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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
18.03.2010 La Cina si ostinerà a non appoggiare le sanzioni all'Iran?
Analisi di Franco Venturini

Testata: Corriere della Sera
Data: 18 marzo 2010
Pagina: 14
Autore: Franco venturini
Titolo: «Iran: se la Cina mette i piedi sul tavolo delle Nazioni Unite»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 18/03/2010, a pag. 14, l'articolo di Franco Venturini dal titolo " Iran: se la Cina mette i piedi sul tavolo delle Nazioni Unite ".


Cina

P er l'Occidente gli esami di cinese non finiscono mai. Proprio in questi giorni sta entrando nel vivo, al Consiglio di sicurezza e nei contatti tra le Cancellerie, la ricerca del necessario consenso per approvare in sede Onu nuove e più severe sanzioni contro l'Iran. Un Iran che nell'ultimo anno non ha stretto la mano tesagli da Obama, e ha invece continuato ad alimentare i suoi programmi nucleari. Nelle precedenti occasioni (sarebbe questa la quarta volta dal 2006 che l'Onu vara sanzioni contro Teheran) gli americani e gli europei presenti in Consiglio dovettero superare le perplessità dei russi e dei cinesi. Questa volta, invece, mentre la Russia è a dir poco possibilista, la Cina festeggia il suo accresciuto peso internazionale con un «no» secco che ha il sapore di un proclama di sovranità. E così l'Iran può continuare a sentirsi al riparo della Grande Muraglia. La posizione cinese non è troppo difficile da comprendere. Giocano di sicuro i recenti contrasti politici con gli Usa, e il desiderio di far capire a Washington che la Cina è in grado di prendersi la rivincita. Pesano, con altrettanta certezza, la tradizionale contrarietà cinese alle sanzioni e i dubbi sulla loro efficacia (dubbi, peraltro, che restano forti anche nelle capitali occidentali) . Ma ad ispirare l'opposizione dell'ex Impero di Mezzo è soprattutto quella strategia degli interessi energetici che già da anni fa e disfa la politica estera cinese. Pechino esulta ogni volta che una compagnia occidentale limita o rinuncia alle sue attività in Iran, e così, a forza di subentrare, i cinesi hanno fatto dell'Iran il loro terzo fornitore di greggio dopo l'Arabia Saudita e l'Angola. Non basta. Tra Pechino e Teheran sono stati firmati importanti accordi per nuove forniture di petrolio e nuovi investimenti cinesi nei giacimenti iraniani. E, quel che più conta, la Cina ha promesso all'Iran di fornirgli tutta la benzina di cui dovesse avere bisogno. Siamo al nocciolo della questione. L'Iran è ricco di petrolio ma non è in grado di raffinarlo, e così lo esporta per poi reimportarne una parte sotto forma di benzina. L'India, che ha sinora gestito l'operazione lucrando non poco sulla paradossale insufficienza delle raffinerie iraniane, è oggi assai meno disponibile. E d'altra parte, pur tra mille discussioni (non si andrebbe a colpire quella classe media che si vuole salvaguardare?), i fautori delle nuove sanzioni anti-Teheran ritengono che soltanto il taglio della benzina costringerebbe davvero il regime iraniano a scendere a patti. Come dire che la Cina può far saltare tutto il progetto, con il veto all'Onu o anche semplicemente con le sue forniture di carburante all'Iran. Si dirà che Pechino ha ogni diritto di difendere le sue idee e i suoi forti interessi economici. Vero, ma non sempre la politica può essere affidata ai contabili. La Cina vuole essere ed è già «la» nuova superpotenza globale, accanto agli Usa e chi altri si farà strada nella lotta per la governance del dopo-crisi. Orbene, si può entrare nel salotto buono mettendo i piedi sul tavolo? Può la Cina isolarsi, ignorare l'amplissimo schieramento internazionale che vuole premere su Teheran, fingere di non vedere che il pericolo di un’incontrollata proliferazione nucleare minaccerebbe per prima proprio l'indispensabile cassaforte energetica del Golfo? Forse può, in una fase che vede l'intero mondo industrializzato dipendere dalla crescita cinese e supplicare senza speranza che lo yuan venga rivalutato. Ma un simile comportamento, destinato a tradursi in sanzioni decretate da una coalizione a geometria variabile priva dell'imprimatur dell'Onu, non dovrebbe essere nell'interesse della pur considerevole nuova potenza di Pechino. Anche perché, se la politica delle nuove sanzioni non decollasse o venisse svuotata da quello che a quel punto diventerebbe un tacito sabotaggio, sul tavolo resterà sempre più sola quella opzione militare che Pechino respinge come il peggiore dei mali. La partita comincia appena, e a ben vedere anche per la Cina gli esami da grande potenza non finiscono mai.

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