Facciamo una bella settimana contro l'apartheid in Medio Oriente, ma contro i Paesi arabi, non contro Israele
La proposta di Alan Dershowitz
Cari amici,
si è conclusa ieri in tutto il mondo la "settimana dell'apartheid" antisraeliana. Scusate se ci torno sopra, in Italia è stata inesistente, ma nel mondo anglosassone ha coinvolto molte università importanti. Pensate che il deputato arabo-israeliano Jamal Zahalka, leader del partito Balad, è andato a spiegare come Israele è uno stato di apartheid a Oxford e Cambridge in Gran Bretagna e poi è andato a Toronto (http://www.politicalaffairs.net/article/articleview/4960/1/32/) e in una settimana ha fatto un bel tour di tre o quattro università canadesi e statunitensi, naturalmente a spese della Knesset, cioè dei contribuenti israeliani: più apartheid di così...
Naturalmente i nemici di Israele non tarderanno molto a ricominciare, per cercare di associare in tutti i modi il nome dello Stato ebraico all'infamia del razzismo sudafricano e cercare di minare l'onorabilità di Israele e trasformarlo in uno stato paria. Anzi hanno già annunciato per il 30 marzo una grande giornata mondiale di protesta. Coincidenza o malignità vuole che si tratti del primo giorno della festa di Pesach, con cui l'ebraismo celebra la libertà, quell'uscita dall'Egitto che è stato il modello di tutte le liberazioni vere, che affascinava così tanto Martin Luther King.
Penso che noi non dovremmo attendere passivamente l'espansione di questa macchina propagandistica e che dovremmo raccogliere la proposta che ha fatto il grande giurista americano Alan Dershowitz nel suo blog (http://cgis.jpost.com/Blogs/dershowitz/entry/let_s_have_a_real): dovremmo farla noi una settimana sull'apartheid in Medio Oriente.
Per far conoscere alla gente quali stati non consentono la presenza di persone di religione diversa dalla maggioranza (l'Arabia Saudita, per esempio, ma anche la moderata Giordania ha stabilito nella sua costituzione che le persone di religione ebraica non possono possedere terre o risiedere nel regno, per non parlare di tutti gli altri); quali persone discriminano e separano le donne (praticamente tutti gli stati islamici, Gaza e Arabia Saudita in primo luogo); chi perseguita i cristiani: più apartheid che mandare al cimitero i membri di gruppi sgraditi (l'Irak, ma anche l'Egitto e Gaza; da non dimenticare l'Iran con i Baha'i); chi reprime il dissenso o l'organizzazione di gruppi diversi da quello al potere (la Siria, l'Iran, Gaza, l'Autorità Palestinese); chi distrugge i siti religiosi "nemici" (l'ha fatto la Giordania quando occupava Gerusalemme, lo fanno in Egitto, in Irak e si sono distinti i palestinesi, come al solito).
In generale, dovremmo mettere all'ordine del giorno il problema dei diritti civili delle minoranze nell'Islam, il diritto alla vita e alla libertà di religione prima di tutto, ma anche quello dell'uguaglianza. E' il Corano a stabilire che se non rompono le scatole, ai membri di alcune altre religioni selezionate (i monoteisti, ma per esempio non gli induisti) è concesso di sopravvivere nel mondo musulmano, a patto di pagare un'apposita tassa e di rispettare una serie di norme che sanciscono l'ineguaglianza: per esempio non impiegare personale musulmano, non portare armi, non andare a cavallo, non avere case più alte degli islamici e così via. Se non è apartheid questo...
Ma dovremmo anche organizzare una settimana di solidarietà vera nei confronti dei palestinesi. Chi discrimina e opprime i palestinesi? Andate in Libano o in Siria a vedere come sono trattati! Vi cito da una fonte fortemente filopalestinese e antisraeliana (http://www.laltralombardia.it/public/docs/nakba.html):
"Per legge i profughi palestinesi non possono esercitare, fuori dai campi, 72 professioni e mestieri. Neanche durante la guerra 2006 il governo libanese ha acconsentito che i palestinesi esercitassero i mestieri a loro proibiti. La privazione del diritto al lavoro è la maggiora causa di povertà. La disoccupazione fra i profughi è all´80%. Per ottenere un impiego salariato occorre avere il permesso di lavoro e dopo il 1982 ben pochi per-messi sono stati rilasciati ai palestinesi. Nel giugno 2005 il ministro per il lavoro Trad Haurade, vicino agli Hezbollah, ha emanato un decreto, che poi non è stato tramutato in legge, per cercare di metter mano al diritto al lavoro negato, ma non in maniera efficace. Ha ridotto solo il numero delle professioni proibite, non ha tolto il divieto ai laureati di professare, rimane l´obbligo di avere il permesso di lavoro per ottenere il lavoro salariato. Da notare che chi ottiene un lavoro salariato ha le trattenute di legge per la previdenza anche se poi, in quanto palestinese, non ne può usufruire. Il decreto non ha affrontato neanche il problema dell´acquisto di case e beni immobili. Vi sono anche differenze di retribuzione: guadagnano meno di 2400 dollari/anno il 44% dei palestinesi a fronte del 6% dei libanesi.
DIRITTO ALLA PROPRIETA´. I profughi non possono avere proprietà. E´ preclusa la possibilità di migliorare le proprie condizioni andando a vivere fuori dai campi.
DIRITTO ALLA RESIDENZA Il governo libanese vuole tenere il numero di rifugiati al minimo e lo fa continuando a non garan-tire il diritto alla residenza. Gli accordi di Taif non permettono un insediamento permanente. Esistono progetti per demolire i campi e la minaccia è sempre alle porte. [...] Chi sposa un/una cittadino/a libanese non acquisisce la cittadinanza libanese. Chi lavora all´estero perde il diritto di residenza
DIRITTO ALLA LIBERTA DI MOVIMENTO I profughi non possono lasciare il territorio libanese o rientrare senza un visto valido per un massimo di 6 mesi che è molto costoso.
DIRITTO ALLA SALUTE E ALL´ASSISTENZA I profughi palestinesi sono esclusi dai servizi pubblici."
Non è apartheid questo? Non bisognerebbe essere solidali con questi poveracci? Ma non contro Israele, contro i paesi arabi che più o meno tutti li trattano così dopo 62 anni, due o tre generazioni dal loro arrivo. Li chiamano fratelli, ma proibiscono loro tutti i lavori, non lasciano loro alcun diritto! Vi figurate se l'Italia avesse trattato così i profughi dall'Istria e dalla Dalmazia, se in Francia ci fossero campi profughi per il milione me mezzo di fuggitivi dall'Ungheria, se la Germania proibisse di lavorare agli esuli di Danzica, Praga e della Prussia orientale?
Immaginate di essere un palestinese che nel 1948 si trova in mezzo alla guerra: dove vorreste andare, stare sotto il terribile dominio coloniale di Israele, che non solo vi permette di fruire liberamente di un'economia moderna, ma vi dà i pieni diritti di cittadinanza, inclusi i partiti che vanno a protestare contro l'apartheid nelle belle università occidentali, o affidarvi ai vostri fratelli arabi? E vi siete chiesti però come mai contro l'apartheid protestano i palestinesi in Israele (e naturalmente i soliti utili idioti della sinistra occidentale) e neanche uno in Libano, Siria, Giordania? Che abbiano paura?
Facciamo, cari amici, sì facciamola una bella settimana contro l'apartheid in Medio Oriente: una settimana per denunciare la barbarie degli stati arabi della regione.
Ugo Volli