Turchia sempre più lontana dall'Europa Analisi del Foglio
Testata: Il Foglio Data: 11 marzo 2010 Pagina: 3 Autore: La redazione del Foglio Titolo: «A chi conviene un esercito turco indebolito dal 'Martello'»
Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 11/03/2010,a pag. 3, l'articolo dal titolo " A chi conviene un esercito turco indebolito dal 'Martello' ".
Istanbul. L’operazione Boyloz, la campagna di arresti che ha colpito le Forze armate turche, è il segnale di uno scontro forte nei quartieri di Istanbul. Da una parte c’è il governo di Recep Tayyip Erdogan, il leader del partito filoislamico Akp, arrivato al potere nel 2002. Dall’altra, i vecchi apparati dello stato laico, le università, i tribunali e le caserme, che vogliono conservare la stabilità del paese e anche i loro privilegi. L’affare Boyloz, che significa martello, è la prova di questa guerra per il potere e pone il premier di fronte all’avversario più temibile: l’esercito. Secondo Lale Sariibrahimoglu, analista militare del quotidiano Zaman, siamo a un “punto di svolta, perché per la prima volta qualcuno mette in discussione le Forze armate”. Da due settimane, la polizia ferma, perquisisce e ammanetta militari in servizio e in congedo. C’è il sospetto che alcuni generali abbiano formato un’organizzazione segreta con l’obiettivo di rovesciare il governo. Questa accusa è costata l’arresto all’ammiraglio Ozden Ornek, già capo della marina, a Ergin Saygun, che guidava il gabinetto dello stato maggiore, e Ibrahim Firtina, un ex comandante dell’aviazione, poi liberati. Con loro sono finiti in carcere una cinquantina di colonnelli e di tenenti in servizio a Smirne, Ankara, Bursa e Istanbul. “Pochi anni fa era impensabile assistere a una operazione di polizia contro le Forze armate – dice Carlo Frappi, analista dell’Ispi di Milano – E’ il segnale che qualcosa sta cambiando”. La Costituzione concede compiti speciali all’esercito: i generali possono rimuovere il governo quando è in pericolo l’Ataturkculuk, l’ordinamento laico e modernista del paese, e lo hanno fatto quattro volte negli ultimi cinquant’anni. E’ accaduto anche nel 1997, quando hanno costretto alle dimissioni Necmettin Erbakan, il leader del primo governo turco filoislamico. Anche Erdogan è accusato di avere un’agenda segreta e molti pensano che voglia portare le regole dell’islam nelle istituzioni turche. Prova di tale progetto è una legge, bocciata dalla Corte suprema tre anni fa, che avrebbe permesso alle donne di indossare il velo nelle scuole. Da allora il premier ha fatto discutere soprattutto per questioni di politica estera: ha criticato Israele durante la guerra a Gaza del 2008 e ha rilanciato i rapporti con l’Iran, due iniziative piuttosto anomale per un governo che fa parte della Nato. L’anno scorso un tribunale ha mandato a processo lui e il presidente della Repubblica, Abdullah Gül, per attività sovversive. Ne sono usciti sostanzialmente assolti, ma non hanno risolto i dubbi della Turchia e dei partner stranieri: che cosa vuole davvero l’Akp? In otto anni, gli uomini del governo sono riusciti a scalfire il potere dei tribunali e delle università. Il fatto che ci siano magistrati pronti ad aprire un’inchiesta contro l’esercito significa che i rapporti sono diversi rispetto al passato. “Qualche mese fa era legittimo aspettarsi una fase di distensione fra l’esercito e il governo, ma l’operazione Boyloz ha cambiato lo scenario”, spiega al Foglio Wolfango Piccoli, analista di Eurasia Group, un istituto americano che collabora anche con la Casa Bianca. Il capo di stato maggiore, Ilker Basbug, è stato nominato nel 2006, in piena epoca Akp, e ha ridotto il ricorso alla retorica militarista che ha contraddistinto i suoi predecessori. Erdogan gli ha mostrato che l’Akp e le Forze armate possono trovare molti punti in comune, a partire dalla strategia antiterrorismo nel Kurdistan turco. Le prime rivelazioni sul complotto del martello, comparse sul quotidiano Taraf, hanno interrotto il processo di avvicinamento. Taraf ha pubblicato le pagine di un diario appartenuto all’ammiraglio Ornek in cui si parla di attentati per mettere in crisi Erdogan. “Se indiscrezioni del genere sono uscite sui giornali, vuol dire che le Forze armate non sono più il blocco monolitico di un tempo – sostiene Piccoli – Ora Basbug ha una grande pressione su di sé: deve proteggere l’esercito, ma sa che i militari non hanno il prestigio di un tempo”. Giannizzeri distrutti in mezz’ora Lo scontro tra potere politico e militare è un tema ricorrente nella storia turca. I giannizzeri rovesciarono due sultani all’inizio dell’Ottocento grazie al sostegno dei cittadini di Istanbul: quando Mahmut II salì al trono, cercò di riformare l’ordine, ma l’operazione si rivelò complicata al punto che Mahmut preferì costruire una forza militare completamente nuova. I giannizzeri reagirono marciando sul palazzo, ma furono annientati in trenta minuti. Quella battaglia è passata alla storia come Veka-i Hayriye, “l’evento benefico”. La nuova campagna contro i generali può essere letta in due modi opposti. Da un lato rovina la reputazione dei soldati, che rischiano di perdere il loro ruolo storico nella società turca. Dall’altro li riporta sotto il controllo statale. Il vicedirettore di Turkish Daily News, Mustafa Akyol, dice che ora “i militari non sono più intoccabili” e non c’è rammarico nelle sue parole; secondo il premier Erdogan, questa fase “sarà dolorosa, ma porterà beneficio a 72 milioni di cittadini”. Non è chiaro quale forza politica sia più interessata a ridurre i poteri dell’esercito. Molti credono che l’inchiesta abbia il sostegno dell’Akp, altri pensano alla nuova classe di magistrati liberali che cerca di togliere il potere alla vecchia casta di Istanbul. E c’è chi sospetta che sia opera dei gulenisti, la confraternita religiosa del pensatore Fetullah Gülen (finanziatore, tra l’altro, del quotidiano Taraf), delusa dalla mancanza di riforme filoislamiche promesse dall’Akp. Lo scontro tra il governo e i generali, dice Piccoli, si può risolvere soltanto con una nuova Costituzione: dopotutto, un paese che vuole entrare in Europa non può permettersi di concedere così tanto potere all’esercito. Ma la Turchia non ha ancora compreso se può lasciare al filoislamico Erdogan un compito delicato come la riforma dell’ordinamento.
Per inviare la propria opinione al Foglio, cliccare sull'e-mail sottostante