Nei colloqui di pace Israele vuole affermare l’indipendenza da Obama 16/03/2010
LIBERO - Angelo Pezzana : " Nei colloqui di pace Israele vuole affermare l’indipendenza da Obama"
Che l’America senza Bush fosse ridiventato un interlocutore degno di rispetto per la maggior parte dei nostri giornali lo si era già visto durante la campagna elettorale di Barck Obama, seguita con un senso di venerazione per il candidato democratico che prometteva l’opposto di quanto Bush aveva realizzato. Ma è stato sufficiente un anno o poco più perché il “nuovo” annunciato da Obama si presentasse carico di delusioni e insuccessi. Un disastro è stato soprattutto il rapporto con il mondo arabo musulmano, che ha mostrato la fragilità del nuovo corso obamiano, quasi un duplicato della fallimentare politica del fu presidente Carter. L’ennesima prova l’hanno data Joe Biden, vice Presidente, e Hillary Clinton, Segretario di Stato, nell’affrontare la ripresa dei colloqui israelo-palestinesi. È vero che una mano gliel’ha data lo stesso Netanyahu, quando nel momento in cui Biden arrivava a Gerusalemme, il suo Ministro dell’interno annunciava la ripresa delle costruzioni nella parte orientale della città, una dichiarazione di cui non si sentiva proprio la mancanza, e per questo difficilmente attribuibile ad un errore, anche se Bibi si è detto dispiaciuto. Biden se l’è presa a male, tanto da dimenticare che avrebbe potuto e dovuto presentare il conto ad Abu Mazen. Hillary seguiva a ruota da Washington con una lunga telefonata a Bibi, nella quale sottolineava quanto gli Stati Uniti erano risentiti per l’“offesa” ricevuta. Il consigliere di Obama Si è mosso anche David Axelrod, il consigliere di Obama, del quale ieri Repubblica evidenziava l’es - sere ebreo, così come aggiungeva, non fosse stato chiaro abbastanza, ebreo lo è anche Rahm Emanuel, l’altro consigliere di Obama. Se possibile, le sue dichiarazioni sono state ancora più dure nei confronti di Israele, ed il fatto che venissero da un ebreo ha eccitato e ingrandito lo spazio da dedicare alla notizia. Si sono scatenati corrispondenti e commentatori abitualmente schierati dalla parte palestinese, descrivendo un Netanyahu “scioccato”, addirittura “tramortito” dai rimproveri ricevuti, che riflette più un desiderio di chi l’ha scritto che non la realtà. Bibi sa benissimo che gli Stati Uniti sono un alleato indispensabile dello Stato ebraico, ed essendo anche un esperto diplomatico, sa bene quando si deve usare il guanto di velluto. Quanto è avvenuto pare a noi più che altro una dimostrazione, magari non voluta in quei termini così precisi, di una affermazione di indipendenza del governo di Israele nei confronti della politica mediorientale di Obama. Attenzione, Israele è uno Stato sovrano alle prese con un avversario con il quale si vuole sì fare la pace, ma che sia tale, non una capitolazione. Obama, e chi per lui, imparino a conoscere la società palestinese, divisa com’è fra Anp e Hamas, fra una Cisgiordania che grazie alla collaborazione con Israele avanza e progredisce sul piano economico, ma in quanto alle garanzie di sicurezza troppi episodi, anche recenti, dimostrano che il governo di Abu Mazen non controlla affatto la situazione. L’alleato israeliano Non sappiamo che cosa pensino Obama-Biden- Clinton sul potenziale offensivo di Hezbollah in Libano, se sono stati informati del riarmo di Hamas a Gaza, quale valutazione abbiano tratta dalla delusione ricevuta dalla Siria, che nel progetto obamiano pareva sufficiente riaprire i rapporti diplomatici per staccarla dall’Iran. Si è visto come è andata. Saremmo anche curiosi di conoscere a che punto è la questione Turchia, dopo che il regime è riuscito a soffocare la protesta dei militari, chiamandoli golpisti invece che difensori della laicità messa sotto attacco da Erdogan. A queste domande, che temiamo resteranno fin da ora inevase, andrebbe aggiunto l’Iran, a meno che Obama, per coronare il suo “yes, we can” non intenda mandarci a trattare Jimmy Carter, che con gli ayatollah ha già dato prova di quanto sa fare in passato. In una situazione simile, sarà opportuno che la diplomazia americana, in Medio Oriente, si adonti meno, e impari da chi ne sa di più. E non dimentichi che il suo alleato, da sempre, è Israele.