessimo la politica del partito centrista Kadima, ma anzi che dessimo nuovo impulso agli insediamenti».
Il messaggio che viene complessivamente dal governo israeliano è dunque chiaro. Nonostante l’aperto malumore dell’Amministrazione democratica, a Gerusalemme Est la politica dell’esecutivo guidato da Netanyahu non è destinata a cambiare. Lo ha confermato anche il ministro dell’edilizia Ariel Atias (del partito ortodosso Shas, estrema destra) che secondo il giornale «Yediot Ahronot» in questi giorni ha offerto a imprenditori edili israeliani vasti appezzamenti di terra a Gerusalemme Est in vista di progetti edilizi probabilmente ancora più ambiziosi.
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