Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 16/03/2010, a pag. 51, la risposta di Sergio Romano ad un lettore dal titolo " I diritti delle Chiese responsabilità degli Stati ".
Nella sua risposta Sergio Romano è stato insolitamente onesto con il lettore.
Di solito la sua tecnica preferita consiste nell'evadere la domanda o attaccare l'interlocutore. Questa volta, quando il lettore gli fa notare che, pur professandosi laico, spesso prende le difese dell'islamismo, Romano risponde " credo che l’islamizzazione dell’Europa sia soltanto un drappo rosso agitato di fronte agli occhi degli europei dalle componenti più xenofobe delle loro società nazionali. ".
A suo avviso Eurabia non esiste, è un'invenzione degli xenofobi.
Evidentemente Romano non è mai stato in Olanda, o in Svezia, in città come Malmoe, dove la comunità islamica locale non è più minoranza e dove i valori delle democrazie occidentali non hanno più significato. Ne deduciamo anche che Romano non ha letto la notizia della Gran Bretagna che, tempo fa, vietò il visto d'ingresso a Geert Wilders per evitare disordini con la comunità musulmana locale.
Chissà che cosa ne pensa, Romano, del referendum svizzero contro i minareti. Quello non ha nulla a che vedere con minoranze xenofobe. La maggioranza della popolazione si è dichiarata contraria alla costruzione di nuovi minareti. Un freno a Eurabia, approvato dalla gente comune.
Romano scrive ancora : " Difendo le comunità musulmane quando sono trattate con diffidenza e private di diritti (come la costruzione di una moschea a Milano) che lo Stato deve garantire a tutte le minoranze ". Le comunità musulmane godono dei diritti che lo Stato deve garantire alle minoranze.
Nel caso specifico italiano (dato che lo cita Romano), sono presenti centinaia di moschee. E non ci sarebbe nulla da ridire se fossero adibite solo a luogo di culto. Non è così. E' dimostrato come molto spesso le moschee diventino centri di reclutamento per terroristi islamici.
Anche questo è un diritto che lo Stato deve garantire agli immigrati islamici? Quello di organizzare attentati fondamentalisti contro la popolazione indigena?
In ogni caso, visto che a Romano stanno a cuore i diritti delle minoranze religiose, come mai non protesta per i massacri dei cristiani nei Paesi islamici? E per quale motivo non scrive una sillaba sugli episodi di antisemitismo verificatisi a Roma di recente, in coincidenza con al Giornata della Memoria? Saremmo curiosi anche di sentire un'accorata difesa degli ebrei israeliani che non possono entrare nei negozi a Petra, in Giordania.
Invece niente. La verità è che a Romano interessa solo la difesa di Eurabia.
Ecco lettera e risposta:
Sergio Romano
Rileggendo alcune sue risposte alle lettere relative al laicismo e all'islamismo, mi è venut spontaneo chiedermi come faccia lei a continuare a professare coj forza la sua fede laica ( e in particolare contro al cristianesimo) e a non opporsi a una islamizzazione dell'Italia e dell'Europa.
E' noto che in tutti i paesi islamici l'unica legge che conta è quella del Corano. Quindi a me pare che sia una grossa contraddizione nel suo comportamento. Sbaglio?
Pasquale Rampazzo
pasquale.rampazzo@aliceposta.it
Caro Rampazzo,
Non esiste un solo concetto di laicità. Nella cultura politica della Terza e Quarta Repubblica i democratici francesi di tradizione giacobina hanno cercato di ridurre le Chiese a semplici associazioni private e hanno trattato la Chiesa cattolica, in particolare, alla stregua di un potenziale nemico. Per un liberale, soprattutto se realista, la fede è una parte non indifferente della personalità umana e molto più di un semplice legame associativo. Ma lo Stato ha il diritto e il dovere di trattare tutti i suoi cittadini allo stesso modo e non dovrebbe quindi consentire ad alcuna confessione religiosa il diritto di prevalere sulle altre imponendo la propria dottrina in materia d’insegnamento, diritto di famiglia, sessualità. Lo Stato liberale deve difendere le Chiese, non la Chiesa. Deve tutelare e proteggere tutti i suoi cittadini, non soltanto quelli che aderiscono ai principi del cristianesimo romano. E ha il dovere di scegliere, quando affronta determinate questioni (dalla fecondazione assistita al matrimonio fra omosessuali, dall’interruzione di gravidanza al testamento biologico) formule che non ignorino i diritti delle minoranze.
Per un liberale, lo Stato, non la Chiesa, è responsabile in ultima analisi dell’ordine sociale e della pacifica convivenza fra cittadini di opinioni e credi religiosi diversi. Le sono parso «anticristiano», forse, quando ho scritto che la Chiesa stava invadendo la sfera delle responsabilità statali. L’aborto, tanto per fare un esempio, non mi piace; ma mi piace ancora meno che qualcuno cerchi d’impedire a una donna di abortire. E credo che sia diritto dello Stato, non della Chiesa, avere in queste materie l’ultima parola. Ma un liberale realista riconosce che le Chiese svolgono una importante funzione sociale e, a differenza di molti laici democratici, ammette che lo Stato possa assistere finanziariamente le istituzioni confessionali per aiutarle a svolgere finalità pubbliche.
Quanto all’Islam, caro Rampazzo, credo che l’islamizzazione dell’Europa sia soltanto un drappo rosso agitato di fronte agli occhi degli europei dalle componenti più xenofobe delle loro società nazionali. Difendo le comunità musulmane quando sono trattate con diffidenza e private di diritti (come la costruzione di una moschea a Milano) che lo Stato deve garantire a tutte le minoranze. Non le difenderei se davvero pretendessero d’imporre la sharia al Paese che le accoglie.
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