lunedi` 21 aprile 2025
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



Clicca qui






Corriere della Sera Rassegna Stampa
12.03.2010 Gli Usa rivalutano George W. Bush
Cronaca di Massimo Gaggi

Testata: Corriere della Sera
Data: 12 marzo 2010
Pagina: 17
Autore: Massimo Gaggi
Titolo: «Da Haiti all’Irlanda, George W. ritorna. L’America di Barack 'fa pace' con Bush»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di ogi, 12/03/2010, a pag. 17, l'articolo di Massimo Gaggi dal titolo " Da Haiti all’Irlanda, George W. ritorna. L’America di Barack 'fa pace' con Bush ".


Vi manco già (da un cartellone stradale in Minnesota, Usa)

NEW YORK — Nostalgia di George Bush? Non basta la delusione per le promesse mancate di Obama per capovolgere i giudizi su una presidenza che ha prodotto risultati negativi o addirittura disastrosi su vari fronti, dall'economia all' Iraq. Ma il semplice fatto che la domanda circoli, oltre che tra i conservatori, anche nel mondo della stampa progressista, indica che qualcosa sta cambiando.

Il grande manifesto lungo un' autostrada del Minnesota dal quale un Bush ammiccante chiede agli americani se sentono la sua mancanza rimane una provocazione. E tuttavia il clima, a Washington, è già quello di una riabilitazione. Un clima alimentato, più o meno consapevolmente, dallo stesso Obama che ha già chiesto almeno due volte l'intervento di un leader del quale, fino a un anno e mezzo fa, il partito democratico voleva chiedere l'«impeachment» per i molti abusi di potere commessi (dall'uso della tortura alle intercettazioni telefoniche illegali) e giustificati da Bush con la necessità di contrastare con ogni mezzo la minaccia mortale del terrorismo.

All'ex presidente è stato prima chiesto di fare, insieme a Bill Clinton, il testimonial dell'intervento umanitario americano ad Haiti dopo il terremoto. Nei giorni scorsi, poi, Bush è intervenuto in una disputa sul processo di pace in Irlanda del Nord, chiedendo al leader dei conservatori britannici David Cameron di premere sui suoi alleati a Belfast. La mossa sarebbe stata sollecitata proprio da un inviato della Casa Bianca in considerazione del ruolo diplomatico molto attivo avuto dalla presidenza Bush sulla questione irlandese. Conferme da Obama non ne sono giunte, ma è evidente che il suo atteggiamento non è più quello del 2008 quando, in campagna elettorale, accusava Bush di ogni nefandezza.

Un mutamento di clima favorito anche dal lungo silenzio di Bush che non è mai intervenuto nel dibattito politico né ha mai criticato Obama, oltre che dall'affacciarsi di un barlume di democrazia in Iraq dopo la recente tornata elettorale. Per non parlare delle continue correzioni di rotta di un nuovo presidente che, dopo aver imboccato strade opposte rispetto a quelle percorse da Bush, è stato spesso costretto a tornare sui suoi passi: così il centro di detenzione di Guantánamo non è stato ancora chiuso nonostante tutte le promesse, mentre anche sulla decisione di processare gli attentatori dell'11 settembre in un tribunale civile è in corso un ripensamento.

A confronto con la dura realtà dei fatti, Obama ha dovuto riesaminare le sue promesse, ammainare alcuni principi. La cosa fa infuriare la sinistra «liberal»: la Lega per i Diritti Civili (Aclu) ha addirittura pubblicato una pubblicità sul New York Times nella quale il volto di Obama si trasforma, fotogramma dopo fotogramma, in quello di Bush. Il presidente paga un prezzo politico e di immagine molto alto per i suoi ripensamenti, ma non può comportarsi diversamente, se non vuole indebolire l'impegno contro il terrorismo, esponendo il Paese a nuovi attacchi. E intanto, mentre in Afghanistan e anche in alcune zone del Pakistan si moltiplicano gli attacchi degli aerei senza pilota della Cia contro le cellule talebane e di Al Qaeda, il coraggio mostrato dagli iracheni chiamati al voto ha spinto giornali e commentatori progressisti — da

Newsweek a Tom Friedman— a mostrare compiacimento per il fatto che per la prima volte un po' di democrazia attecchisca anche in una regione del mondo fin qui governata da satrapi e dittatori.

La copertina del settimanale che grida «Finalmente vittoria» non basta certo a legittimare una guerra sbagliata, decisa su presupposti (le armi di distruzione di massa) infondati e che ha spinto gli americani a trascurare per troppi anni il cancro afghano. Tra l'altro molti — come l'ex direttore del New Republic, Peter Beinart— ritengono che la debole pianta democratica cresciuta in Iraq potrebbe venire spazzata via dopo il ritiro delle truppe americane dal Paese previsto per la fine del 2011.

Ma i giorni della minaccia di «impeachment» sembrano ormai lontani anni-luce, mentre Bush— che pubblicherà il suo libro di memorie a novembre, proprio quando Obama e i democratici affronteranno il difficilissimo impegno delle elezioni di mid term — potrebbe tornare a giocare un ruolo politico attivo.

Per inviare la propria opinione al Corriere della Sera, cliccare sull'e-mail sottostante


lettere@corriere.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT